di Jamil Mazen Shaqura e Saif Alislam Eid,
Mondoweiss, 23 dicembre 2024.
Mentre le speranze di un cessate il fuoco si avvicinano, si discute dei piani per il “giorno dopo” a Gaza. Nelle interviste rilasciate a Mondoweiss, i rappresentanti di Hamas illustrano le loro visioni per la ricostruzione e la governance post-bellica, e gli ostacoli che si frappongono.

Il 7 ottobre 2023, Hamas ha condotto l’operazione “Al-Aqsa Flood”, prendendo di mira le posizioni militari israeliane che circondavano Gaza e le città israeliane adiacenti alla Striscia. Secondo le parole di Mohammed Deif, comandante dell’ala militare di Hamas, le Brigate Qassam, l’operazione “Al-Aqsa Flood” aveva lo scopo di eliminare la Divisione Gaza dell’esercito israeliano. Secondo le parole di Deif, doveva anche segnare l’inizio della battaglia per “la Grande Liberazione” – per ripristinare tutti i territori palestinesi occupati che erano stati colonizzati nel 1948.
Da allora, Israele ha affermato di aver ucciso Deif e diversi leader di Hamas. Ha ripreso il controllo delle aree circostanti la Striscia di Gaza e ha scatenato una feroce guerra contro Gaza in un’operazione militare chiamata “Swords of Iron [Spade di ferro]”, uccidendo decine di migliaia di palestinesi. Nel frattempo, ha imposto un blocco ancora più severo sulla Striscia di Gaza, negando al piccolo territorio palestinese l’accesso all’acqua, al cibo e all’elettricità.
Dall’inizio dell’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza, Israele e i suoi alleati hanno cercato di “eliminare Hamas” e di cambiare la realtà politica di Gaza. Le visioni israeliane del “giorno dopo” la guerra sono state ampiamente trattate dai media internazionali, con totale disprezzo per il punto di vista palestinese, o almeno per il punto di vista di Hamas, che ha governato a Gaza negli ultimi 17 anni.
Recentemente, l’Egitto ha svolto un ruolo significativo nell’ospitare i negoziati per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, nonché i colloqui di riconciliazione tra Hamas e l’Autorità Palestinese (PA) guidata da Fatah, con sede nella Cisgiordania occupata. Una fonte di Hamas, che ha parlato a condizione di anonimato, ha detto a Mondoweiss che sono in contatto con “paesi influenti” che potrebbero aiutare a raggiungere un accordo di cessate il fuoco, ma che alcune proposte di cessate il fuoco, come quella presentata dalla Russia, si concentrano più sullo scambio di prigionieri che sul futuro a lungo termine di Gaza.
Sebbene numerosi cicli di negoziati per il cessate il fuoco siano falliti nel corso dell’ultimo anno, gli ultimi colloqui in Egitto sarebbero più vicini che mai alla realizzazione. Con la prospettiva di un accordo all’orizzonte, la questione di ‘cosa succede dopo un cessate il fuoco’ è tornata alla ribalta.
Sulla base di interviste condotte con funzionari di Hamas – alcuni dei quali hanno richiesto l’anonimato a causa della delicatezza del loro ruolo – questo articolo espone le possibili visioni di come potrebbe essere il ‘giorno dopo’ la guerra, valutando la probabilità e la fattibilità di ogni proposta in questo momento di incertezza.
Gli scenari postbellici di Israele per Gaza
Ufficialmente, Israele non ha un vero e proprio piano per la Striscia di Gaza dopo la guerra, tuttavia tre visioni di funzionari governativi israeliani e di attori non governativi, che rappresentano tendenze all’interno della società israeliana, hanno guadagnato interesse nel discorso pubblico.
La prima è quella dell’estrema destra israeliana, che cerca di reinsediarsi nella Striscia di Gaza, non solo tornando agli insediamenti che esistevano a Gaza prima del 2005, ma anche reinsediandosi in nuove aree di Gaza. Mentre i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich hanno guidato l’appello per la piena rioccupazione di Gaza, questo punto di vista non ha il pieno sostegno di altri membri del governo ed è stato criticato anche dall’amministrazione del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden.
