E io cosa facevo mentre Israele uccideva i civili a Gaza?

di Michael Sfard,

Haaretz, 28 ottobre 2024.   

Gli israeliani si sono apparentemente abituati alle atrocità della guerra di Gaza, pur continuando la loro vita quotidiana.

Un ragazzo palestinese ferito in un attacco israeliano all’ospedale Al-Ahli di Gaza City, sabato 26 ottobre 2024. Mahmoud Sameer/Reuters

La settimana scorsa, l’esercito israeliano ha bombardato la città di Beit Lahiya, nel nord della Striscia di Gaza. Secondo i servizi sanitari locali, circa 80 persone sono state uccise dalle bombe. Nei video trasmessi da Al Jazeera – attualmente fuori onda in Israele, ma i cui resoconti sono facilmente reperibili su YouTube – si vedono bambini estratti dalle macerie, con tutto il corpo ricoperto da detriti di polvere grigio-biancastra. Alcuni non sopravviveranno. Altri sopravviveranno, ma avranno perduto un genitore o entrambi i genitori e si uniranno alle decine di migliaia di bambini di Gaza rimasti orfani a causa della guerra.

Le prime notizie del bombardamento risalgono all’una di notte, ma non so a che ora sia effettivamente avvenuto, quindi non so se, quando il nostro pilota ha sganciato le bombe, stavo guardando il terzo episodio della quarta stagione della meravigliosa produzione italiana della HBO “My Brilliant Friend” [L’amica geniale], o se ero già a letto, leggendo uno dei gialli di Georges Simenon. Ma posso stimare con una certa precisione cosa stavo facendo durante l’omicidio di massa avvenuto la sera prima.

L’esercito israeliano stava assediando due ospedali nel campo profughi di Jabalya, tagliando l’elettricità e bombardando i dintorni. Secondo i servizi sanitari locali del campo, il bombardamento ha ucciso 46 persone (21 delle quali erano donne e bambini). Ebbene, mentre tutto questo accadeva a Jabalya, io e la mia famiglia stavamo mangiando del cibo asiatico che avevamo ordinato in un ristorante di Tel Aviv, e più tardi ho guardato un film d’azione della fine degli anni ’80 con il mio figlio più piccolo, per fargli conoscere i capolavori cinematografici con cui sono cresciuto.

Già dai primi giorni del conflitto è apparso chiaro che la guerra israeliana non avrebbe ceduto alle restrizioni dettate dal diritto internazionale. Tre giorni dopo lo scoppio della guerra, ho avvertito in un articolo su questo giornale: “In nessun contesto una tale mossa potrebbe essere legale o morale. Persino l’assedio, una strategia militare che può essere legale in determinate condizioni, non può includere la privazione dei mezzi di sopravvivenza per i civili dell’area assediata”. Dieci giorni dopo, avvertivo che “L’incomprensibile crudeltà a cui siamo stati esposti… ha penetrato la nostra anima. E come un combustibile nucleare, ci ha portato in una spirale verso un inferno morale”. Ho scritto queste parole senza rendermi conto della profondità dell’abisso verso cui stavamo correndo.

Generazioni di israeliani dovranno convivere con ciò che abbiamo fatto a Gaza.

Nelle settimane e nei mesi successivi, Israele ha perduto ogni parvenza di umanità. La sua giustificabile guerra di difesa si è trasformata in una spietata campagna di vendetta contro 2,3 milioni di persone. Per oltre un anno, la politica di fuoco dell’esercito israeliano nella striscia più densa e più povera del mondo sembra guidata dagli esperti di Channel 14 [TV israeliana di destra, HdT]. Il campo di battaglia è carico di prove orribili di crimini di guerra senza precedenti: il ripetuto sradicamento forzato di circa un milione e mezzo di gazawi dalle loro case e poi dai luoghi in cui si erano rifugiati, senza alcun impegno a consentire il loro ritorno una volta terminati i combattimenti; i bombardamenti che, anche se, secondo il portavoce dell’IDF, sono destinati a colpire gli operativi di Hamas, in realtà uccidono, con indifferenza da far gelare il sangue, decine di cittadini ad ogni attacco; la strategia di guerra, che occasionalmente include la privazione intenzionale degli aiuti umanitari e l’uso della fame come metodo di guerra per forzare il successo militare; l ‘assedio medievale posto da Israele nelle ultime settimane nel nord della Striscia di Gaza, che ha ucciso e affamato migliaia di bambini, donne, anziani e uomini innocenti.

