Il governo di destra di Israele rappresenta l’ebraicizzazione del sionismo

Apr 6, 2023 | Notizie

di Haim Bresheeth-Žabner,

Mondoweiss, 31 marzo 2023.   

Il primo sionismo ha cercato di trasformare l’”ebreo del ghetto” nel militante sionista laico. Ma ora il nuovo governo israeliano non solo vuole spingere la società a destra, ma vuole anche smantellare la sua laicità.

Yitzchak Goldknopf, leader di United Torah Judaism con Itamar Ben-Gvir e altri parlamentari. (Foto: Yonatan Sindel/Flash 90)

Per tre lunghi mesi, migliaia di israeliani sono usciti in strada almeno due volte alla settimana per manifestare contro il loro nuovo governo di estrema destra. Le immagini comparse sui nostri schermi sono senza precedenti: enormi raduni nelle maggiori città, strade principali bloccate, la residenza ufficiale del premier sotto assedio, migliaia di persone che bloccano la strada per l’aeroporto ogni volta che Netanyahu si reca in un’altra capitale: ogni giovedì è ora una Giornata Nazionale di Scompiglio con la maggior parte dei servizi principali che si fermano o funzionano a malapena.

Per rendere le cose ancora più difficili per Netanyahu e i suoi indisciplinati fascisti della destra sionista, alcuni paesi europei e persino gli Stati Uniti hanno manifestato la loro disapprovazione. È la versione israeliana delle Rivoluzioni Colorate?

È chiaro che la maggior parte degli israeliani è contraria alla cosiddetta Riforma Giudiziaria, che i manifestanti chiamano golpe giudiziario. Anche alcuni elettori del Likud – che non sono i più educati nei momenti migliori – sono stati profondamente scossi dalla dimensione dei cambiamenti. Finché i cambiamenti riguardavano principalmente i territori occupati e gli oltre sei milioni e mezzo di palestinesi che vivono nella Palestina storica, la maggior parte degli israeliani avrebbe appoggiato il proprio governo come ha fatto spesso in passato; ma questo governo è chiaramente diverso – nelle intenzioni, nelle azioni, nel tono e soprattutto nella trasparenza sui propri obiettivi. E, per la prima volta, punta anche al cambiamento radicale della vita degli ebrei israeliani e non solo dei suoi sudditi palestinesi che vivono sotto un regime di apartheid militarizzato.

Questi cambiamenti sono sconvolgenti – troppi per essere enumerati in questa sede – e sono fortemente indirizzati alla mutazione non solo dello stile di governo, ma della natura stessa dell’identità ebraica. Ora, ricordiamo che il movimento sionista è stato, fin dal suo inizio, un progetto di ingegneria sociale di massa e di trasformazione dell’identità; un progetto di conversione dall’ebreo del ghetto al nuovo ebreo del militarismo coloniale: espansionista, arrogante ed escludente.

Quel militarismo si è riflesso nello sviluppo di Israele in uno Stato bellicoso con un enorme Complesso Militare Industriale, diventando lo stato di sicurezza per eccellenza. Il fatto che l’IDF, lo Shabak e l’intero ‘Stato profondo’ si siano schierati contro la revisione giudiziaria è la prova di quanto sia diventato fondamentale il conflitto interno – non sulla natura dell’occupazione e del progetto di insediamento in Palestina, ma sulla sua immagine pubblica, tra la vecchia élite e la nuova. In ogni caso, è una prova evidente della centralità dell’esercito in questo stato militarizzato e coloniale.

I governi passati, compresi quelli guidati da Netanyahu, hanno preferito una combinazione di negazione e offuscamento, di copertura e mimetizzazione dietro ovvie cortine fumogene, evitando di dichiarare apertamente i loro obiettivi politici in Palestina. Questo ha permesso a Israele di mantenere pubblicamente la favola dell’”unica democrazia in Medio Oriente”. E il trucco ha funzionato.

Ma dopo 75 anni di negazione del proprio ruolo nella terribile catastrofe che ha inflitto ai Palestinesi, il regime israeliano sta ora abbracciando le sue origini sioniste, discutendo apertamente la sua intenzione di controllare l’intera Palestina attraverso un esclusivo Stato ebraico di apartheid, con piani poco velati per l’espulsione del maggior numero possibile di Palestinesi.

