L’IDF si prepara a rimanere a Gaza almeno fino alla fine del 2025. Questo è ciò che si vede

di Yaniv Kubovich e Avi Scharf,

Haaretz, 13 novembre 2024. 

Le immagini sono le stesse in diverse parti della Striscia di Gaza: l’esercito israeliano sta allargando le strade, costruendo consistenti avamposti e installando infrastrutture a lungo termine, anche sulle strade che conducevano agli insediamenti israeliani. Secondo un ufficiale in servizio a Gaza: “L’IDF non si ritirerà prima del 2026”.

Come Israele sta espandendo il suo controllo su Gaza. Animazione: Shumisat Rasulaeva

I lavori procedono a pieno ritmo. Quello che fino a pochi mesi fa era un terrapieno sterrato con le macerie di edifici distrutti, ora è un cantiere molto attivo. Si stanno costruendo ampie strade, si stanno alzando antenne per cellulari, si stanno installando reti idriche, fognarie ed elettriche e naturalmente ci sono gli edifici, alcuni trasferibili e altri meno.

Non si tratta di un nuovo progetto di edilizia pubblica, ma di un tipo di progetto completamente diverso. Situazioni simili a questa qui sotto, che mappa la zona vicino al corridoio di Netzarim, si possono vedere in altri luoghi della Striscia di Gaza. L’impulso a questo cambiamento è in pieno svolgimento e l’obiettivo – che se ne parli apertamente o meno – è chiaro: costruire le infrastrutture per la permanenza prolungata dei militari sul campo, almeno in una prima fase.

Copernicus Sentinel, Browser EO

Fin dall’inizio della guerra, le Forze di Difesa Israeliane hanno preso il controllo di aree e strade della Striscia. Ma i dati ottenuti da Haaretz hanno dimostrato le dimensioni e le caratteristiche odierne delle varie zone, che cominciano a ricordare i giorni precedenti al disimpegno di Israele dalla Striscia nel 2005. Nel corridoio di Netzarim c’è una strada che ricorda la Ayalon Highway del centro di Israele, circondata da una serie di postazioni dell’esercito, alcune più recenti di altre. Anche a Kissufim c’è una nuova strada, accanto a un’area di sosta circondata da terra ‘messa a nudo’ – almeno per ora.

Ma non sono solo le immagini sul campo a suggerire che l’esercito si sta preparando per il prossimo anno. La stessa conclusione emerge anche da una sorta di “grafico di combattimento per il 2025” distribuito nelle ultime settimane a soldati e comandanti. Vi si legge che da qualche settimana l’IDF ha iniziato a “mettere a nudo grandi aree” nella Striscia: in gergo meno militare, distruggendo gli edifici e le infrastrutture esistenti in modo tale che i pericoli per le forze armate non possano nascondersi al loro interno, ma nessuno possa nemmeno viverci. Questo in aggiunta alla costruzione di strade e ai preparativi per costruire strutture militari più permanenti.

“Dormivamo in container dotati di prese elettriche, aria condizionata e tutto il resto; era un livello superiore a quello della maggior parte degli avamposti in cui sono stato durante il mio servizio”, ha raccontato ad Haaretz un ufficiale che ha prestato servizio alla fine dell’estate in un avamposto vicino al corridoio di Netzarim. “Avevamo una cucina per i latticini e una per la carne [ai fini della kashrut, la dieta ebraica], una sinagoga che era stata allestita all’interno, e anche la stanza della guerra era all’interno di un container protetto”. Ha detto che la sensazione era che si trattasse di un altro fronte nella zona di confine di Gaza o in Cisgiordania, non di una sistemazione temporanea in una zona di pericolo. “Andavamo in giro senza elmetti e senza giubbotti di ceramica e giocavamo a calcio all’interno della postazione”, ha aggiunto. “Quasi ogni sera grigliavamo la carne all’aperto. Non c’era la sensazione di essere in una zona di guerra”.

Le condizioni sono addirittura migliorate nei circa due mesi successivi. Insieme allo svuotamento della popolazione civile del nord di Gaza, l’area si è trasformata in una sorta di enclave militare. Alti funzionari politici e della difesa ribadiscono che l’evacuazione del nord di Gaza non fa parte del “Piano dei Generali”, che prevede l’imposizione di un assedio sull’area e lo svuotamento dei civili, oltre alla legittimazione del rifiuto degli aiuti umanitari.

