L’UNRWA ancora una volta sotto i riflettori internazionali

di:Francesca Albanese e Samar Muhareb,   

Jadaliyya, 16 aprile 2021. 

Foto del Dr. Lex Takkenberg, ex Capo Etica dell’UNRWA.

Gli Stati Uniti hanno recentemente annunciato il piano di ripristinare il sostegno finanziario USA all’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e il Lavoro per i rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (UNRWA) con un contributo di 150 milioni di dollari da inserire nel loro pacchetto globale di aiuti ai palestinesi. Il ripristino degli aiuti statunitensi all’UNRWA e ai palestinesi in generale è certamente benvenuto e necessario. I problemi che l’UNRWA deve affrontare, tuttavia, non sono solo finanziari. Anche dopo la ripresa dei finanziamenti statunitensi, è improbabile che un approccio caratterizzato dal “tutto come prima”, da un ampliamento della base dei donatori e da ulteriori efficientamenti operativi e di programma, possa funzionare, in primo luogo per i rifugiati. Soprattutto perché il “programma di riforme” sollecitato dagli Stati Uniti come condizione per ripristinare gli aiuti pone rischi che possono essere evitati solo attraverso una riaffermazione rafforzata, condivisa e coraggiosa del mandato, della visione e della direzione strategica dell’Agenzia. L’imminente Conferenza UNRWA offre un’opportunità per sostenere e portare avanti questa visione, e non va perduta. 

Il rinnovato sostegno degli Stati Uniti all’UNRWA non potrebbe arrivare in un momento più critico. La diffusione del COVID-19 ha notevolmente deteriorato una situazione umanitaria già disastrosa nella maggior parte dell’area in cui opera l’UNRWA: la Cisgiordania e Gaza che sono sotto un’irriducibile occupazione di insediamento coloniale, con Gaza che è anche sotto un blocco “medievale” da ormai quattordici anni; la Siria che è intrappolata in una guerra violenta da dieci anni e ancora in atto; il Libano che è in una spirale economica e politica verso il basso; per non parlare delle recenti turbolenze in Giordania. In questo momento in cui aumenta la domanda per i servizi dell’UNRWA, il peggioramento delle condizioni finanziarie ha compromesso la capacità dell’agenzia di rispondere ai bisogni dei rifugiati. Inoltre, sulla scia dell’accordo di normalizzazione con Israele, i paesi del Golfo, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, hanno ridotto i contributi annunciati per l’UNRWA, a dimostrazione del fatto che la situazione in cui opera l’UNRWA continuerà ad essere influenzata dal contesto geopolitico.    

Sebbene positiva, la ripresa dei finanziamenti statunitensi non placa tutte le preoccupazioni. In primo luogo, l’importo che gli Stati Uniti si sono appena impegnati a versare all’UNRWA è meno della metà di quello che fornivano prima dell’interruzione dei finanziamenti (erano 360 milioni di dollari nel 2018). È quindi necessario che questo contributo iniziale venga presto completato per compensare la riduzione rispetto al contributo precedente. Vale la pena ricordare che il sostegno finanziario e politico all’UNRWA continua ad essere il minimo che la comunità internazionale può dimostrare nei confronti dei rifugiati, fino a quando non verrà raggiunta una soluzione giusta e duratura alla loro situazione.

In secondo luogo, le previsioni anticipano che, anche dopo la ripresa dei finanziamenti statunitensi, il 2021 sarà l’anno della peggiore crisi finanziaria dalla fondazione dell’agenzia. I segni ci sono. L’UNRWA continuerà a registrare un numero crescente di rifugiati; questo è l’effetto della prolungata mancanza di soluzione della questione dei rifugiati palestinesi, non della volontà o del modus operandi dell’UNRWA. Inoltre, l’UNRWA continuerà a risentire della ridotta capacità di autosostentamento dei rifugiati, con il conseguente aumento della richiesta di aiuto all’agenzia e la dipendenza dai suoi servizi. Questo sarà il risultato delle guerre e dell’instabilità che devastano l’area di operazioni dell’UNRWA, ma anche dell’imprenditoria palestinese contenuta e compressa, che è sempre meno benvenuta nella regione araba rispetto al passato. Infine, ma non meno importante, la crisi da COVID-19, che ha avuto un impatto mondiale, potrebbe rendere difficile per altri donatori onorare i propri impegni.   

In terzo luogo, la ripresa dei finanziamenti statunitensi implica un forte messaggio politico a sostegno dei rifugiati palestinesi e dell’UNRWA, dopo gli arroventati sforzi per negare la legittimità dei rifugiati palestinesi e dell’UNRWA; questi attacchi, lanciati nell’ultimo decennio o giù di lì da complici politici e opinionisti vari negli Stati Uniti, in Israele e in altre parti, hanno senza dubbio spezzato la resistenza dell’agenzia e la sua capacità di concentrarsi sul lavoro da fare. La fine di un’aspra lotta diplomatica con gli Stati Uniti è tanto più benvenuta in un momento in cui sono più scarse le possibilità dell’UNRWA di costruire alleanze, sia a livello regionale che internazionale, e cresce l’indifferenza per la difficile situazione dei rifugiati palestinesi e la necessità di sostenere l’UNRWA. Tragicamente, questo accade nel momento in cui gli sforzi dell’UNRWA nella regione sono più necessari che mai, ad esempio per sostenere i rifugiati palestinesi in Siria con la tanto necessaria ricostruzione di cui abbisognano le strutture dell’UNRWA nel paese.   