Niente di tutto questo era un motivo abbastanza serio per iniziare a protestare contro Netanyahu per la maggior parte degli ebrei israeliani, che accettano l’occupazione e le sue iniquità senza pensarci due volte. Ma questo governo ha anche annunciato la sua intenzione di eliminare la legislazione laica esistente, trasformando praticamente Israele in uno Stato ebraico halachico [che segue le leggi della Torah], una variante dello Stato della Sharia [che segue le leggi del Corano].

L’intenzione di ‘religiosizzare’ la società israeliana (Hadatha in ebraico) è stata sconvolgente per quella parte della società israeliana che si considera ancora principalmente laica, in barba alla realtà e alle statistiche. Oltre il 50% degli israeliani si definisce religioso o Masorti, una forma meno restrittiva di ebraismo. Nel frattempo, la percentuale di ebrei ultra-ortodossi è aumentata in modo esponenziale, perché hanno un tasso di natalità significativamente più alto rispetto agli altri israeliani. Le statistiche sono chiare: Israele è tranquillamente sulla strada per diventare una versione ebraica della Repubblica Islamica. Mentre il sionismo storico era un movimento principalmente laico, questo è cambiato da un po’ di tempo attraverso l’ingegneria sociale di una nuova identità ebraica, proprio come il sionismo degli Yeshuv [ebrei insediati in Palestina prima del 1948] ha cercato di trasformare l'”ebreo del ghetto” in un pioniere sionista laico.

Questo sviluppo è arrivato da tempo e non è iniziato con la revisione giudiziaria.

Dall’ebreo del ghetto al militarismo ebraico

Mentre gli ebrei europei stavano diventando sempre più laici in molte parti d’Europa e negli Stati Uniti fin dall’inizio del XX secolo, questa versione di ebreo cosmopolita era la bestia nera del Sionismo, insieme alla sua immagine speculare – l’ebreo del ghetto. Gran parte dell’ispirazione di Herzl per il ‘Nuovo Ebreo’ proveniva dalla Prussia del XIX secolo –una fonte di ispirazione condivisa con Ben Gurion– che immaginava una potenza coloniale militarizzata che considerava il territorio circostante come Lebensraum [spazio vitale], uno spazio da occupare e ripulire etnicamente per consentire l’insediamento coloniale. Sia il sionismo che il nazionalismo prussiano hanno visto Sparta come un modello conforme alle loro ambizioni.

L’ebraicizzazione di questo modello politico ha richiesto un viaggio nazionalista nel passato ebraico, simile all’analogo viaggio del nazionalismo tedesco. Il passato preferito del sionismo sono le figure mitiche militarizzate come Giosuè dell’omonimo libro o Bar Kochva, figura eroica della grande ribellione della Giudea contro i Romani. Ma ahimè, il Libro di Giosuè non è uno dei successi letterari del testo biblico. I suoi 26 brevi capitoli sono la narrazione ripetitiva della distruzione totale di undici comunità indigene in Palestina; tutti i capitoli hanno una formulazione quasi identica, l’unica differenza è il nome della vittima. Questo libro pieno di sangue ­–che insiste sull’uccisione di uomini, donne, bambini e animali– è diventato un modello sacro per i sionisti come Ben-Gurion e i suoi generali nel 1948.

Le altre figure storiche che servono da ispirazione mitica per il giovane Israele sono gli Zeloti della fine del periodo del Secondo Tempio, che si battevano non solo contro i Romani, ma anche contro molti dei loro fratelli all’interno di Gerusalemme assediata, causando alla fine la caduta della città, la distruzione del tempio e il divieto per gli ebrei sopravvissuti di vivere in quella che divenne la città romana di Ilia Capitolina, costruita sulla capitale ebraica rasa al suolo. La cultura e l’apprendimento ebraico sopravvissero grazie al famoso rabbino e studioso Yohanan Ben-Zakkai, un oppositore giurato dello Zelotismo, che abbandonò la città assediata e firmò un accordo con i Romani in cui questi gli diedero la città di Yavne e i suoi dintorni, a un giorno di viaggio da Gerusalemme, allo scopo di costruirvi una città di saggi. In sostanza, questa sarebbe diventata la prima università ebraica nell’antica Palestina. Il giudaismo storico è impossibile da percepire senza questa città nella Palestina di due millenni fa, così come i due centri simili di apprendimento ebraico in quello che oggi è l’Iraq, costruiti circa cinquecento anni prima dalla diaspora babilonese e che hanno dato al mondo il Talmud babilonese.

