All’Aia, Aharon Barak interpreterà il dottor Jekyll contro il signor Hyde di Israele

Gen 10, 2024 | Notizie

di Orly Noy,

+972 Magazine, 10 gennaio 2024. 

Come presidente della Corte Suprema, Barak ha fornito un’armatura legale all’occupazione e alla facciata di democrazia di Israele. Ora è tornato per continuare il lavoro.

L’ex presidente della Corte Suprema Barak all’International Convention Center di Gerusalemme, 8 dicembre 2019. (Yonatan Sindel/Flash90)

L’annuncio che Israele ha scelto Aharon Barak, il famoso ex presidente della Corte Suprema, per andare alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) che deve giudicare un caso storico in cui si accusa Israele di genocidio, ha mandato in fibrillazione il paese. Barak sarà il rappresentante di Israele in una commissione convocata in fretta e furia per discutere la petizione del Sudafrica per una sospensione d’emergenza dell’aggressione israeliana alla Striscia di Gaza – una commissione che sarà composta dai 15 giudici permanenti della CIG più uno di Israele e uno del Sudafrica.

Barak è stato a lungo vituperato dalla destra israeliana per aver sancito vari principi liberali nella quasi-costituzione dello Stato durante il suo mandato di presidente della Corte Suprema dal 1995 al 2006. I suoi fan, invece, faticano a contenere l’entusiasmo. “È il timbro di approvazione più appropriato. Israele non ha nessuno su cui contare se non Aharon Barak”, ha osservato Yossi Verter, commentatore di Haaretz. Il Movimento per un Governo di Qualità in Israele ha dichiarato in modo analogo: “Il giudice Barak è uno dei più grandi giuristi che siano sorti nello Stato di Israele, e la sua nomina alla carica è un atto dovuto”.

A prima vista, Barak è una scelta sconcertante da parte di un governo di estrema destra che ha passato l’ultimo anno a cercare di smantellare gran parte di ciò che Barak ha sempre difeso. In effetti, secondo i media israeliani, Barak non era nemmeno la prima scelta di Netanyahu per l’incarico, il che non sorprende data la loro storia di reciproco cattivo sangue.

L’ex presidente della Corte Suprema Barak parla durante una conferenza stampa tenutasi il 3 novembre 2023 con le famiglie i cui cari sono stati rapiti da Hamas il 7 ottobre. (Miriam Alster/FLASH90)

Eppure è difficile pensare a una persona più adatta a questo ruolo. Non per l’abilità legale di Barak, né per la reputazione internazionale che si è costruito, e nemmeno per il fatto di essere un sopravvissuto all’Olocausto –cosa che non è passata inosservata a coloro che lo hanno mandato all’Aia.

Piuttosto, nel suo nuovo ruolo, Barak continuerà la missione a cui ha dedicato tutta la sua vita professionale: legittimare la maggior parte dei crimini di Israele, difendendo contemporaneamente la facciata della “democrazia israeliana”. Barak, infatti, è uno degli autori più significativi della dottrina giuridica secondo cui Israele può affermare di essere una democrazia pur mantenendo un’occupazione militare senza fine e privando sistematicamente i palestinesi dei loro diritti, della loro dignità, della loro terra e delle loro proprietà.

Da un lato, il sistema giudiziario israeliano sotto la guida di Barak ha ampliato notevolmente i confini della propria autorità. Dall’altro, il tribunale si è quasi sempre schierato a fianco delle posizioni dell’establishment di sicurezza israeliano. Secondo le parole di Barak: “Tutte le questioni della Cisgiordania e di Gaza sono giustiziabili [cioè possono essere trattate all’interno del sistema giudiziario israeliano]. Gli affari militari nei territori [occupati] sono giustiziabili. Se chiudere o meno l’elettricità a Gaza è giustiziabile”. Perché? Perché esiste il diritto internazionale. Se l’interruzione dell’energia elettrica a Gaza non è giustiziabile qui, lo sarà all’Aia. Questo è il caso di questa questione e anche di quella degli insediamenti”.