Bambini feriti durante un’operazione israeliana nel campo profughi di Jabalia, nella Striscia di Gaza centrale, attendono di essere curati all’ospedale arabo Al-Ahli di Gaza City il 21 ottobre 2024. AFP/Omar Al-Qattaa

Dresda impallidisce in confronto a ciò che abbiamo fatto a Gaza. Abbiamo bombardato indiscriminatamente, polverizzato obiettivi palesemente civili e cancellato le infrastrutture civili che rendevano possibile la vita nella Striscia di Gaza, che ora è diventata un’enorme Ground Zero. Abbiamo ucciso circa il due per cento della popolazione, e la maggior parte delle vittime erano civili.

E la cosa peggiore è che ci siamo abituati a questo. Gli israeliani non battono ciglio quando sentono notizie di decine di bambini e donne uccisi in un bombardamento. Semplicemente non gli importa. Questi attacchi, in cui decine di esseri umani – che proprio come noi amano, sognano, soffrono, hanno famiglia e amici – vengono massacrati (non ho altre parole) dai nostri militari, sono diventati una routine. Ogni morte di “passanti innocenti” una volta veniva ampiamente riportata, sollevando persino un dibattito pubblico. Oggi, a un anno dall’inizio della guerra, i resoconti dei campi profughi in cui i rifugiati sono stati bruciati (e non è una metafora!) non fanno quasi più parte dei fugaci aggiornamenti sulla guerra sui siti web di notizie. Stiamo sterminando, sì, s-t-e-r-m-i-n-a-n-d-o, la vita nella Striscia di Gaza. E le migliori serie della HBO continuano ad apparire sulle nostre piattaforme di streaming.

Un israeliano con un fucile utilizza un computer portatile in un caffè, a Tel Aviv, Israele, 30 maggio 2024. Marko Djurica/REUTERS

Mi sono sempre chiesto (come molti prima di me) come fosse la vita delle persone ‘comuni’ mentre il loro paese commetteva atrocità, come ci si sentisse a un’ora di distanza dalle uccisioni di massa quotidiane. Le persone dall’altra parte dell’assedio vivevano una vita “normale”? Andavano ancora al cinema, prendevano il caffè con gli amici? Perché non si ribellavano, non affrontavano gli strumenti di distruzione e non li fermavano con i loro corpi? Non ho mai avuto una risposta a queste domande, poiché non vivevo in un paese simile. Quindi, ecco, ora lo so.

Devo dire che la vita è ancora fatta di banalità. L’acquisto di un nuovo paio di scarpe per il bambino, la riparazione dell’auto, un litigio in famiglia intorno alla tavola nel giorno di festa e un caffè mattutino in un bar vicino. È vero, sentiamo gli allarmi antiaerei e le notizie dolorose dei soldati caduti, molti israeliani sono sfollati e il pensiero dei nostri ostaggi lascia senza fiato. Questa routine non fa che amplificare il contrasto: come fa il sole a sorgere al mattino e come si fa a vendere caffè e croissant nei bar, mentre le nostre sorelle e i nostri fratelli marciscono nell’inferno dei tunnel di Gaza?

Pochissimi israeliani si oppongono a questa guerra crudele. Una guerra che sta trasformando la vita di centinaia di migliaia di persone a Gaza in un inferno, e che impedisce anche il ritorno dei nostri ostaggi. Pochi riescono a vedere al di là dell’indottrinamento nazionalistico e militarista dei media israeliani mainstream, il cui tradimento della loro vocazione e la loro decisione consapevole di non dirci nulla di ciò che stiamo facendo a Gaza passeranno nei libri di storia. Pochissimi ascoltano le voci provenienti da Gaza; e anche loro sono paralizzati. Questa guerra è arrivata allo stadio di dichiarare la morte della società gazawi, e ancora non riusciamo a pensare ad altro che a firmare appelli, manifestare, presentare petizioni e scrivere articoli di opinione. Ma questo, come qualcuno mi disse una volta a proposito delle mie petizioni all’Alta Corte di Giustizia, equivale al tentativo di prosciugare l’oceano con un cucchiaino.

Generazioni di israeliani dovranno convivere con ciò che abbiamo fatto a Gaza nell’ultimo anno. Generazioni di israeliani dovranno spiegare ai loro figli e nipoti perché ci siamo comportati in quel modo. Alcuni dovranno spiegare perché non si sono rifiutati di bombardare. E alcuni dovranno spiegare perché non hanno fatto di più per fermare l’orrore.

https://www.haaretz.com/opinion/2024-10-28/ty-article-opinion/.premium/what-was-i-doing-while-my-country-was-killing-civilians-in-gaza/00000192-d280-d628-a9df-fada52340000?utm_source=mailchimp&utm_medium=Content&utm_campaign=haaretz-today&utm_content=b96e51c19d

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

2 commenti su “E io cosa facevo mentre Israele uccideva i civili a Gaza?”

  1. Chi è contrario e orripilato di fronte alla discesa di Israele nell’orrore, come fa a fermare questa cosa? Che cosa si può fare per fermare un esercito supportato da alcune nazioni?

    Rispondi

Lascia un commento