di Nati Yefet,
Haaretz, 28 luglio 2023.
Il giudice ha respinto l’accusa di segregazione razziale sostenendo che chiunque avrà il diritto di acquistare una proprietà nel nuovo quartiere, ma questo non è applicabile a una comunità impoverita i cui membri vorrebbero vivere insieme.
Un tribunale israeliano ha ordinato l’evacuazione di circa 550 residenti di un villaggio beduino non riconosciuto nel sud di Israele, per costruire un nuovo quartiere della città di Dimona.
All’inizio di questa settimana, il tribunale di Be’er Sheva ha accolto le richieste dell’Israel Land Authority, imponendo ai residenti del villaggio beduino non riconosciuto di Ras Jrabah di evacuare entro marzo 2024.
Basando la sua sentenza su foto aeree e altre prove, il giudice Menachem Shahak ha respinto le affermazioni degli abitanti del villaggio, che sostengono di aver vissuto nell’area fin dai tempi del Mandato Britannico in Palestina. Shahak ha affermato che le prove presentate in tribunale dimostrano che l’area è stata abitata per la prima volta solo negli anni Settanta.
Ha inoltre ordinato agli abitanti del villaggio di pagare 117.000 shekel di spese legali. I loro avvocati, tutti del centro legale Adalah per i Diritti delle Minoranze Arabe in Israele, hanno dichiarato che faranno appello al tribunale distrettuale.
L’Israel Land Authority (ILA) ha tentato per la prima volta di evacuare il villaggio 30 anni fa. L’attuale causa è stata intentata nuovamente dall’ILA poiché la municipalità di Dimona ha espresso l’intenzione di costruire dove ora sorge il villaggio un nuovo quartiere, che dovrebbe contenere circa 11.000 unità abitative su 1000 ettari di terreno, con metà dell’area destinata a essere edificata.
Gli abitanti del villaggio hanno chiesto di essere integrati nel nuovo quartiere in un complesso rurale e adattato al loro stile di vita. Il giudice ha respinto la richiesta sostenendo di non poter intervenire perché solo l’Autorità Beduina è autorizzata a offrire loro soluzioni di questo tipo.
Il giudice ha anche respinto le accuse di segregazione razziale da parte dei residenti, affermando che ciascuno degli sfollati ha il diritto di acquistare terreni e unità abitative nel nuovo quartiere. Tuttavia, una simile prospettiva è irrilevante per una comunità i cui membri non hanno la possibilità economica di acquistare immobili e vorrebbero vivere insieme.
L’Autorità per gli Insediamenti Beduini ha offerto agli abitanti del villaggio un risarcimento per il loro sfratto con lotti di 500 metri quadrati nel territorio di Qasr al-Sir, ma questo è stato rifiutato perché queste terre sono coinvolte in una disputa sulla proprietà. L’Autorità ha anche proposto di trasferirli nella città di Arara, nel Negev, ma anche questo è stato rifiutato perché potrebbe danneggiare il tessuto sociale del villaggio.
“Se ci spostano in un luogo a cui non siamo abituati avremo problemi fin dall’inizio”, ha dichiarato l’anno scorso ad Haaretz Ibrahim Al Hawashleh, un residente di Ras Jrabah. “Molti beduini che si sono trasferiti in altre città beduine hanno avuto un peggioramento nella criminalità”.
“Qui non c’è criminalità, violenza o droga”, ha aggiunto Ibrahim. “Non permetteremo che cambino le nostre vite e la nostra cultura. Resteremo ad allevare animali e a guadagnarci da vivere con gli animali. È così che siamo stati cresciuti. Siamo beduini e figli di beduini”.
Anche Freij Al Hawashleh, uno degli anziani di Ras Jrabah, ha dichiarato ad Haaretz l’anno scorso: “Per tutta la vita abbiamo aiutato le persone di Dimona con cui abbiamo avuto un buon rapporto. Abbiamo fornito loro l’acqua del pozzo, il latte di capra, hanno comprato zucchero e tè da noi e hanno ricevuto qualsiasi aiuto volessero. Cosa è successo ora che vogliono ospitare altre persone al nostro posto?”.
“Vogliono prendere la nostra terra e umiliarci e si aspettano che stiamo in silenzio, ma noi resteremo qui e moriremo qui“, ha aggiunto.
Il Centro Adalah ha dichiarato in risposta che la sentenza è “un’illustrazione di come il regime fondiario israeliano e i procedimenti legali che lo istituiscono, creino un sistema metodico di segregazione razziale che equivale al crimine di apartheid secondo il diritto internazionale”.
Il Centro ha inoltre affermato che, come nei casi di altri villaggi beduini sfollati, come Umm al-Hiran nel Negev, “la sentenza mostra chiaramente che i diritti protetti dalle Leggi Fondamentali di Israele non sono sufficienti a difendere i diritti costituzionali dei palestinesi, o ad eliminare i principi razzisti alla base della politica di insediamento di Israele”.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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