Jabalya ha visto continue demolizioni in ottobre ed è diventata una sorta di enclave militare. Planet Labs PBC

Ma fonti di alto livello della Difesa, che hanno parlato con Haaretz, confermano in conversazioni riservate che ciò che viene presentato agli israeliani non è necessariamente ciò che sta accadendo realmente. Hanno detto che attualmente l’IDF deve svuotare villaggi e città dai loro residenti. A titolo di esempio, rimangono solo circa 20.000 persone, se non meno, in un’area che prima della guerra ospitava più di 500.000 gazawi.

La questione è emersa nei colloqui tenutisi nelle scorse settimane tra alti funzionari dell’amministrazione Biden e le loro controparti israeliane, in cui gli americani hanno avvertito che i rapporti delle organizzazioni internazionali dicono che c’è il concreto timore di un tentativo di affamare la popolazione civile nel nord della Striscia. Si tratta di un’area in cui non rimane quasi nessun edificio abitabile, e per una buona ragione: da conversazioni con comandanti sul campo e soldati, nonché da un tour nella zona di combattimento, sembra che l’IDF stia sistematicamente radendo al suolo le strutture ancora in piedi. “Non è che ci alziamo la mattina e mettiamo in campo un D9 [bulldozer blindato] per distruggere i quartieri”, spiega un ufficiale di alto rango coinvolto nei combattimenti. “Ma se dobbiamo avanzare in certe aree, non esporremo le nostre forze a trabocchetti e a esplosivi”.

Distruzione nella zona est di Jabalya nel corso del mese di ottobre. L’IDF a volte prende di mira aree ancora popolate. Planet Labs PBC

Eppure, ci sono palestinesi che non vogliono andar via, non un’altra volta. Molti di loro sono fuggiti dalle loro case nel nord all’inizio della guerra, verso Gaza City, prima di tornare poi al nord nonostante le condizioni difficili dovute alla difficoltà di spostarsi da un luogo all’altro con le loro famiglie, soprattutto se qualcuno dei loro membri era ferito, come è successo a molti. Ora si sentono di nuovo a casa. Sembra che la maggior parte dei residenti nelle zone di combattimento preferisca semplicemente ripararsi sul posto per l’inverno, per quanto incerto e pericoloso possa essere, piuttosto che partire per l’ignoto.

All’inizio di ottobre, la maggior parte degli edifici di questo quartiere a nord di Beit Lahia era ancora in piedi. Il 24 ottobre, decine di edifici erano stati rasi al suolo.

La situazione attuale degli abitanti è tutt’altro che stabile, visti gli sforzi di Israele per allontanarli, a volte con l’aiuto dell’artiglieria che spara su aree aperte vicino a luoghi ancora abitati. “Negli ultimi mesi”, dice un comandante senior che ha prestato servizio a Gaza fino a poco tempo fa, “l’unica cosa che viene chiesta alle forze nell’area è di spostare la popolazione verso sud – e di spianare gli edifici nel raggio di pochi chilometri dagli assi logistici e dalle aree in cui le forze alloggiano nell’intero territorio della Striscia”. E in tutti questi luoghi si stanno realizzando costruzioni militari a lungo termine. “Non si tratta di postazioni costruite per un mese o due”, sottolinea il comandante.

Sebbene il nord di Gaza rappresenti una parte importante del quadro, non è tutto. Secondo il piano che si sta attuando, l’esercito sta agendo per mantenere sotto controllo non meno di quattro grandi aree in diverse parti della Striscia. Una delle più importanti è il corridoio di Netzarim. All’inizio della guerra, il Combat Engineering Corps ne ha assunto il controllo come asse logistico per le forze armate e, successivamente, per l’introduzione di aiuti umanitari. Tuttavia, nel corso del tempo il corridoio ha cambiato scopo e forma. Ora, dopo un’ampia opera di sbancamento dell’area circostante, non è più una strada, ma piuttosto un’ampia area priva di edifici. Al posto delle case, una strada; al posto dei quartieri, il deserto.

Planet Labs PBC / 26 settembre 2024

“Oggi, quando ci si trova sulla strada”, dice un soldato combattente, “in alcuni punti non si vedono più case”. Il corridoio, che conduce al sito dell’ex-insediamento di Netzarim, è largo da cinque a sei chilometri) e lungo circa nove chilometri. Le fonti hanno detto ad Haaretz che le dimensioni non sono definitive: L’IDF sta attualmente lavorando per ampliarlo ulteriormente.