Yoav Gallant, che ha ricoperto il ruolo di Ministro della Difesa israeliano fino al novembre 2024, aveva nel frattempo chiesto la formazione di una forza internazionale che supervisionasse la sicurezza nella Striscia di Gaza, guidata dagli Stati Uniti e da uno stato arabo ‘moderato’ come la Giordania, il Marocco o gli Emirati Arabi Uniti. Tuttavia, la maggior parte di questi paesi “moderati” ha rifiutato di partecipare a tale piano, a parte l’Arabia Saudita, il cui Ministro degli Esteri Faisal Bin Farhan ha detto a luglio che Riyadh avrebbe appoggiato il dispiegamento di forze internazionali a Gaza, ma solo sotto mandato delle Nazioni Unite. Hamas ha rifiutato l’ingresso di qualsiasi forza a Gaza, sia araba che internazionale, e ha detto che le avrebbe trattate come forze di “occupazione”.
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nel frattempo, ha chiesto l’istituzione di una ‘zona cuscinetto’ all’interno della Striscia di Gaza vicino alle città israeliane, la continua presenza militare israeliana nel Corridoio Philadelphi (l’area lungo il confine di Gaza con l’Egitto) la chiusura permanente del valico di frontiera di Rafah con l’Egitto, la continua libertà di movimento per le forze israeliane in qualsiasi punto di Gaza senza una fine specifica in vista, così come la chiusura permanente dell’UNRWA. Nonostante queste rigide richieste, Netanyahu non ha ancora proposto alcuna visione su chi o cosa governerebbe la Striscia di Gaza nel caso in cui raggiungesse il suo obiettivo dichiarato di sradicare Hamas.
La proposta egiziana: un’acquisizione da parte dell’Autorità Palestinese
Nel frattempo, l’Egitto ha proposto di creare un comitato per gestire la Striscia di Gaza sotto la supervisione finanziaria e amministrativa dell’Autorità Palestinese (AP) con sede in Cisgiordania, sotto il Primo Ministro dell’AP Mohammed Mustafa o di un nuovo governo nazionale palestinese che verrebbe creato con questo obiettivo.
Khalil Al-Hayyah, capo ad interim dell’ufficio politico di Hamas, ha dichiarato pubblicamente che Hamas lavorerà per raggiungere questo obiettivo.
Basem Naim, membro del Politburo di Hamas in Qatar, ha criticato la proposta egiziana, affermando a Mondoweiss che manca di chiarezza per quanto riguarda la struttura amministrativa, il quadro giuridico e gli eventuali accordi che potrebbe comportare in merito al coordinamento della sicurezza con Israele o con i movimenti di resistenza palestinesi.
Una fonte interna ad Hamas, coinvolta nei colloqui per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas e nei colloqui intra-palestinesi guidati dall’Egitto, ha riferito a Mondoweiss che le delegazioni di Hamas e dell’Autorità Palestinese in Egitto erano sulla stessa lunghezza d’onda e favorevoli a questa proposta di comitato, ma che Hamas aveva chiesto la garanzia dell’approvazione del Presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas in persona, data la relazione storicamente difficile tra le due parti e il fallimento dei precedenti colloqui sulla questione.
“Abbiamo imparato la lezione dagli incontri con l’Autorità Palestinese a Mosca e a Pechino: la decisione finale per qualsiasi cosa relativa all’Autorità Palestinese è nelle mani di Abbas e non della delegazione che l’Autorità Palestinese ha inviato”, ha detto la fonte. “Possiamo capire se Abbas è serio riguardo all’accordo valutando qual è la persona che invia come capo della delegazione”.
L’8 dicembre, la figura di spicco di Fatah, Abdullah Abdullah, ha espresso ufficialmente all’Egitto le riserve del partito su quelle che considerava “garanzie insufficienti” di unità nazionale, suggerendo che il comitato ricadesse sotto l’egida dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) piuttosto che dell’AP.
Nonostante il sostegno nominale da parte delle fazioni palestinesi negoziatrici, nessuna delle riunioni tenutesi nell’ultimo anno ha finora portato a un annuncio da parte di Hamas e dell’Autorità Palestinese in merito all’istituzione di tale comitato o a qualsiasi decisione che possa effettivamente portare alla riunificazione politica palestinese o aprire la strada per affrontare le esigenze della popolazione di Gaza.
Una delle fonti di Hamas ha tuttavia dichiarato a Mondoweiss che Hamas preferisce optare per la soluzione del comitato proposto dall’Egitto, in quanto non ha più la capacità di governare Gaza da solo.
