di B. Michele,
Haaretz, 17 maggio 2023.
Ho una domanda: Che differenza c’è tra un terrorista che uccide una madre con le sue due figlie e uno stato che uccide – in una sola notte – una madre con la sua bambina di 4 anni, due genitori e il loro figlio, una bambina di 12 anni e il suo fratellino di 8, più altre due sorelle che sono vicine di casa? Qual è esattamente la differenza tra loro? E perché l’assassino è un terrorista e lo stato no? Dove sta scritto che uno stato non può essere un terrorista? E quante persone innocenti può uccidere uno stato prima di essere definito uno stato terrorista? E quanti bambini?
E perché una madre e le sue due figlie, uccise da un uomo malvagio, sono state vittime del terrore, mentre le madri e i bambini uccisi nella stessa notte sono solo “danni collaterali in attività di combattimento”? E se nell’auto in cui sono state uccise la madre e due figlie ci fossero stati anche un importante generale, il commissario di polizia e il capo dei servizi segreti, anche il loro assassino avrebbe potuto descrivere le donne come “danni collaterali in attività di combattimento” ed essere considerato un uomo giusto?
E perché, in nome di Dio, i vari comandanti militari sono convinti che il terrore che stanno attivando aumenterà la sacra “deterrenza”? E pensano che la deterrenza agirebbe su di noi se qualcuno uccidesse i nostri leader politici e militari? Al contrario. Diventeremmo solo più orgogliosi e la nostra determinazione salirebbe alle stelle. Ma noi, ne sono certi i nostri leader, non siamo loro. Noi siamo noi. Loro sono solo loro.
Quanta arroganza, razzismo e senso di superiorità hanno i nostri comandanti? Da 75 anni picchiamo [i palestinesi] con crudeltà disumana, da 56 anni ancora più intensamente. E ancora non si scoraggiano. Tornano ripetutamente a combattere la loro guerra di liberazione.
E perché poi questa stupida guerra? Dovrebbe chiamarsi “Operazione Pace per Bibi“. Non contiene una goccia di motivazione, di logica, di speranza o di beneficio. Solo cattiveria e fredda politica. Come al solito.
E perché ci siamo abituati a una dose quotidiana di due morti palestinesi, e a volte anche di più? Perché questi morti finiscono in angoli remoti dei giornali e ai margini dei notiziari – non lontano dai servizi speciali – in televisione? Perché bande di ragazzi selvaggi, come le bande di cani selvaggi nei film naturalistici, attaccano chi parla arabo e lo puniscono?
E perché alcuni di loro indossano tzitzit [indumenti con la frangia], come richiesto dalla halakha [legge ebraica], e si fanno crescere sulle guance i boccoli che sventolano durante un pogrom? Quanto tempo ci vorrà prima che costringano gli arabofoni a spazzare i marciapiedi con gli spazzolini da denti? Perché diavolo sto pagando per la dis-educazione di questi disgustosi teppisti? Perché la vendetta è diventata l’unico principio sacro della politica israeliana? Perché i residenti della zona che circonda Gaza non capiscono che devono manifestare a favore dei residenti di Gaza, che stanno soffrendo molto più di loro, piuttosto che contro di loro? Perché vengono ripetutamente sviati da profittatori di sangue, che nascondono tutti i loro fallimenti dietro le loro spalle impaurite?
E perché i malvagi e criminali coloni in Giudea e Samaria si sfogano abbattendo migliaia di ulivi appartenenti ai proprietari delle terre che hanno saccheggiato? Sono davvero così spaventati dalla vista di un ramo d’ulivo?
E perché e perché e perché… Tutte queste domande non sono state poste per ottenere risposte. Non ci sono più risposte. Sono state poste perché devono essere poste. Perché le sfreghiamo con forza sulla nostra pelle sempre più spessa. Per togliere la patina cornea che si accumula su di essa e che le fa perdere ogni sensibilità. Per esporre ancora una volta i nervi. E la carne ancora viva. E il sangue, il dolore, la rabbia e la vergogna.
Chi vive in una palude dovrebbe farlo ogni tanto. Per rimanere un essere umano. Per non diventare un rinoceronte.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.
.