Ma questa non è una strada in mezzo al nulla. I vecchi edifici non ci sono più, ma ne stanno sorgendo di nuovi. Per certi versi si può dire che questo è il progetto di punta dei nuovi avamposti di Gaza: su entrambi i lati del corridoio ci sono alcuni grandi avamposti, con ampie strade che li raggiungono, che potrebbero ospitare un numero considerevole di truppe per un periodo prolungato.

Un’altra area della nuova road map di Israele è il corridoio di Philadelphia. Mentre i colloqui per gli ostaggi sono in fase di stallo (così come il dibattito se controllare la strada sia davvero necessario), l’esercito ha già spianato ampie distese su entrambi i lati: circa un chilometro in alcuni punti, addirittura tre in altri.

L’IDF è entrato a Rafah a maggio. A novembre, molti quartieri erano stati rasi al suolo mentre l’IDF costruiva una base e un’infrastruttura militare Planet Labs PBC

La leadership politica ha persino chiesto un chilometro in più, ma fonti militari affermano che quattro chilometri sono impraticabili in alcune aree, perché significherebbe distruggere interi quartieri di Rafah. Questo probabilmente farebbe arrabbiare la comunità internazionale (che già considera problematica la situazione attuale).

A maggio, il “Villaggio svedese” di Gaza sorgeva vicino al Corridoio di Filadelfia. A novembre non c’era più, mentre era stata costruita una nuova base dell’IDF. Planet Labs PBC.

La quarta area è la più lunga di tutte. È una striscia che corre lungo l’intero confine tra Gaza e Israele e che la Divisione Gaza è responsabile di rimodellare. In altre parole, si tratta di una zona cuscinetto profonda almeno un chilometro tra le comunità israeliane vicine al confine con Gaza e le prime case all’interno di Gaza. Il fine è quello di allontanare la minaccia dei missili anticarro dalle case degli israeliani. Il mezzo è la distruzione di interi quartieri.

Da ottobre, questo quartiere di Rafah ha visto una distruzione su larga scala. Planet Labs PBC

Tuttavia, ciò che in questi giorni si sta facendo nei pressi del Kibbutz Kissufim lascia intendere che il progetto di sgombero del terreno non è ancora terminato. La settimana scorsa, l’IDF ha annunciato l’apertura di una strada per scopi logistici da lì a Gaza (martedì è stato riferito che questa strada sarà utilizzata anche per portare aiuti umanitari).

In questa fase, si tratta di una strada breve e stretta che termina in un’area di sosta non particolarmente grande. Ma secondo gli ufficiali sul campo, è in questo modo che sono iniziati i progetti precedenti. Se è così, il corridoio di Kissufim assomiglierà molto presto al corridoio di Philadelphia.

Non sono solo le strade a rivelare il modo in cui le esigenze a breve termine si allargano a imprese permanenti. Questa è anche la storia del valico che è stato frettolosamente allestito all’inizio della guerra per controllare i movimenti dal nord al sud di Gaza. All’inizio assomigliava a un posto di blocco temporaneo. Ora assomiglia già a un terminale di confine, cioè a un normale passaggio di frontiera tra due paesi.

“Per quel che si vede sul terreno, l’IDF non lascerà Gaza prima del 2026”, ha detto un ufficiale di una delle brigate che combattono a Gaza. “Quando qui si vedono strade che vengono asfaltate, è chiaro che non sono destinate alle manovre di terra o alle incursioni delle truppe in vari luoghi. Queste strade portano, tra l’altro, ai luoghi da cui sono stati rimossi alcuni insediamenti. Non so se ci sia l’intenzione di ricostruirli, non ci è stato detto esplicitamente. Ma tutti capiscono dove si va a parare”.

https://www.haaretz.com/israel-news/security-aviation/2024-11-13/ty-article-magazine/.premium/idf-gearing-up-to-remain-in-gaza-until-end-of-2025-at-least-this-is-what-it-looks-like/00000193-2230-d76d-a7db-637196a00000?utm_source=mailchimp&utm_medium=Content&utm_campaign=israel-at-war&utm_content=277ae2648d

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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