Ora, Barak sta scoprendo che l’armatura legale a cui ha lavorato così duramente per garantire i crimini di Israele potrebbe non essere sufficiente; e lui stesso dovrà ora combattere per questo all’Aia.

Il miraggio di questa dottrina giuridica è stato reso possibile da due dei concetti con cui Barak si identifica maggiormente: il ‘tutto è giustiziabile’ e la proporzionalità. Ad esempio, sotto la sua guida, la Corte Suprema ha legalizzato la barriera di separazione nei territori occupati, ma ha “bilanciato” la decisione, in nome della sacra proporzionalità, stabilendo che il suo tracciato doveva essere modificato per non tagliare fuori una manciata di villaggi palestinesi dal resto della Cisgiordania.

Un tratto del muro di separazione israeliano che annette terre dei distretti di Betlemme e Gerusalemme. Beit Jala, Cisgiordania occupata, 6 aprile 2019. (Anne Paq/Activestills)

Allo stesso modo, Barak si è assicurato di presentare la sentenza della Corte Suprema su Jami’at Iscan – che ha permesso all’esercito israeliano di espropriare terreni palestinesi per la costruzione di autostrade in Cisgiordania – come se fosse destinata a servire i residenti sotto occupazione, sostenendo che “un dominio militare a lungo termine [senza i necessari aggiornamenti alla rete stradale] potrebbe portare a una stagnazione nello sviluppo della popolazione locale e della regione”.

Pur ritenendo “inappropriate” e inutili le demolizioni punitive delle case palestinesi, Barak ha deciso che come giudice non aveva alcuna discrezionalità in materia e non ha agito per fermare questa politica di demolizioni. Questo approccio è culminato nella sentenza definitiva di Barak, che ha di fatto legalizzato la politica dell’esercito di “uccisioni mirate” – cioè esecuzioni extragiudiziali – ma con l’avvertenza che “le restrizioni e le limitazioni devono essere ben definite per ogni uccisione mirata, in modo che ogni caso sia esaminato a sé stante”.

In risposta a questa decisione, la studiosa di diritto Suzie Navot ha scritto: “Presumibilmente, la sentenza renderà difficile prendere di mira i terroristi… Ma questa è solo un’ipotesi. Perché in pratica, ancora oggi, le forze di sicurezza prendono decisioni sugli omicidi mirati sulla base di considerazioni simili a quelle esposte nella sentenza. Probabilmente, la realtà non cambierà molto”.

Con queste parole, Navot ha messo a fuoco – a sostegno – il doppio miraggio di Barak, di cui spiega l’essenza e lo scopo come segue: “La sentenza sugli omicidi mirati non è stata scritta solo per l’esercito. È forse uno dei documenti legali più importanti scritti in Israele dal punto di vista delle relazioni pubbliche. È essenzialmente simile ad altre sentenze scritte da Aharon Barak, soprattutto quella che riguarda la barriera di separazione. Sentenze rivolte all’esterno, alla comunità internazionale, che esamina le azioni di Israele nei territori [occupati]. L’ultimo colpo da maestro dell’ex presidente Barak costituisce una ragionevole dichiarazione di difesa della situazione impossibile di Israele e della sua costante guerra al terrore”.

A quanto pare, quello non è stato l’ultimo colpo del giudice. L’87enne si è offerto di indossare il mantello del dottor Jekyll per legittimare i crimini del signor Hyde – un’unica persona al servizio della hasbara israeliana – ancora una volta.

In collaborazione con Local Call

Orly Noy è redattrice di Local Call, attivista politica e traduttrice di poesia e prosa in Farsi. È presidente del comitato esecutivo di B’Tselem e attivista del partito politico Balad. I suoi scritti affrontano le linee che intersecano e definiscono la sua identità di Mizrahi, di donna di sinistra, di donna, di migrante temporanea che vive nelle vesti di un’immigrata perpetua, e il costante dialogo tra di esse.

https://www.972mag.com/aharon-barak-the-hague-israel-genocide/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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