di Roba Almadhoun,
The Electronic Intifada, 2 aprile 2024.
La nascita di un nuovo bambino è solitamente un’occasione di gioia. Ma nelle attuali condizioni di genocidio a Gaza, questo non è più vero.
Secondo l’UNICEF, a Gaza ci sono 180 nascite al giorno. Queste nascite avvengono senza avere accesso a nessun tipo di struttura sanitaria adeguata. Israele ha distrutto il settore sanitario di Gaza, bombardando, danneggiando o distruggendo completamente 30 dei 36 ospedali di Gaza, e recentemente ha assediato l’ospedale principale di Gaza, al-Shifa, per più di due settimane, uccidendo 400 persone, tra cui bambini, medici, infermieri e pazienti.
Sono pressoché inesistenti anestetici o antidolorifici, che – insieme a stampelle, kit per la maternità e persino giocattoli – Israele impedisce di entrare a Gaza come parte della sua aggressione punitiva contro la popolazione.
Una nuova nascita comporta un dolore, uno stress e una difficoltà considerevoli e rappresenta un’enorme pressione per le madri e i genitori in generale quando il mondo circostante è in macerie. È ormai assodato che la depressione post-partum (PPD) in tempi di guerra e di conflitto – o a causa di altre fonti di stress e di attrito esterno – subisce un’impennata significativa.
Secondo la letteratura medica, la depressione post-partum (PPD) – classificata come un disturbo psichiatrico che inizia subito dopo il parto, provocando deficit neuropsicologici e comportamentali nelle madri e nella prole – colpisce circa il 17% delle madri a livello globale.
Ma in tempo di guerra, le incidenze di PPD possono raddoppiare o addirittura triplicare.
E non è solo lo stress del conflitto. È anche la mancanza di assistenza post-parto, che oggi non è disponibile a Gaza. La gravità e la durata della depressione post-partum aumentano a causa delle condizioni di vita inadeguate e dell’impossibilità di ottenere beni di prima necessità come vestiti, latte artificiale e pannolini per il neonato.
Traumi diffusi
Durante il genocidio in corso a Gaza, ho prestato servizio in diversi reparti di maternità di vari ospedali, tra cui l’ospedale al-Shifa, il Nasser Medical Complex e ospedali da campo.
Nei miei incontri con le neomamme di tutto il territorio, era chiaro che molte soffrivano di depressione post-partum (PPD) o presentavano sintomi che rendevano tale depressione quasi inevitabile.
Baraa ha perso il marito un mese prima del parto. Il suo unico desiderio dopo il parto era che lui “fosse qui per vederlo e condividere questo momento con me”.
Yusra è scoppiata in lacrime, supplicando il personale sanitario di recitare la preghiera dell’adhan per il figlio appena nato, perché sia il marito che il padre erano stati uccisi.
“Il pediatra o chiunque altro può recitare la preghiera nell’orecchio di mio figlio?”, ha chiesto Yusra. Tradizionalmente, è il padre o il nonno del bambino a recitare la preghiera sul neonato.
Altrettanto traumatica è la paura di essere incapaci di prendersi cura del bambino, una paura esacerbata dall’assenza di beni di prima necessità come latte e vestiti. Una donna continuava a scusarsi perché gli unici vestiti che aveva per il figlio appena nato erano abiti rosa da bambina recuperati dalla sorella maggiore del bambino.
Molti si rivolgono ai centri sanitari in cerca di latte o pannolini, ma il mercato ne offre pochi e i prezzi sono decuplicati. In queste circostanze estreme, è molto probabile che queste donne sviluppino una depressione.
Ogni madre si accorge di non poter provvedere ai bisogni immediati o futuri del proprio neonato, e si ritrova in un circolo vizioso di disperazione, ansia e impotenza.
Durante le guerre, diversi fattori socioeconomici sfavorevoli aumentano significativamente il rischio di patogenesi della PPD. Questi includono la povertà e la mancanza di supporto sociale, l’esposizione a eventi di vita avversi come l’ansia derivante dalle tensioni fisiche e mentali del parto in circostanze difficili e l’incapacità di creare un legame efficace tra madre e neonato.
Il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) non riguarda solo la salute della madre, ma ha anche implicazioni significative per la prole. La depressione post-partum (PPD) nelle madri è spesso associata a cambiamenti fisici nei figli, come la perdita di peso, la riduzione della salute fisica e relazionale generale, nonché a problemi cognitivi ed emotivi.
In effetti, i traumi erano già diffusi a Gaza prima dell’ultimo assalto di Israele. Secondo uno studio del 2020, più della metà dei bambini di Gaza soffriva di disturbo da stress post-traumatico e questa crisi della salute mentale si sta aggravando.
La prevalenza di PTSD e PPD non scomparirà con la fine del conflitto. L’importanza di un’immediata cessazione della violenza e di un vasto programma di trattamento e cura dei traumi non può essere sopravvalutata.
La dottoressa Roba Almadhoun è ostetrica a Gaza.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
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