Come Hamas vede il ‘giorno dopo’ a Gaza
In mezzo a tutti i dibattiti sul futuro di Gaza, “Hamas vede il ‘giorno dopo’ come una questione puramente nazionale palestinese, senza l’intervento o la tutela di nessuno, e il risultato deve essere rassicurante per la regione e soddisfacente per l’arena internazionale”, ha detto Naim a Mondoweiss, sottolineando l’importanza di mantenere l’unità geografica tra Gaza e la Cisgiordania, che dal 2007 operano effettivamente come due entità politiche separate – una sotto il governo di Hamas, l’altra sotto la PA guidata da Fatah.
Parlando con i funzionari di Hamas a Doha, il movimento prevede tre possibili scenari per il giorno successivo alla guerra a Gaza.
Opzione 1: un governo di unità
La prima opzione, che è quella favorita da Hamas, è la creazione di un governo tecnocratico di unità che riunisca tutte le fazioni palestinesi, tra cui Fatah, la Jihad islamica palestinese e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP).
“Hamas cercherà di raggiungere questa soluzione, poiché è la migliore per Hamas e per il popolo palestinese”, ha detto Naim.
Ma anche all’interno del movimento, questo scenario è visto come improbabile. Hossam Badran, portavoce dei media di Hamas in Qatar, ha detto a Mondoweiss, alludendo ad Abbas e al suo entourage: “Probabilmente non accadrà, a causa dell’intransigenza dell’Autorità Nazionale Palestinese [PA], la cui decisione è diventata dipendente da alcune figure politiche”.
Lo scetticismo di Badran sulla probabilità che Abbas e l’Autorità Palestinese accettino un governo tecnocratico di unità a Gaza non sembra essere infondato. Il 19 dicembre, il Washington Post ha citato Mahmoud Habbash, un consigliere senior di Abbas, che ha dichiarato: “Non mi fido delle intenzioni di Netanyahu e non mi fido delle intenzioni di Hamas”.
Al ritorno da un incontro con Abbas al Cairo, Habbash ha ulteriormente equiparato Israele e Hamas, dicendo che entrambi si preoccupano di rimanere al potere mentre la popolazione di Gaza soffre. Anche se resta da vedere se Abbas accetterà un governo di unità tecnocratico, le dichiarazioni di Habbash non lasciano sperare che questa opzione si realizzi.
Opzione 2: un’amministrazione locale
La seconda opzione di Hamas, se la prima fallisce, è quella di formare un’amministrazione locale con tecnocrati della Striscia di Gaza, il cui ruolo principale ruoterebbe intorno alla ricostruzione di Gaza e alla riorganizzazione della vita civile, indipendentemente dalle fazioni politiche palestinesi.
Tuttavia, anche la probabilità di questo scenario appare scarsa, poiché è difficile immaginare come questa amministrazione possa ottenere legittimità in assenza di un consenso nazionale e di una continua spaccatura tra Hamas e l’Autorità Palestinese. Per alcuni partiti palestinesi e internazionali, un’amministrazione formata solo da Hamas sarebbe considerata come una continuazione de facto del governo del movimento a Gaza dal 2007, e non come un’espressione del consenso politico palestinese. In quanto tale, probabilmente incontrerebbe difficoltà nell’ottenere gli aiuti internazionali necessari per la ricostruzione della Striscia di Gaza.
Nel frattempo, dopo la guerra, la popolazione di Gaza si concentrerà molto probabilmente sulla richiesta di un miglioramento delle condizioni di vita catastrofiche e sulla fornitura di servizi di base. Se la popolazione considera tale governo privo di una vera indipendenza da Hamas, potrebbe anche perdere il sostegno popolare.
In risposta a queste preoccupazioni, Naim si è limitato a dire che un tale scenario si formerebbe in un modo che sarebbe “rassicurante per la regione e soddisfacente per l’arena internazionale”.
Opzione 3: Ritorno allo status quo
Il terzo scenario, nel caso in cui Hamas fosse ancora in piedi dopo la guerra, sarebbe un ritorno allo status quo del 6 ottobre 2023, quando Hamas guidava un governo locale autonomo a Gaza. “Questa opzione si verificherà automaticamente dopo la fine della guerra, se Hamas non raggiunge un accordo persuasivo per la governance dopo la guerra”, ha detto Naim.
Secondo Badran, dato il contesto attuale, nel caso in cui le forze israeliane si ritirino da ogni area della Striscia di Gaza, “coloro che recuperano l’area e conducono la vita civile e burocratica per le persone nell’area sono i rappresentanti governativi” – il che significa che coloro che hanno maggiori probabilità di essere in grado di riorganizzare Gaza all’indomani della guerra sarebbero coloro che hanno un’esperienza precedente nella gestione delle istituzioni governative nel piccolo territorio palestinese.
