di Amy Fallon,
Al Jazeera, 23 novembre 2024.
Cola Gaza offre un’alternativa ‘senza apartheid’ a chi la beve mentre boicotta i grandi marchi.
Londra – In una soleggiata giornata autunnale, l’Hiba Express – una catena di fast food a Holborn, un vivace quartiere del centro di Londra pieno di ristoranti, librerie e negozi – è pieno di clienti. Al piano di sopra si trova Palestine House, un luogo di ritrovo multipiano per i palestinesi e i loro sostenitori, costruito nello stile di una casa araba tradizionale, con muri in pietra e un cortile centrale con una fontana.
Osama Qashoo, un uomo carismatico che porta i capelli tirati indietro in uno chignon e una barba folta e baffi che terminano in riccioli impressionanti, gestisce entrambi i locali nell’edificio di sei piani.
All’Hiba Express, il suo team serve piatti palestinesi e libanesi preparati con le ricette della sua famiglia. All’interno dello spazio, decorato con colori caldi e con rami di alberi e cartelli con slogan come “Dal fiume al mare”, gli avventori rimestano formaggio halloumi, ceci e falafel dentro ai loro piatti. All’ingresso del ristorante, una bambola vestita con una sciarpa kefiah in bianco e nero siede su un tavolo con una scritta in alto con inchiostro color sangue: “Salvate i bambini”, riferendosi alle migliaia di bambini palestinesi uccisi negli attacchi israeliani a Gaza nell’ultimo anno.
Su diversi tavoli si trovano lattine di bibite rosso ciliegia decorate con le strisce nere, bianche e verdi della bandiera palestinese e con scritte in arabo, e delimitate da un motivo della kefiah. “Cola Gaza” è scritto in calligrafia araba – in una scrittura simile a quella di una popolare marca di cola.
È una bevanda con un messaggio e una missione.
Qashoo, 43 anni, si affretta a sottolineare che la bevanda, che è fatta con ingredienti tipici della cola e ha un sapore dolce e acido simile alla Coca-Cola, “è totalmente diversa dalla formula che usa la Coca-Cola”. Non dirà come o dove è nata la ricetta, ma affermerà di aver creato Cola Gaza nel novembre 2023.
‘Il vero sapore della libertà’
Nynke Brett, 53 anni, che vive ad Hackney, nella zona est di Londra, ha scoperto Cola Gaza partecipando ad un evento culturale presso la Palestine House. “Non è frizzante come la Coca Cola. È più morbida, più facile al palato”, dice. “E il sapore è ancora più buono perché intanto si sostiene la Palestina”.
Qashoo ha creato Cola Gaza per diversi motivi, dice, ma “il numero uno era boicottare le aziende che sostengono e alimentano l’esercito israeliano e sostengono il genocidio” a Gaza. Un’altra ragione: “Trovare un gusto senza sensi di colpa, senza genocidio. Il vero gusto della libertà”.
Può sembrare uno slogan di marketing, ma la libertà palestinese sta molto a cuore a Qashoo. Nel 2001, ha co-fondato l’International Solidarity Movement (ISM), un gruppo che utilizza l’azione diretta non violenta per sfidare e resistere all’occupazione israeliana della terra palestinese. Questa organizzazione ha aperto la strada al movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) quattro anni dopo, spiega Qashoo. Il BDS boicotta le aziende e i prodotti che, secondo loro, svolgono un ruolo diretto nell’oppressione dei palestinesi da parte di Israele.
Qashoo è stato costretto a fuggire dalla Palestina nel 2003, dopo aver organizzato manifestazioni pacifiche contro quello che lui chiama il “muro dell’apartheid” in Cisgiordania. Arrivò nel Regno Unito come rifugiato e divenne uno studente di cinema, determinato a comunicare le storie palestinesi attraverso il cinema. La sua trilogia, A Palestinian Journey, ha vinto il premio Al Jazeera New Horizon 2006.
Nel 2007, Qashoo ha co-fondato il Free Gaza Movement, che mirava a rompere l’assedio illegale su Gaza. Tre anni dopo, nel 2010, ha aiutato ad organizzare la missione Gaza Freedom Flotilla, per portare aiuti umanitari dalla Turchia a Gaza via mare. Nel maggio 2010, una delle navi della flottiglia, la Mavi Marmara, è stata attaccata e Qashoo ha perso il suo cameraman e le sue attrezzature di ripresa. In seguito è stato arrestato e poi torturato mentre era detenuto insieme a circa 700 persone. La sua famiglia ha iniziato uno sciopero della fame fino a quando non è stato salvato.
Dopo essersi reinsediato nel Regno Unito, Qashoo ha continuato il suo attivismo, ma ha trovato difficile cercare di guadagnarsi da vivere con i film. Poi è diventato un ristoratore. Ma non si sarebbe mai aspettato di diventare un produttore di bevande gassate. “Non ci stavo nemmeno pensando” fino alla fine dell’anno scorso, spiega Qashoo. Aggiunge che voleva anche creare un prodotto che fosse “un esempio di commercio e non di aiuto”.
