di Tauriq Jenkins,
Mondoweiss, 28 novembre 2024.
In questo Black Friday, boicotta Amazon per porre fine alla complicità di Big Tech nell’omicidio di massa dei palestinesi.

Il ruolo dei giganti tecnologici come Google e Amazon Web Services (AWS) nel perpetrare il plausibile genocidio a Gaza è sempre più sotto esame. La loro partecipazione in operazioni militari avanzate li implica in violazioni del Diritto Internazionale Umanitario (IHL) e del Diritto Internazionale dei Diritti Umani (IHRL). La Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) ha già emesso delle raccomandazioni agli stati e alle aziende private di fermare la loro complicità nel genocidio di Israele. Il ruolo dell’industria tecnologica nella violenza sponsorizzata dallo stato non può essere ignorato.
#MakeAmazonPay è una campagna di 80 organizzazioni, in tutti i continenti, che pone l’accento sui vari abusi commessi dal gigante aziendale in materia di lavoro, tasse, clima, dati e giustizia razziale, e che ha raccolto l’appoggio di centinaia di legislatori e un sostegno massiccio da tutto il mondo. Dal 2020, hanno organizzato quattro giornate globali di azione in occasione del Black Friday. Quest’anno, la campagna metterà in evidenza la complicità di Amazon nel genocidio contro i Palestinesi, poiché il Black Friday cade proprio nella Giornata Internazionale di Solidarietà con il Popolo Palestinese.
Progetto Nimbus e armamento automatizzato: la tecnologia in guerra
Le aziende tecnologiche come Google e Amazon sono direttamente complici dell’arresto e della tortura diffusa e sistematica dei palestinesi da parte di Israele. Secondo l’American Friends Service Committee (AFSC), il Progetto Nimbus serve “tutti i rami e le unità del governo israeliano”, compreso l’esercito. Google e Amazon sono quindi direttamente complici del sistema carcerario israeliano, favorendo l’arresto di massa, la tortura e in alcuni casi l’omicidio di prigionieri e ostaggi palestinesi. Il Progetto Nimbus fornisce anche la piattaforma cloud per il genocidio di Israele, alimentato dall’AI e trasmesso in diretta streaming. –Comitato Nazionale BDS Palestinese, 30 luglio 2024.
Al centro della controversia c’è il Progetto Nimbus, una collaborazione tra Google, AWS e le Forze di Difesa Israeliane (IDF), più comunemente note come Forze di Occupazione Israeliane (IOF). Questo progetto, in cui Google e AWS forniscono all’IOF servizi di cloud computing e di intelligenza artificiale, aumenta in modo significativo le capacità di sorveglianza e di armamento automatizzato di Israele. Uno di questi sistemi è l’Habsora, la parola ebraica per “Vangelo”, un nuovissimo metodo di guerra che impiega la tecnologia cloud per il targeting di precisione, che spesso provoca vittime civili di massa. Come riporta Wired, questi sistemi utilizzano una sofisticata analisi dei dati per identificare e colpire gli individui, sollevando questioni critiche riguardo alla distinzione tra combattenti e civili – un principio fondamentale del diritto internazionale umanitario.
In parole povere, Habsora utilizza l’intelligenza artificiale per identificare e colpire i membri di Hamas, generando 100-200 obiettivi al giorno. Successivamente, l’IOF effettua degli attacchi aerei su questi obiettivi durante le ore in cui è quasi garantito che si trovino a casa con le loro famiglie, col conseguente massacro generalizzato di persone innocenti. In questo caso, si può ragionevolmente sostenere che l’IA viene utilizzata per due motivi: uno: la massima distruzione, fornendo un numero così elevato di obiettivi e due: una cortina di fumo dietro cui nascondersi per ‘giustificare’ l’enorme numero di vittime civili. La verifica umana non è richiesta nella procedura dell’IOF.
Il dispiegamento di Habsora, facilitato da Google e AWS, viola direttamente il principio di distinzione ai sensi del diritto internazionale umanitario, che impone una chiara differenziazione tra obiettivi militari e non combattenti. +972 Mag ha evidenziato come queste tecnologie offuschino questa distinzione, coinvolgendo queste aziende in violazioni del diritto internazionale.
Il Diritto Internazionale Umanitario e il Diritto Internazionale dei Diritti Umani, supportati dalle attuali sentenze della Corte Internazionale di Giustizia, vietano esplicitamente agli stati e alle aziende di sostenere entità coinvolte in attività di genocidio. No Tech For Apartheid sottolinea che i servizi forniti da Google e AWS sono parte integrante delle operazioni dell’IOF a Gaza, rendendo questi giganti tecnologici complici di potenziali crimini di guerra. The Guardian esplora inoltre il dilemma che i governi che fanno affidamento su queste aziende devono affrontare: come bilanciare le loro dipendenze tecnologiche con l’imperativo morale di disinvestire da entità implicate in abusi dei diritti umani.
AWS in Sudafrica: Un’eredità del colonialismo
Le operazioni di AWS in Sudafrica aggiungono un altro livello di complessità. AWS, la divisione più redditizia di Amazon, ha contratti significativi con le principali organizzazioni di intelligence e di difesa, tra cui il Pentagono, la CIA, l’MI5 e l’MI6. Chris Pinkham, che ha svolto un ruolo cruciale nella costruzione del sistema di cloud computing di AWS, ha iniziato la sua carriera a Città del Capo e in seguito ha lavorato a Nimbula, un progetto stranamente simile nel nome al Project Nimbus.
