Una lezione sulla “democrazia” israeliana da parte di una diciottenne che ha rifiutato il servizio di leva

Set 12, 2023 | Notizie

di Yahli Agai,

+972 Magazine, 5 settembre 2023. 

Le precedenti generazioni di israeliani hanno chiuso gli occhi di fronte all’oppressione di palestinesi, mizrahim e richiedenti asilo. La nostra generazione può essere diversa.

Adolescenti israeliani firmano una lettera in cui dichiarano il loro rifiuto di arruolarsi nell’esercito e di servire una dittatura in Israele o nei territori palestinesi occupati, Gimnasia Herzliya, Tel Aviv, 3 settembre 2023. (Oren Ziv)

Alla fine di agosto, oltre 200 adolescenti israeliani hanno firmato una lettera aperta in cui si rifiutano di arruolarsi nell’esercito e di servire una dittatura in Israele o nei territori occupati. In coordinamento con il preside del liceo Gimnasia Herzliya di Tel Aviv, Ze’ev Degani, hanno pianificato un evento che avrebbe dovuto svolgersi nella scuola domenica, primo giorno dell’anno accademico, in cui avrebbero dichiarato pubblicamente il loro rifiuto. Degani è rimasto fermo di fronte alle pressioni del governo per cancellare l’evento, solo che il consiglio di amministrazione della scuola ha preso l’iniziativa di annullarlo. Degani si è dimesso in solidarietà con i giovani rifiutanti e gli adolescenti, insieme a una folla di oltre 400 coetanei e sostenitori, hanno organizzato comunque l’evento (Degani ha revocato le sue dimissioni alcuni giorni dopo). Di seguito riportiamo il discorso pronunciato alla cerimonia da Yahli Agai, neodiplomata della scuola superiore Ironi Dalet di Tel Aviv, che spiega perché lei e tanti altri hanno scelto di rifiutarsi, sia per protestare contro l’attuale governo di estrema destra, sia per le politiche portate avanti dai governi israeliani fin dalla creazione dello Stato.

La democrazia israeliana è un argomento controverso. Si discute molto sulla sua portata e sulla sua profondità, ma c’è un ampio consenso sul fatto che negli ultimi mesi sta per essere significativamente ristretta dal governo forse più estremo e antidemocratico che ci sia mai stato, attraverso una serie di leggi note come ‘revisione giudiziaria’.

Voglio dire alcune cose che spero stimolino la vostra riflessione sulla democrazia, ma non quella che tutti vi vendono: quella che inizia alle urne e finisce sul divano davanti al telegiornale, e che a volte esce per stare in strada con la bandiera israeliana quando le cose si mettono davvero male. [Sto parlando della democrazia che i vostri genitori, i vostri insegnanti e persino il Ministero dell’Istruzione forse non vogliono farvi conoscere: una democrazia più sfuggente, più minacciosa, più sexy, almeno secondo me. Ma prima voglio iniziare con una breve storia; vedrete che è collegata con ciò che sto dicendo.

Alcuni di voi probabilmente ricordano che qui dietro l’angolo, fino a circa due anni fa, sorgeva un insolito quartiere di piccole e vecchie case. Era un villaggio palestinese chiamato Summayl. Nella guerra del 1948, durante i pesanti combattimenti che ebbero luogo nell’area di Giaffa, gli abitanti del villaggio se ne andarono. Alcuni dicono che furono espulsi, altri che fuggirono, ma il fatto è che alla fine della guerra si ritrovarono rifugiati, fuori dai confini dello Stato di Israele, e le loro case e le loro terre furono confiscate dallo Stato.

Lo Stato insediò in queste case gli immigrati ebrei, la maggior parte dei quali provenienti da Paesi arabi. Anche questi immigrati erano profughi: forse erano fuggiti o forse erano stati espulsi dalle loro case e le loro proprietà erano state confiscate da un Paese che non li voleva. Nei decenni successivi hanno creato una nuova casa a Summayl, ma non è mai stata data loro la proprietà delle case o del terreno. Alla fine, il comune di Tel Aviv e i magnati [immobiliari] che avevano acquistato il terreno li hanno sfrattati e buttati in strada senza un adeguato risarcimento, per distruggere le case e costruire al loro posto torri di lusso per i ricchi.