Il 53% dei consumatori del Medio Oriente e del Nord Africa sta boicottando i prodotti di alcuni marchi a causa delle guerre e dei conflitti recenti, spiega ad Al Jazeera George Shaw, analista di GlobalData.
“Queste aziende che alimentano il genocidio, se le si colpisce nel punto più importante, ossia il flusso di entrate, questo fa sicuramente molta differenza e le fa riflettere”, afferma Qashoo. Cola Gaza, aggiunge, “costruirà un movimento di boicottaggio” che colpirà Coca-Cola finanziariamente.
Coca-Cola, che gestisce strutture nell’insediamento industriale israeliano di Atarot, nella Gerusalemme Est occupata, ha affrontato un nuovo boicottaggio a partire dal 7 ottobre dello scorso anno.
Anche la famiglia è stata un fattore che ha spinto Qashoo a lanciare Cola Gaza. Oggi non sa dove si trovi il suo figlio adottivo di 17 anni in Cisgiordania, che è stato colpito alla testa a giugno. “La mia famiglia a Gaza è stata decimata”, dice Qashoo. “Ho degli amici, ma non so dove siano”.
Non disposto a scendere a compromessi
Sebbene la creazione di Cola Gaza sia durata solo un anno, Qashoo afferma che è stata una sfida. “Cola Gaza è stato un processo molto difficile e doloroso, perché non sono un esperto nel settore delle bevande”, dice Qashoo. “Ogni potenziale partner suggeriva un compromesso: compromesso sul colore, compromesso sul carattere, compromesso sul nome, compromesso sulla bandiera”, afferma. “E noi abbiamo detto ‘no, non faremo alcun compromesso’”.
Creare il logo della bevanda è stato difficile. “Come si fa a creare un marchio che sia chiaro e che non non giri troppo attorno al messaggio?”. Qashoo dice con occhi scintillanti e un sorriso impertinente. “Cola Gaza è diretta, con un messaggio onesto e chiaro”.
Tuttavia, trovare luoghi in cui vendere la bevanda, che viene prodotta in Polonia e importata nel Regno Unito per risparmiare, è stato un problema. “Ovviamente non possiamo raggiungere i grandi mercati a causa della politica che c’è dietro”, dice Qashoo.
Ha iniziato a vendere Cola Gaza nei suoi tre ristoranti di Londra, dove, da quando la bevanda è stata introdotta all’inizio di agosto, sono state vendute 500.000 lattine. La cola è venduta anche da rivenditori musulmani come Al Aqsa, con sede a Manchester, che ha recentemente esaurito le scorte, dice il direttore del negozio, Mohammed Hussain.
La Cola Gaza viene venduta anche online, con una confezione da sei che costa 12 sterline britanniche (15 dollari). A titolo di confronto, una confezione da sei di Coca Cola viene venduta a circa 4,70 sterline (6 dollari).
Qashoo afferma che tutti i profitti della bevanda saranno devoluti per la ricostruzione del reparto maternità dell’ospedale al-Karama, a nord-ovest di Gaza City.
Una serie di boicottaggi
Cola Gaza si trova tra gli altri marchi che stanno sensibilizzando sulla Palestina e fanno boicottaggio contro i grandi marchi che operano in Israele. Palestine Drinks, un’azienda svedese lanciata a febbraio, vende in media da tre a quattro milioni di lattine delle sue bevande (una è una cola) al mese, spiega ad Al Jazeera il cofondatore Mohamed Kiswani. Matrix Cola, creata in Giordania nel 2008 come alternativa locale a Cola e Pepsi che gestisce la sua fabbrica principale SodaStream nella Cisgiordania occupata da Israele, ha riferito a gennaio che la sua produzione è raddoppiata negli ultimi mesi. E Spiro Spathis, la più antica azienda egiziana di bevande gassate, ha registrato un’impennata delle vendite durante la campagna “100% Made in Egypt” dello scorso anno.
Jeff Handmaker, professore associato di sociologia giuridica presso l’Università Erasmus di Rotterdam, nei Paesi Bassi, afferma che sebbene i boicottaggi dei consumatori cerchino di responsabilizzare le aziende e gli stati accusati di crimini di atrocità, si tratta di una tattica per generare consapevolezza e responsabilità per la complicità aziendale o istituzionale nei crimini di atrocità, e non di una cosa fine a se stessa.
“Non è nemmeno il loro obiettivo, ma è piuttosto quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, e in questo senso la campagna di boicottaggio della Coca Cola ha evidentemente successo”, aggiunge Handmaker.
Qashoo sta lavorando alla prossima versione di Cola Gaza, una versione più frizzante. Nel frattempo, spera che ogni sorso di Cola Gaza ricordi alle persone la situazione della Palestina.
“Dobbiamo ricordare a una generazione dopo l’altra questo orribile olocausto”, dice. “Sta accadendo ora e sta accadendo da 75 anni”.
“Deve solo essere un piccolo, gentile promemoria, come dire: ‘intanto, goditi la tua bevanda e saluti dalla Palestina’”.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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