Qui sta il problema: che cosa si sceglie dal passato ebraico per servire come modello di identità per una società che rivendica l’ebraismo come sua caratteristica distintiva? La scelta del sionismo storico in Palestina e poi in Israele è stata chiara: hanno adottato gli Zeloti e Giosuè come modelli. Dopo tutto, vedevano la conquista e lo sgombero della Palestina dalla popolazione indigena come il loro compito principale, consentendo la costruzione di uno Stato ebraico con il minimo di non ebrei. In questo modo, si è continuato a seguire le orme di Theodor Herzl con il suo piano di svuotare la Palestina dai suoi ‘poveri’ per stabilire lo Stato degli Ebrei.

Che questo obiettivo violento richieda una società tutt’altro che democratica sembra ovvio e, chiaramente, Israele non è mai stato democratico in alcun senso reale sin dalla sua nascita: era ed è rimasto una democrazia per la Herrenvolk [razza superiore], una democrazia per soli Ebrei. Ma ora che anche gli ebrei dovranno affrontare una perdita di diritti, le vecchie élite responsabili della Nakba e di tutto ciò che ne è seguito sono scese in piazza, mettendo in atto un complesso colpo di stato sostenuto dalle classi sociali militari-finanziarie-accademiche-industriali. [Netanyahu e suo figlio Yair si sono affrettati ad annunciare che gli Stati Uniti e la CIA hanno finanziato il movimento di protesta. Potrebbero avere ragione, se si considera la lunga storia di complicità degli Stati Uniti in simili colpi di stato in altre parti del mondo.] Vogliono difendere la loro “democrazia ebraica”, che ha sviluppato e radicato il progetto degli insediamenti illegali, con il pieno sostegno della Corte Suprema, il cuore di una “democrazia dei coloni”.

Il nuovo Israele si guarda allo specchio

Questa sensazione di confuso cambiamento pone agli ebrei che vivono all’estero un dilemma doloroso: continuare  a sostenere Israele in modo incondizionato e indiscutibile –come molti di loro fanno– oppure è il momento di un esame severo e introspettivo sulla loro identità? Quello che scopriranno è il quadro di un sionismo militarizzato e coloniale in piena regola, e anche privo di buone maniere.

Molti ebrei al di fuori di Israele dovranno ora affrontare la dolorosa consapevolezza che lo Stato ebraico che agisce in loro nome è diventato una creatura insopportabile e offensiva anche per la maggior parte dei suoi cittadini ebrei. Dopo tutto, cosa c’è di così ebraico nell’apartheid, nell’occupazione militare e in decenni di oppressione? Sebbene la maggior parte dei manifestanti sia sionista per inclinazione (e, si sospetta, per mancanza di analisi storica), essi trovano che l’attuale versione del controllo sionista non possa essere accettata. Netanyahu deve aver oltrepassato ogni linea rossa se si trova di fronte a un contro-golpe guidato dai riservisti dell’IDF, dallo Shabak e da un gruppo di ex-generali non noti per la loro eccessiva sensibilità ai diritti umani.

Anche le statistiche confermano messaggi inquietanti: Israele oggi è principalmente religioso e non democratico, un regime di disuguaglianza e di occupazione militare, più di destra che mai, con o senza Netanyahu. Le statistiche demografiche indicano una rapida intensificazione di queste tendenze. Il governo di Netanyahu è stato democraticamente eletto con i voti di questa maggioranza antidemocratica. Il sionismo è arrivato dopo un lungo viaggio politico e si trova di fronte a israeliani, ebrei e altri con un dilemma doloroso: bisogna sostenere questo regime razzista e ingiusto che si prepara a espropriare ed espellere ancora più palestinesi? Preferire l’ebraismo del pacifico Yohanan Ben Zakkai o quello del sanguinario conquistatore Giosuè e del neofascista Itamar Ben Gvir?

Sia per gli ebrei che per i non ebrei, sostenere questa terrificante versione del sionismo in nome del sostegno a una democrazia ebraica è una farsa che persino gli israeliani stanno trovando offensiva. È giunto il momento per gli ebrei e per tutti noi di fare i conti con il razzismo e l’oppressione sionista e di cercare invece un sistema politico non sionista che offra uguaglianza e giustizia a tutti coloro che vivono tra il fiume e il mare. Non farlo minaccia la vita di tutti.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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