Chiaramente, i problemi che l’UNRWA deve affrontare non sono solo finanziari. Siamo franchi: i problemi economici quasi perpetui dell’UNRWA (come si evince dai rapporti annuali dell’UNRWA all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite fin dall’inizio degli anni ’50) mostrano chiaramente che la sola “amministrazione” della dimensione umana dell’irrisolto conflitto israelo-palestinese, tragicamente incarnata nelle condizioni imposte ai profughi, non funziona più. Questa realtà, e il vuoto politico attorno alla questione dei rifugiati palestinesi che è seguìto al crollo del processo di pace in Medio Oriente, spinge a un riesame critico fin dalle fondamenta del modo in cui è stata affrontata la questione dei rifugiati palestinesi e di come l’agenzia l’ha interpretata e ha attuato il suo mandato negli ultimi settant’anni.

È necessario un cambiamento fondamentale nel modo in cui viene affrontata la questione dei rifugiati palestinesi, e l’UNRWA deve essere al centro di questa discussione. Non solo per quello che rappresenta come agenzia ONU, il cui mandato deriva dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma anche per i rifugiati che protegge. Ci vorrà tempo per esplorare, discutere e articolare diverse visioni e scenari economici, politici e sociali. Eppure c’è un’occasione che l’UNRWA, nell’interesse dei profughi palestinesi, non deve perdere.

È attualmente in preparazione una conferenza internazionale sull’UNRWA, sebbene non sia stata fissata una data. Secondo una nota dell’UNRWA, vista dagli autori di questo articolo, la prossima conferenza mira a rafforzare la capacità dell’agenzia di fornire servizi ai rifugiati palestinesi in modo sostenibile e prevedibile, in linea con il suo mandato. Come sembra, questo fa parte di un processo di pianificazione dell’UNRWA volto verso una nuova visione e una nuova strategia a medio termine per l’agenzia. Questo evento rappresenta per l’agenzia un’occasione d’oro per affrontare questioni vitali come il suo attuale deficit di bilancio, la sua sostenibilità, il suo mandato e, ultimo ma non meno importante, per garantire la protezione e il benessere di milioni di rifugiati della regione nella loro critica situazione umanitaria e politica.

Lodevolmente, la Svezia e la Giordania sono attivamente impegnate a guidare la preparazione della conferenza, così come hanno fatto nelle recenti iniziative di sostegno economico che hanno avuto luogo dall’inizio del 2018, a seguito della crisi finanziaria causata dal ritiro dei finanziamenti statunitensi. L’impegno di entrambi i paesi in questo processo è fondamentale. La Giordania ospita il maggior numero di rifugiati palestinesi nella regione e collabora con la Svezia in questo sforzo, ciò che può essere visto come una riaffermazione della centralità del problema dei rifugiati palestinesi, sia come questione regionale sia come responsabilità internazionale irrisolta (e non come una questione bilaterale sullo status definitivo, come l’aveva definita Oslo).  

È auspicabile che l’imminente conferenza consenta all’UNRWA e ai suoi principali interlocutori di riflettere sui risultati e sugli insegnamenti tratti nell’ultimo decennio da contesti veramente partecipativi. A differenza dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l’UNRWA ha ancora molta strada da fare per arrivare a una situazione in cui i rifugiati palestinesi, così come la loro società civile, inclusi il mondo accademico e le ONG, siano significativamente coinvolti nelle sedi in cui vengono prese le decisioni essenziali riguardanti l’agenzia e i rifugiati, come le riunioni della Commissione Consultiva dell’agenzia, così come nei suoi processi di pianificazione strategica. La prossima conferenza offre la possibilità di provare a fare le cose in modo diverso. Ad esempio, l’UNRWA potrebbe trarre vantaggio dall’esperienza fatta nelle conferenze di Bruxelles sul futuro della Siria e della regione, nonché dall’approccio multilaterale dell’UNHCR per rispondere in modo comprensivo alle situazioni che hanno prodotto dei rifugiati, compresi i casi di più lunga durata. Coinvolgendo i rappresentanti dei rifugiati, la società civile, le ONG (internazionali) e il mondo accademico nei preparativi della conferenza –anche attraverso la convocazione di gruppi di discussione specifici nei campi profughi– e nella conferenza stessa dando vita a un dialogo con la società civile prima ancora che con la sfera ministeriale/di alto livello, è possibile aspettarsi un risultato più sostenibile. 

Diverse organizzazioni nella regione, come Aidoun, Arab Renaissance for Democracy and Development (ARDD), BADIL e altre, sono in una posizione privilegiata per lavorare come ponte tra rifugiati, società civile e responsabili politici. L’UNRWA, la Svezia e la Giordania dovrebbero trarre vantaggio da questi attori e queste reti per coinvolgere le voci dei rifugiati nel sostenere l’agenzia e delineare una visione e una strategia a medio termine, per andare oltre la mera “gestione del problema dei rifugiati” verso un approccio globale che affronti i vari aspetti di questa che è la più prolungata questione dei rifugiati del nostro tempo.   

È solo ogni dieci anni circa che l’UNRWA ha la possibilità di organizzare una conferenza internazionale e non può permettersi di perdere l’occasione di farlo bene. L’UNRWA e gli organizzatori della conferenza dovrebbero usare strategicamente l’occasione per ottenere il miglior risultato possibile sia per l’agenzia che per i rifugiati. Questa potrebbe essere l’unica opportunità per l’UNRWA e altre parti interessate, e soprattutto per i rifugiati palestinesi, di discutere apertamente un’agenda o una riforma dell’UNRWA, prima che qualcuno la imponga a un’UNRWA impoverita, esaurita e messa alle strette come non mai. 

https://www.jadaliyya.com/Details/42625/UNRWA-Back-in-the-Spotlight-Restoration-of-US-aid-and-an-International-Conference

Traduzione di Donato Cioli – AssoPacePalestina

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