Perché Karim Khan ha congelato il dossier Palestina. La Corte Penale Internazionale e i crimini di guerra israeliani a Gaza

Mag 26, 2023 | Notizie

di Romana Rubeo e Ramzy Baroud,  

Middle East Monitor, 24 maggio 2023. 

Karim Khan, procuratore capo della Corte Penale Internazionale, tiene una conferenza stampa a Khartoum, Sudan. 12 agosto 2021. [Mahmoud Hjaj – Anadolu Agency]

L’ultima guerra di Israele contro Gaza, iniziata il 9 maggio, ha ucciso 33 palestinesi, tra cui sei bambini, e ne ha feriti altre centinaia. La maggior parte delle persone uccise o ferite erano civili.

Il primo giorno della guerra, Maurice Hirsh, ex capo della Procura Militare dell’IDF, ha presentato una giustificazione ‘legale’ per la guerra di Israele. Ha scritto il seguente passaggio su Twitter: “Considerando il vantaggio militare ottenuto con l’eliminazione di questi terroristi di alto livello, è irrilevante chiedersi quanti bambini siano stati incidentalmente uccisi”.

Hirsh ha già usato questo tipo di logica in passato. Ad esempio, nell’agosto del 2022, ha scritto un articolo sul quotidiano israeliano Jerusalem Post, in cui giustificava gli attacchi dell’esercito israeliano contro la popolazione civile di Gaza. “Nel mondo della propaganda anti-israeliana e dei cicli di violenza apparentemente senza fine dei terroristi di Gaza, i molti odiatori e ignoranti senza scrupoli spesso si affannano a usare le parole ‘sproporzionato’ e ‘proporzionalità’ come motivazioni per condannare lo stato ebraico”.

Anche se per molti questa logica equivale a un discorso di odio e a una vera e propria giustificazione dei crimini di guerra, abbiamo deciso di chiedere il parere legale di un esperto di diritto internazionale. Gli abbiamo chiesto se le opinioni di Hirsh sono in qualche modo fondate.

Triestino Mariniello è un esperto di diritto internazionale e membro del team legale che rappresenta le vittime di Gaza davanti alla Corte Penale Internazionale (CPI).

Abbiamo chiesto al dottor Mariniello di riflettere sui commenti di Hirsh nel contesto della legalità, o illegalità, dell’ultima guerra israeliana a Gaza.

‘Il principio di distinzione’

“L’affermazione di Hirsh non ha alcuna validità in termini di diritto internazionale o di diritto umanitario”, dice Mariniello.

“Anche in quest’ultima operazione militare, le autorità israeliane sembrano aver violato i principi fondamentali del diritto dei conflitti armati, in particolare il principio di distinzione, che proibisce a qualsiasi Paese di attaccare direttamente obiettivi civili”, ha aggiunto.

Secondo Mariniello, il comportamento dell’esercito israeliano nell’ultimo attacco alla Striscia assediata ha seguito uno schema simile a quello delle guerre precedenti.

“I crimini più evidenti commessi a quanto pare durante l’ultima operazione militare israeliana sono gli attacchi deliberati e intenzionali contro obiettivi civili e l’uso eccessivo della forza. Queste violazioni non sono una novità. Hanno caratterizzato ogni singola operazione militare israeliana su Gaza assediata nel corso degli anni, compresi gli attacchi a scuole, ospedali, siti religiosi e sedi dei media”.

Obiettivi militari?

Israele, tuttavia, sostiene che i suoi attacchi mirano alle infrastrutture militari, e incolpa i militanti palestinesi di essersi rifugiati tra i civili.

Ma è proprio così?

“Gli attacchi israeliani sono stati effettuati su edifici residenziali di notte, mentre la popolazione civile dormiva, in presenza di persone che non partecipavano direttamente alle ostilità e senza che ci fossero ostilità in corso. In sostanza, non si trattava di obiettivi militari, secondo il diritto internazionale”, afferma Mariniello.

Nel suo articolo sul Jerusalem Post, Hirsh attacca “la moltitudine di odiatori e di ignoranti senza scrupoli” per aver enfatizzato concetti come proporzionalità e sproporzionalità nel diritto internazionale.

Per Mariniello, tuttavia, questi principi non sono una questione opinabile, ma sono fondamentali per il diritto internazionale durante i conflitti armati.

“L’altro pilastro del diritto internazionale e umanitario che sembra essere stato ignorato da Israele è il principio di proporzionalità, che vieta gli attacchi sproporzionati. Questo è già accaduto nei precedenti attacchi militari a Gaza”.

Mariniello prosegue parlando di altri due principi fondamentali del diritto internazionale, anch’essi ‘presumibilmente’ violati da Israele, in questa guerra e nelle guerre precedenti: “Il principio di necessità e l’obbligo di precauzione, che prevede che ‘la popolazione civile e i singoli civili godano di una protezione generale contro i pericoli derivanti dalle operazioni militari’.

Israele sta violando direttamente questi principi “perché non c’è stato alcun avvertimento preventivo (nonostante) si sapesse che i civili si trovavano nell’edificio durante la notte”.

Manca il contesto

Quello che di solito manca nelle analisi tipiche delle operazioni militari di Israele a Gaza assediata è il contesto più ampio. Ma è rilevante questo contesto quando si esamina la legalità o l’illegalità della guerra secondo il diritto internazionale?