La controversia si estende alla sede africana di AWS a Città del Capo, attualmente in costruzione presso il River Club, un luogo di immenso significato ambientale e patrimoniale per le comunità San e Khoi. Questo sviluppo riecheggia l’espropriazione coloniale storicamente inflitta a questi gruppi indigeni. La Compagnia Olandese delle Indie Orientali, la prima grande azienda, stabilì qui il suo punto d’appoggio, scatenando la Prima Guerra Khoi-Olanda nel 1659. Oggi, il quartier generale di Amazon che sta per essere costruito in questo sito, sta pavimentando un luogo che è simbolico del genocidio coloniale e di fatto equivale alla negazione del genocidio. La ‘bomba’ coloniale che atterrò a Città del Capo a metà del 1600 portò successivamente alla pulizia etnica e al genocidio, oltre che alle guerre di liberazione e di resistenza, che si estesero a tutta l’Africa meridionale, fino alla Namibia, al Botswana e all’Angola.
Il sito conserva quindi ricordi profondi per i popoli Khoi e San e voremmo vederlo utilizzato come luogo di guarigione e riconciliazione, non di avidità aziendale e guadagno commerciale. Il coinvolgimento di Amazon nell’area rispecchia questa eredità coloniale in modo sorprendente, evidenziando i paralleli tra l’espropriazione dei San e dei Khoi e l’attuale condizione dei Palestinesi. Gaza è stata rasa al suolo da 70.000 tonnellate di bombe e la polvere proverbiale non si era ancora posata quando gli immobiliaristi israeliani hanno cominciato a pubblicizzare condomini di lusso nella Striscia.
Il Governo del Capo Occidentale ha accolto con favore l’investimento di 15,6 miliardi di RWS nella provincia, nonostante le controversie relative allo sviluppo del River Club e al suo potenziale impatto sulle comunità locali. Come riportato sul sito web del Governo del Capo Occidentale, questo investimento è visto come una spinta economica significativa. Tuttavia, solleva questioni etiche sul ruolo delle multinazionali nel perpetuare ingiustizie storiche e attuali.
La costruzione della sede di AWS a Città del Capo, una città governata dall’Alleanza Democratica (DA) con aperti legami con Israele, complica il panorama politico. Il governo di coalizione tra il DA, l’African National Congress (ANC) e altri partiti presenta un paradosso per quanto riguarda la loro posizione sulla Palestina e su Israele. La lotta del Sudafrica per riconoscere il genocidio dei San e dei Khoi, nonostante i recenti cambiamenti legislativi verso l’inclusione, aggiunge un altro livello di complessità.
Nella vicina Namibia, i negoziati di restituzione in corso da parte della Germania sul genocidio Herero dei primi anni del 1900 servono a ricordare l’impatto a lungo termine delle atrocità coloniali. I discendenti dei San e dei Khoi, molti dei quali rimangono indignati dal termine “di colore” dell’epoca coloniale, continuano a cercare giustizia. Il termine, ancora una categoria legale in Sudafrica, de-africanizza questa parte della popolazione ed evidenzia l’eredità duratura del colonialismo.
Non limitato a Gaza
L’uso della tecnologia nella violenza sponsorizzata dallo Stato non si limita a Gaza. L’assassinio del leader politico di Hamas Ismail Haniyeh è stato attribuito a uno spyware simile a Pegasus, sollevando preoccupazioni sull’uso illegale di strumenti di sorveglianza. In Sudafrica, anche la morte del tenente di polizia Charl Kinnear è stata collegata all’impiego di tali tecnologie. Recentemente, diversi partiti politici locali, tra cui Al Jama’ah, hanno sporto denuncia penale contro Herman Mashaba di Action SA per il presunto acquisto e utilizzo di un sistema di intercettazione per spiare i consiglieri. Questi incidenti sottolineano la necessità di una regolamentazione urgente della tecnologia di sorveglianza e la necessità di perseguire coloro che la utilizzano illegalmente. Il Presidente Ramaphosa ha avuto il suo telefono sotto controllo da Pegasus, come riportato da Amnesty.
Il coinvolgimento dei giganti tecnologici nel genocidio di Gaza richiede una rivalutazione delle dipendenze globali da queste aziende. Il Diritto Internazionale Umanitario e il Diritto Internazionale dei Diritti Umani forniscono chiare linee guida: gli stati non devono sostenere entità complici di abusi dei diritti umani. I governi devono implementare politiche per contenere l’uso improprio della tecnologia per la sorveglianza, il data mining e la guerra automatizzata. Questo potrebbe essere un compito difficile, visto che queste aziende tecnologiche si sono arrogate il diritto di dettare i confini della propria autorità, a fronte di un quadro normativo sempre più lasco o assente.
Il caso sudafricano presso l’ICJ è un potente esempio della possibilità di creare un precedente legale nell’affrontare le sfide delle comunità indigene. Questo caso sottolinea la necessità di una giustizia riparativa ed evidenzia i doppi standard spesso utilizzati dagli attori del Nord globale. La comunità internazionale deve esigere responsabilità e condotta etica da parte di aziende come Google e AWS. Il messaggio è chiaro: la tecnologia deve proteggere la vita e la dignità umana, non facilitarne la distruzione. Questa è un’opportunità per ridefinire il nostro impegno globale per la giustizia, l’equità e i diritti umani per tutti.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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