Questa storia ricorda quella del villaggio di al-Jammasin al-Gharbi [a nord di Tel Aviv] – che è diventato il quartiere [Mizrahi] di Givat Amal e ora è [il complesso di appartamenti di lusso] Park Bavli – e di molti altri quartieri che hanno fatto una fine simile.

Un ex residente di Gival Amal tra le macerie della sua casa distrutta in quello che prima era il quartiere palestinese di al-Jammasin al-Gharbi, Tel Aviv, 18 settembre 2014. (Keren Manor/Activestills)

È una storia triste, ma come è collegata con ciò che sto cercando di dire? Ai miei occhi, il filo conduttore che collega la prima deportazione da Summayl nel 1948 alla seconda deportazione che si è conclusa nel 2021 è sempre la stessa ambizione di conquistare, espellere e usurpare; è la stessa scelta dell’avidità a scapito delle persone, della supremazia e dell’omogeneità a scapito di un tessuto di vita esistente, della forza antidemocratica a scapito di uguali diritti democratici. A Summayl, il danno iniziale è stato fatto ai palestinesi, poi agli ebrei non abbastanza bianchi o ricchi, e alla fine la scelta di demolire il quartiere a favore della costruzione di torri di lusso contribuisce ad aumentare il costo della vita a Tel Aviv e danneggia tutti i suoi residenti, e tutti coloro che vorrebbero vivere qui ma non possono permetterselo.

L’essenza di ciò che sto cercando di dire è riassunta in una nota frase del combattente per la libertà e la democrazia Dr. Martin Luther King Jr: “L’ingiustizia, ovunque esista, è una minaccia alla giustizia, ovunque esista”. Ciò che inizia come un attacco localizzato alla democrazia, un compromesso sui principi di giustizia e uguaglianza in un certo luogo, contro certe persone, prima o poi si diffonderà, riversandosi in ogni angolo, riempiendo ogni fessura e crescendo fino a raggiungere proporzioni mostruose, consumando anche chi ha iniziato il processo.

La revisione giudiziaria di Yariv Levin e Simcha Rothman è nata dai demoni che la società israeliana nascondeva nell’armadio, e oggi siamo testimoni di pratiche oppressive che da problema delle minoranze si trasformano in un problema dell’intera opinione pubblica – come i cannoni ad acqua e i liquidi puzzolenti che venivano regolarmente usati per disperdere le manifestazioni dei palestinesi, Come i cannoni ad acqua e i liquidi puzzolenti che venivano regolarmente usati per disperdere le manifestazioni di palestinesi, etiopi ed ebrei ultraortodossi e che ora sono diventati un evento regolare per il manifestante medio ashkenazita-secolare; o come l’ideologia della supremazia ebraica che i palestinesi e i richiedenti asilo hanno sentito sulla loro pelle fin dalla creazione dello Stato e che ora può essere percepita in ogni aspetto della vita in questo paese.

Sento regolarmente persone della nostra generazione – che è molto attiva e politicamente consapevole – esprimere la sensazione che i nostri genitori abbiano fallito. È un’affermazione dura, ma il motivo per cui ha un’eco in molti di noi è che ha un fondo di verità. Sentiamo che i nostri genitori hanno scelto finora di ignorare il mostro della dittatura [che già esiste]: un primo ministro corrotto che schiaccia il sistema giudiziario; politici manipolatori che mantengono intere comunità povere e ignoranti in modo che continuino a votarli; ministri e sindaci che servono avidi magnati e fregano ripetutamente le persone più deboli.

