Gaza è una grande “zona di uccisione”

Apr 5, 2024 | Notizie

di Belén Fernández,

Al Jazeera, 5 aprile 2024. 

Dopo sei mesi di guerra apocalittica, Gaza oggi è un insieme di “zone di uccisione” all’interno di una zona di uccisione più grande.

Fumo dopo un attacco aereo israeliano nella Striscia di Gaza centrale, lunedì 1 aprile 2024. [Foto AP/Abdel Kareem Hana]

Quattro uomini palestinesi stanno camminando nella città di Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, in un’area ampiamente polverizzata dai bombardamenti israeliani. Non c’è alcuna indicazione che stiano trasportando armi o facendo qualcosa, a parte mettere un piede davanti all’altro, come fanno gli esseri umani per andare da un posto all’altro.

Improvvisamente, un attacco aereo diretto su di loro elimina due degli uomini. Il terzo continua a camminare e viene ben presto fatto a pezzi. Il quarto viene eliminato da un altro colpo dopo essere caduto in ginocchio.

L’episodio, che sembra sia avvenuto a febbraio, è raffigurato nel filmato di un drone israeliano pubblicato a marzo da Al Jazeera. Vedendo quegli uomini inermi che vengono sistematicamente fatti fuori dal cielo in una fanatica esibizione di potenza di fuoco, viene in mente il video Collateral Murder pubblicato da WikiLeaks nel 2010, in cui una dozzina di civili iracheni venivano massacrati entusiasticamente da militari statunitensi in elicottero.

Nell’incidente di Khan Younis, sembra che il “crimine” commesso dai quattro uomini e che meritava una condanna a morte immediata fosse la loro presenza in una delle cosiddette “zone di uccisione” dell’esercito israeliano a Gaza, oggetto di un recente articolo del quotidiano israeliano Haaretz. L’articolo specifica che “non esiste un ordine scritto” che preveda le zone di uccisione nel “manuale delle regole” dell’esercito israeliano, ma è abbondantemente chiaro che si tratta di un fenomeno molto reale con un controllo istituzionale molto limitato. “In definitiva, i confini di queste zone e le esatte procedure operative sono soggette all’interpretazione dei comandanti in quella specifica area”, ha rilevato il giornale.

Parlando con Haaretz, un ufficiale della riserva israeliana ha descritto l’attività come segue: “In ogni zona di combattimento, i comandanti definiscono le zone di uccisione. … Non appena entrano [nella zona] delle persone, soprattutto se maschi adulti, l’ordine è di sparare e uccidere, anche se le persone sono disarmate”.

Alla faccia dell’”esercito più morale del mondo”.

In sintesi, i palestinesi possono essere massacrati semplicemente perché si trovano in un’area che è stata arbitrariamente designata come “zona di uccisione” da un comandante israeliano o da un altro.

E se si viene colpiti in una “zona di uccisione”, è probabile che si venga segnalati da Israele come “terroristi”, il che aiuta certamente a gonfiare il numero di vittime che appartengono ai “cattivi” in una guerra che a metà marzo aveva già ucciso più di 13.000 bambini palestinesi.

Secondo Haaretz, degli oltre 32.000 palestinesi che si stima siano stati uccisi a Gaza negli ultimi sei mesi, l’esercito israeliano sostiene che 9.000 circa erano “terroristi”, un’affermazione che non ha convinto nemmeno molti comandanti dell’esercito. Come ha commentato al giornale un ufficiale che in passato ha prestato servizio a Gaza: “In pratica, un terrorista è chiunque l’esercito abbia ucciso nelle aree in cui operano le sue forze”.

Non che l’establishment politico-militare sionista non sia noto per utilizzare i termini “palestinese” e “terrorista” in modo più o meno intercambiabile. In effetti, 75 anni di propaganda perversa hanno cercato di persuadere il mondo che le vittime del continuo terrore da parte di Israele sono in realtà quelle che fanno il terrore.

Ora anche le vittime delle “zone di uccisione” diventano terroristi. Non importa che, riguardo al caso dei quattro pedoni di Khan Younis, un alto ufficiale militare israeliano abbia dichiarato ad Haaretz: “Erano disarmati. Non hanno messo in pericolo le nostre forze nell’area in cui stavano camminando”.

L’articolo prosegue citando l’ipotesi dello stesso ufficiale secondo cui molti civili a Gaza hanno trovato la morte dopo essere entrati in aree che pensavano fossero già state abbandonate dall’esercito, forse nella speranza di trovare cibo che fosse stato lasciato indietro: “Quando si recavano in questi luoghi, venivano fucilati, percepiti come persone che potevano danneggiare le nostre forze”.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha smentito seccamente le notizie sulle “zone di uccisione”. Eppure, in fin dei conti, la Striscia di Gaza è una grande zona di uccisione, con nessuno spazio vietato alle uccisioni. Come si spiegano altrimenti i massacri negli ospedali palestinesi e nei rifugi delle Nazioni Unite o il massacro di persone in fila per gli aiuti alimentari mentre i bambini muoiono di fame?

Certo, Israele si è a lungo vantato della sua presunta abilità nel condurre attacchi aerei di precisione chirurgica e uccisioni mirate. Ma anche se la cifra di 9.000 “terroristi” morti, calcolata dall’esercito israeliano, avesse un qualche fondamento nella realtà, è difficile spiegare i rimanenti 23.000 “omicidi collaterali”, per prendere a prestito la terminologia di WikiLeaks.

A meno che, naturalmente, la collateralità non abbia nulla a che fare con tutto ciò e Israele non stia semplicemente prendendo di mira i civili – il che, dopo tutto, è come funziona il genocidio, no?

Dopo sei mesi di guerra apocalittica, oggi Gaza è un insieme di “zone di uccisione” all’interno di una zona di uccisione più grande. E mentre Israele continua il suo tentativo di normalizzare la sua depravazione su tutto il territorio, l’attuale monopolio israeliano sul terrorismo sarà certamente difficile da negare.

Belén Fernández, editorialista di Al Jazeera, è autrice di Inside Siglo XXI: Locked Up in Mexico’s Largest Immigration Center (OR Books, 2022), Checkpoint Zipolite: Quarantena in un piccolo luogo (OR Books, 2021), Exile: Rejecting America and Finding the World (OR Books, 2019), Martyrs Never Die: Travels through South Lebanon (Warscapes, 2016), e The Imperial Messenger: Thomas Friedman at Work (Verso, 2011). È collaboratrice del Jacobin Magazine e ha scritto per il New York Times, il blog della London Review of Books, Current Affairs e Middle East Eye, oltre che per numerose altre pubblicazioni.

https://www.aljazeera.com/opinions/2024/4/5/gaza-is-one-big-kill-zone

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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