di Philip Weiss,
Mondoweiss, 5 dicembre 2022.
L’amministratore delegato di J Street annuncia un importante cambio di rotta, chiedendo di mettere sotto controllo gli aiuti statunitensi a Israele che viola i diritti umani.
Il sostegno dell’establishment ebraico americano a Israele, che viola i diritti umani dei palestinesi, sta minando i “valori ebraici” e causando l’abbandono della comunità ebraica da parte di “ampie fasce” di ebrei, ha avvertito Jeremy Ben-Ami, amministratore delegato del gruppo sionista liberale J Street, in un discorso tenuto sabato sera.
Ben-Ami ha annunciato un’importante svolta nell’attivismo del suo gruppo: limitare gli aiuti statunitensi a Israele per le sue violazioni dei diritti umani e non enfatizzare la soluzione dei due Stati.
“Forse è giunto il momento di una seria supervisione e di un’assunzione di responsabilità su come vengono effettivamente utilizzati i nostri aiuti a Israele.”
Ha paragonato la Palestina all’Ucraina sotto l’invasione russa e ha detto che dobbiamo assicurarci che i nostri “dollari delle tasse non vengano usati per favorire la costruzione di insediamenti, la demolizione di case o altre azioni che aggravano l’occupazione”.
Ha affermato che tale responsabilità è fondamentale per la sopravvivenza della comunità ebraica statunitense:
“Crediamo che la nostra comunità, per il suo bene e ancor più per quello di Israele, debba radicare la propria identità in un impegno non verso una bandiera o un pezzo di terra, ma verso un insieme di principi e valori. Amici miei, se non lo facciamo, vedremo ampie fasce della nostra comunità allontanarsi. Non solo si allontaneranno dall’impegno con Israele, come sta già accadendo. Si allontaneranno dalla stessa comunità ebraica”.
Ben-Ami ha affermato che il sostegno cieco a Israele da parte dell’AIPAC e di altre organizzazioni ebraiche di vecchia data rappresenta una “crisi fondamentale” per la vita ebraica in America, perché contraddice i tradizionali valori ebraici liberali.
L’AIPAC ha già risposto: J Street è contro Israele, dice. E il Segretario di Stato Tony Blinken è impegnato a fornire aiuti illimitati a Israele.
Il nuovo governo israeliano ha dato lo spunto al discorso di Ben-Ami. Il prossimo governo israeliano “sembra destinato a intraprendere azioni contrarie ai valori che gli ebrei americani insegnano ai propri figli come essenziali dell’identità ebraica”, tra cui il sostegno ai diritti civili, al movimento sindacale, al movimento femminile e alle libertà LGBTQ, ha dichiarato Ben-Ami.
“Come possiamo spiegare ai nostri figli e ai nostri nipoti, per non parlare di noi stessi, che questi valori sono il nucleo dell’identità ebraica, mentre lo Stato del popolo ebraico nega a un altro popolo i suoi diritti e la sua uguaglianza, e mette a repentaglio le regole del diritto internazionale. Questa è una crisi fondamentale che incombe sulla nostra comunità per i prossimi anni. Coloro che nell’establishment della nostra comunità insistono sul fatto che l’America ebraica deve essere unita e indiscutibilmente fedele a Israele, a prescindere da tutto, stanno rendendo un profondo, profondissimo, disservizio all’integrità della comunità ebraica.”
La svolta di Ben-Ami segue il percorso di altri sostenitori di Israele. 12 anni fa Peter Beinart, allora sionista liberale, disse che il sostegno della comunità organizzata a Israele aveva generato una crisi nella vita ebraica. Il giovane gruppo ebraico di sinistra IfNotNow si è sollevato contro il massacro israeliano del 2014 e da allora ha denunciato con forza l’apartheid israeliano e l’AIPAC. Giornalisti espliciti come Jeffrey Goldberg e Tom Friedman sembrano aver abbandonato il loro impegno a favore di un Israele che continua a seguire la sua rotta verso destra.
I commenti di Ben-Ami riecheggiano le dichiarazioni di Tony Klug e Sylvain Cypel, secondo cui le violazioni israeliane dei diritti umani minano ora la vita ebraica in Occidente, perché l’obbligo di sostenere Israele sta dando agli ebrei una cattiva reputazione. Essi infatti stanno sostenendo una “nazione delinquente”, secondo le parole di Cypel.
Da tempo anch’io spingo J Street a riconoscere che Israele sta praticando l’apartheid e che la demolizione dei diritti e dell’umanità dei palestinesi sono violazioni del diritto internazionale. Ben-Ami si è avvicinato a queste valutazioni quando ha detto che “lo Stato del popolo ebraico sta negando a un altro popolo i suoi diritti e la sua uguaglianza e sta violando le regole del diritto internazionale” e sta imponendo “punizioni collettive ai palestinesi, facendo rispettare due diversi sistemi di legge a due popoli vicini, solo in base alla loro etnia”.
Ma Ben-Ami rimane un fervente sionista (che approva Jabotinsky e ha evocato i suoi genitori che hanno combattuto per Israele, compreso suo padre che militava nella milizia terroristica Irgun). Non ha appoggiato l’appello palestinese al BDS, o al boicottaggio di Israele per le sue violazioni dei diritti umani. J Street ha stroncato il sostegno al BDS all’interno della sua sezione universitaria. E mentre riconosce le esigenze di “sicurezza” di Israele, Ben-Ami non ha mai riconosciuto i 200 palestinesi uccisi dalle forze israeliane quest’anno, né tantomeno i ripetuti massacri di palestinesi a Gaza.
Quindici anni fa, J Street è nata come organizzazione favorevole a una soluzione a due Stati. All’epoca, però, il Presidente americano sosteneva i due Stati e lo stesso facevano i suoi Segretari di Stato, George Bush e Condoleezza Rice. Ben-Ami vuole ancora una soluzione a due Stati per preservare lo Stato ebraico, ma ha riconosciuto che la possibilità di questa soluzione è “esile” nel contesto della “realtà di uno Stato” non democratico, in cui Israele cerca di “cementare il controllo permanente e non democratico su milioni di palestinesi”.
Molti sionisti liberali stanno ora “alzando le mani in segno di disperazione, chiedendosi se sia giunto il momento di andarsene”, ha affermato.
Ma ha promesso di condurre una lotta all’interno della comunità ebraica americana organizzata, per decidere chi rappresenta la “maggioranza” della comunità. Quando l’AIPAC appoggia i negazionisti trumpiani delle elezioni, come Jim Jordan e Scott Perry, solo perché sono pro-Israele, “non ci rappresenta, non è la voce politica della comunità ebraica americana”, ha detto Ben-Ami.
Il nostro sostegno politico non andrà a chi non si batte per la giustizia, non si batte per accordi diplomatici, non si batte per la democrazia qui, in Israele e nel mondo.
Si tratta di un discorso importante, perché segna una guerra aperta all’interno della lobby israeliana e della comunità ebraica in generale. Un ampio segmento della giovane comunità ebraica è antisionista, cosa non riconosciuta nel discorso di Ben-Ami; e anche loro avranno voce in capitolo su chi ci rappresenta.
I miei ringraziamenti a James North.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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Se l’antisionismo è antisemitismo, allora chi produce in continuazione nuovo antisemitismo è Israele, le cui azioni dimostrano che il sionismo non è altro che una delle tante espressioni del colonialismo occidentale.