Risponde Mariniello: “Il contesto e le ostilità non possono essere analizzati separatamente. I lanci di razzi e i bombardamenti fanno notizia, ma dobbiamo ricordare l’impatto permanente e quotidiano dell’occupazione israeliana e del controllo militare sulla popolazione civile (che paga il prezzo più alto), sia in Cisgiordania che a Gaza.

“Gaza è ancora occupata secondo il diritto internazionale ed è soggetta a un blocco che è entrato nel suo 17° anno. Il blocco ha un impatto devastante sulla vita dei residenti della Striscia, come evidenziato dalle organizzazioni per i diritti umani palestinesi, internazionali eisraeliane, che lo descrivono apertamente come una catastrofe umanitaria.”

Giustizia ritardata

Una cosa che frustra costantemente i palestinesi è il doppio standard esibito dalle istituzioni legali e politiche internazionali quando si tratta di Israele, in quanto violatore seriale del diritto internazionale, se paragonato a molti altri paesi o entità.

Israele non è mai stato ritenuto veramente responsabile per la sua occupazione militare, per il regime di apartheid o per i numerosi crimini di guerra commessi contro i palestinesi.

Ma i palestinesi e i loro sostenitori non si arrendono.

Abbiamo chiesto a Mariniello se le vittime palestinesi possono sperare in qualche forma di giustizia e di risarcimento.

“Gli attacchi diretti contro i civili e l’uso sproporzionato della forza non sono solo violazioni del diritto umanitario, ma sono anche crimini di guerra, che possono essere perseguiti anche in conformità con l’Articolo 8 dello Statuto di Roma”, che riguarda i crimini di guerra, ha detto Mariniello.

Due pesi e due misure

La storia recente ci ha insegnato che, quando la comunità internazionale è determinata a punire e sanzionare un Paese che viola il diritto internazionale, ci sono molte misure che possono essere adottate. Subito dopo il lancio dell’operazione militare russa in Ucraina nel febbraio 2022, ad esempio, sono state imposte migliaia di sanzioni a Mosca.

La Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto per il Presidente russo Vladimir Putin e per la Commissaria per i Diritti dei Bambini Maria Lvova-Belova, nonostante il fatto che né la Russia né l’Ucraina siano membri della CPI. Quindi la Corte non aveva la giurisdizione automatica per indagare sui crimini commessi durante il conflitto in corso.

Nel caso della Palestina, nonostante l’avvio di un’indagine nel marzo 2021, la ricerca della CPI sembra essere in una fase di stallo. Come si spiega tutto questo? Si tratta di un altro caso di due pesi e due misure?

Mariniello spiega: “Da un punto di vista legale, la politica dei doppi standard applicata dai Paesi occidentali è inaccettabile. I meccanismi del diritto internazionale non possono essere applicati in alcuni casi e ignorati in altri. Ad esempio, 43 Paesi si sono rivolti alla Corte Penale Internazionale nel caso dell’Ucraina. Tra questi ci sono cinque Paesi che si sono opposti all’indagine della CPI in Palestina”

“Questa selettività non riguarda solo la comunità internazionale, ma anche la CPI. La CPI rappresenta l’unica possibilità di giustizia per le vittime di crimini di guerra o di crimini contro l’umanità, considerando gli attacchi sistematici contro le popolazioni civili”.

Per quanto riguarda l’affermazione che Israele è una democrazia con un sano sistema giuridico e che sarebbe in grado di processare i propri presunti criminali di guerra, Mariniello replica: “Il sistema giudiziario israeliano ha dimostrato più volte di non essere in grado di fornire giustizia alle vittime di questi abusi. Ne siamo stati recentemente testimoni nel caso dell’uccisione della giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh“.

Karim Khan

Considerando che la CPI è una delle piattaforme più importanti per le vittime di crimini di guerra per ricevere un certo grado di giustizia, ma tenendo conto dei doppi standard e delle carenze della CPI stessa, cosa possono aspettarsi i Palestinesi?

Questa domanda diventa ancora più rilevante se consideriamo il fatto che, secondo il rapporto dell’Assemblea degli Stati Parte della CPI, il budget stanziato per l’indagine sulla Palestina era minimo. Questo non è affatto promettente.

“Purtroppo, dall’avvento di Karim Khan come Procuratore capo della CPI, l’indagine si è fermata”, afferma Mariniello. “Khan ha dimostrato che in altri casi le procedure possono essere molto rapide, quando c’è la volontà di procedere, come nel caso dell’Ucraina.”

“Purtroppo, la ‘volontà di procedere’ sembra assente nel caso della Palestina.”

“Nonostante il fatto che la procedura relativa alla Palestina sia ben documentata e sia stata avviata già nel 2009, l’attuale Procuratore sembra non avere intenzione di procedere”. Per Khan, “la Palestina non sembra una priorità”.

“Molte voci critiche hanno condannato questo atteggiamento, evidenziando come il Procuratore sia interessato solo alle indagini che godono del sostegno degli Stati Uniti e dei suoi potenti alleati. Queste accuse sembrano riflettersi nella decisione di congelare le indagini sui presunti crimini di guerra sia in Afghanistan che in Palestina. “

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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