Tuttavia, questa non è l’opzione preferita dal movimento, hanno detto sia Badran che Naim, e sembra particolarmente improbabile dato il rifiuto di Israele di terminare la guerra con Hamas ancora al potere. Israele ha insistito sul fatto che qualsiasi organismo futuro che governerà Gaza dovrà accettare di non attaccare mai Israele, cosa che probabilmente Hamas non accetterà mai finché non verrà istituito uno stato palestinese.
Come l’opzione due, il ritorno di Hamas al potere potrebbe danneggiare la probabilità che Gaza venga ricostruita e riceva gli aiuti umanitari essenziali di cui i suoi residenti hanno bisogno, poiché gli aiuti internazionali potrebbero essere condizionati a non raggiungere Hamas. Se Hamas non riuscisse a fornire soluzioni rapide ed efficaci alle crisi umanitarie e di ricostruzione di emergenza di Gaza, potrebbe perdere il sostegno pubblico, complicando ulteriormente il panorama politico e umanitario di Hamas e del popolo palestinese a Gaza
Piani per la ripresa umanitaria
Illustrazioni fornite da una fonte all’interno di Hamas, responsabile dei piani di ricostruzione post-bellica degli alloggi, che mostrano una visione di come potrebbero essere gli alloggi futuri a Gaza.
Nell’incertezza sul futuro politico e amministrativo della Striscia di Gaza, la ricostruzione rimane una priorità assoluta.
Una fonte all’interno di Hamas, responsabile della ricostruzione degli alloggi come parte di una più ampia pianificazione post-bellica, ha dichiarato a Mondoweiss, a condizione di anonimato, che il concetto del “giorno dopo” dovrà fare i conti con Israele che cerca di minare qualsiasi tentativo palestinese di autorità politica o civile a Gaza. Secondo questa fonte, “il valico di Rafah sarà rappresentativo del ‘giorno dopo’ la guerra a Gaza, e chi controllerà il valico di Rafah e il corridoio Philadelphi diventerà il governante de facto della Striscia di Gaza” e determinerà quali aiuti e materiali potranno entrare nella piccola enclave.
Secondo un rapporto di settembre del Centro Satellitare delle Nazioni Unite, si stima che il 66% delle strutture di Gaza sia stato danneggiato o distrutto dopo il 7 ottobre 2023. Le Nazioni Unite stimano che ci siano circa 40 milioni di tonnellate di detriti e macerie a Gaza, che potrebbero richiedere fino a 15 anni e quasi 650 milioni di dollari per essere rimossi.
Tuttavia, per quanto riguarda i ripari e i soccorsi nello scenario del ‘day after’, la fonte ha detto che Hamas ha una visione di cinque anni interi per ricostruire Gaza. “I primi due anni si concentreranno su città fatte di ‘caravan’ per le famiglie che hanno perso completamente le loro case. A chi ha perso parzialmente la casa, verrà offerta una ‘tenda’ con le caratteristiche più elevate. Per quanto riguarda i danni minori che non superano i 10.000 dollari, il comitato di accoglienza consegnerà le somme di cui queste famiglie hanno bisogno per ripristinare le loro case”, ha detto la fonte.
Secondo le stime della fonte, i piani per cinque “città carovana” in tutta la Striscia di Gaza per fornire un rifugio temporaneo richiederebbero 1 miliardo di dollari, mentre il processo di ricostruzione completo potrebbe ammontare a quasi 40 miliardi di dollari. Ha aggiunto che “la ricostruzione sarebbe nelle mani dei cittadini di Gaza e il finanziamento della ricostruzione verrebbe da parti internazionali e regionali”.
Sebbene tutti gli scenari previsti da Hamas dipendano fortemente da quando e con quale esito la guerra finirà un giorno, a meno che non si raggiunga un accordo con altre fazioni politiche palestinesi, Hamas potrebbe continuare ad essere l’autorità de facto che gestisce gli affari quotidiani e civili a Gaza nel prossimo futuro, anche se agendo dietro le quinte.
Tuttavia, qualunque sia lo scenario che si realizzerà, una cosa è certa: sulla scia della distruzione di massa causata da Israele, il compito di ricostruire Gaza e di fornire aiuti umanitari essenziali è troppo monumentale per essere gestito solo da Hamas.
Jamil Mazen Shaqura è un ricercatore politico palestinese.
Saif Alislam Eid è un ricercatore politico egiziano.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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