Dal mettere a tacere il discorso critico nel sistema educativo, al trascurare le località e le città palestinesi della periferia, al cacciare i poveri – soprattutto Mizrahim – dagli alloggi pubblici e dalla strada. Dagli insediamenti [in Cisgiordania] che violano il diritto internazionale e i cui residenti si dedicano al terrorismo ebraico fondamentalista, all’espulsione delle comunità palestinesi dall’Area C, a decenni di occupazione militare su un intero popolo, che ci pone tutti in un ciclo di sangue da incubo in cui tutti sono assassini e tutti vengono uccisi.

Palestinesi che partecipano al funerale di Muhammad Tamimi, 2 anni, nel villaggio cisgiordano di Nabi Saleh, morto quattro giorni dopo essere stato colpito alla testa da soldati israeliani vicino all’ingresso della sua casa a Nabi Saleh, Cisgiordania, 6 giugno 2023. (Oren Ziv)

L’ingiustizia si diffonderà sempre. Il Garin Torani [cellule religioso-sioniste che mirano a giudaizzare le aree all’interno della Linea Verde], che ieri ha scatenato disordini tra ebrei e palestinesi nelle “città miste”, oggi incita alla violenza contro la comunità LGBT. Dopo aver pubblicato i piani per l’eliminazione degli alloggi pubblici, il Kohelet Forum [un think tank di destra] si è mosso per sostenere la castrazione del sistema giudiziario. I partiti [ultraortodossi] di soli uomini finiranno per promuovere l’esclusione attiva delle donne dalla sfera pubblica. I coloni fascisti che sono stati educati nelle regioni di più brutale occupazione e supremazia ebraica – come [Itamar] Ben Gvir, [Bezalel] Smotrich e [Simcha] Rothman – diffonderanno esattamente la stessa supremazia ebraica dai loro seggi alla Knesset.

La realtà è che la stragrande maggioranza delle persone delle generazioni precedenti ha scelto di voltare le spalle agli eventi in corso. Forse perché non pensavano di essere coinvolti, o forse perché c’è qualcosa di comodo nell’indifferenza. Voglio credere che la nostra generazione sarà diversa, anche solo un po’ diversa.

Stiamo entrando nell’età adulta in un periodo di grandi sconvolgimenti e vedo con i miei occhi che molti di noi stanno dando attivamente forma a questi eventi. Leggiamo, parliamo, mettiamo in discussione le narrazioni dominanti che ci vengono propinate dal Ministero dell’Istruzione e, soprattutto, scendiamo in strada e gridiamo che non esiste una democrazia a metà. Non ci accontenteremo di una parvenza di uguaglianza, della mera fragranza dei diritti umani, della promessa non realizzata della libertà di espressione. Gridiamo: democrazia o ribellione.

In definitiva, la revisione giudiziaria è nata dall’indifferenza – verso l’ingiustizia e verso le grida delle minoranze. È nata dalla riluttanza di coloro che si definiscono di sinistra a riconoscere i propri privilegi e a tendere una mano riparatrice alle comunità diseredate.

Per me gli ultimi mesi sono stati un periodo di risveglio, di immersione in un intenso attivismo e, cosa forse ancora più importante, di apprendimento da persone le cui esperienze e lotte erano precedentemente invisibili per me. Lo stesso apprendimento che il Ministero dell’Istruzione considera abbastanza pericoloso da proibire che si svolga nelle scuole di oggi – per evitare che, Dio non voglia, si possa vedere oltre la ristretta visione del mondo che ci è stata data in pasto.

L’attivismo politico è a volte faticoso e scoraggiante, ma anche pieno di speranza. Oggi, insieme a voi, sono piena di speranza che la nostra generazione si lasci alle spalle l’indifferenza, l’alienazione, la partigianeria e il chiudere gli occhi, per sostituirli con la solidarietà, l’attenzione reciproca e una profonda preoccupazione per la giustizia, la libertà, l’uguaglianza e i valori su cui si fonda una vera democrazia per tutti.

Yahli Agai è un’attivista queer di sinistra di 18 anni di Tel Aviv. È membro della rete di refusenik Mesarvot e fondatrice del blocco giovanile anti-occupazione nelle proteste contro la revisione giudiziaria.

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Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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