Dai cani d’attacco al carcere, ecco come Israele sta cercando di ostacolare il mio attivismo

di Sami Huraini,   

+972 Magazine, 24 ottobre 2024. 

L’esercito israeliano vuole dare un esempio ai Palestinesi che protestano contro l’occupazione: una campagna che il mio villaggio di At-Tuwani ha affrontato per generazioni.

L’attivista palestinese Sami Huraini sventola una bandiera davanti ai soldati israeliani durante una marcia a A-Rakeez, Masafer Yatta, Cisgiordania, 8 gennaio 2021. (Keren Manor/Activestills)

La sera del 29 settembre, i soldati israeliani mi hanno arrestato facendo irruzione nella mia casa di At-Tuwani, un villaggio nella regione di Masafer Yatta, nella Cisgiordania occupata.

I soldati dell’occupazione mi hanno ammanettato e bendato prima di portarmi in una base militare nelle vicinanze, dove mi hanno fatto sedere sul freddo terreno. Uno dei soldati mi ha minacciato, dicendomi che dovevo prepararmi a incontrare Dio; mi ha deriso e umiliato e mi ha detto che avrei dovuto lasciare la Palestina e andare in Italia. Per tutto il tempo sono rimasto in silenzio. Pochi istanti dopo, un altro soldato mi ha chiamato cane e mi ha sputato addosso.

Dopo circa due ore di permanenza nella base militare, i soldati hanno portato dei cani che abbaiavano forte mentre mi si avvicinavano sempre di più; temevo che mi avrebbero morso. Uno dei soldati mi ha urlato contro da pochi centimetri di distanza, chiedendomi due volte perché avessi filmato l’irruzione nella mia casa. 

I soldati hanno continuato a molestarmi e a umiliarmi. Sempre abbaiando, i cani si sono avvicinati così tanto che potevo sentirli sulle mie gambe, mentre i soldati continuavano a urlare, chiaramente divertiti. Ho cercato di proteggermi, dando calci ai cani per cercare di stordirli, ma i miei tentativi non sono serviti a nulla. In quel momento, ero così terrorizzato che sentivo tutto il mio corpo tremare, fino a quando i soldati e i loro cani se ne sono andati improvvisamente.

Circa 20 minuti dopo, i soldati hanno riportato i cani e la scena terrificante si è ripetuta. I cani abbaianti saltavano aggressivamente e cercavano di mordermi. Ho gridato ai soldati di portarli via e ho tirato calci disperati contro di loro. Dopo quella che mi è sembrata un’eternità, i soldati hanno finalmente portato via i cani e mi hanno avvertito minacciosamente di non filmare più l’esercito. Stavo ancora tremando.

Dopo circa quattro ore di molestie e umiliazioni, i soldati mi hanno fatto salire su un’auto e sono partiti, prima di buttarmi fuori dall’auto a circa 10 chilometri da casa mia. Solo dopo che si sono allontanati, sono riuscito a togliermi la benda e a chiamare la mia famiglia per farmi venire a prendere. Ho ringraziato Dio di avere ancora il mio telefono.

Un processo iniquo

Non è la prima volta che vengo arrestato, umiliato e torturato dall’esercito israeliano. Infatti, quest’ultimo incidente fa parte di una campagna di molestie continua e mirata, iniziata più di tre anni fa contro di me, e da decenni contro la mia comunità. 

All’inizio di gennaio 2021, insieme ad altri 200 attivisti israeliani, palestinesi e internazionali, ho partecipato a una manifestazione nel vicino villaggio di Al-Rakeez, dopo che l’esercito israeliano aveva sparato e paralizzato il mio amico e collega attivista, Harun Abu Aram, che si era opposto alla confisca del suo generatore di elettricità. Il giorno successivo, l’esercito ha preso d’assalto la mia casa alle 2 del mattino e mi ha arrestato con l’accusa di disturbo della quiete pubblica, aggressione a un soldato israeliano e violazione di una zona militare chiusa. 

Pochi giorni dopo sono stato rilasciato su cauzione di 10.000 NIS (circa 3.000 dollari) a condizione che mi presentassi alla stazione di polizia di Hebron – situata nell’insediamento israeliano illegale di Kiryat Arba – ogni venerdì tra le 8.00 e le 15.00. 

Né il giorno né l’ora erano casuali. Infatti, è in quel giorno della settimana e in quelle ore che si svolge la maggior parte delle manifestazioni in Cisgiordania contro il furto di terra palestinese da parte di Israele, l’occupazione militare e l’annessione strisciante. Per maggior sicurezza, mi è stato anche formalmente vietato di partecipare ad altre proteste.

Più di due anni dopo, nell’agosto 2023, sono stato incriminato dal tribunale militare di Ofer per due capi d’accusa: “aggressione a un soldato” e “intralcio a un soldato in servizio”. Queste accuse potrebbero comportare una condanna fino a 12 anni.

L’accusa non ha fornito alla corte alcuna prova fisica o mediante video che io abbia agito con violenza; ha basato il suo caso esclusivamente sulla testimonianza orale delle forze di sicurezza israeliane. Nel frattempo, le prove video della manifestazione, insieme alle dichiarazioni di diversi testimoni, molti dei quali erano israeliani, hanno testimoniato la mia innocenza.

Le forze israeliane all’ingresso del villaggio di At-Tuwani in Cisgiordania per permettere l’entrata di decine di coloni israeliani, Masafer Yatta, Cisgiordania, 14 agosto 2024. (Omri Eran Vardi/Activestills)

A parte la mancanza di prove, il processo non è mai stato equo o trasparente. Al mio avvocato dell’epoca, Gaby Lasky, è stata negata la partecipazione agli interrogatori, e il processo è stato condotto interamente in ebraico, senza traduzione. 

Due giorni prima del mio ultimo arresto, mi ero presentato all’udienza finale per la sentenza, ma questa è stata rinviata. Io e il mio attuale avvocato, Reham Nassra, non abbiamo ricevuto alcuna informazione su quando potrebbe svolgersi. Potrebbero volerci mesi, persino anni.

Reham prevede che più probabilmente io riceverò una sospensione della pena piuttosto che scontare un periodo in carcere. Anche questo risultato sarebbe tutt’altro che ideale. Se sarò condannato di nuovo per la stessa accusa durante il periodo di prova, andrò in prigione.

Dare un esempio agli attivisti

Anche prima dell’inizio di questa persecuzione legale, era chiaro che l’esercito israeliano utilizza queste tattiche – arresti arbitrari, pestaggi, procedimenti legali sempre in ritardo e lunghe pene detentive – per dare un esempio agli attivisti per i diritti umani, per scoraggiare e spaventare i palestinesi dall’esercitare il loro diritto fondamentale di protestare contro l’occupazione e il furto di terra. È un problema che i membri della mia famiglia affrontano da generazioni.

Da quando l’esercito israeliano ha costruito l’insediamento illegale di Ma’on nel 1981, a poca distanza dalla nostra terra ad At-Tuwani, mia nonna, Fatima, e mio padre, Hafez, sono stati spesso sottoposti alla violenza dell’esercito e dei coloni. Mia nonna veniva regolarmente aggredita dai coloni mentre pascolava le sue pecore. Mio padre, un importante attivista della resistenza nelle Colline a Sud di Hebron, ha subito continui pestaggi, arresti e incursioni notturne da parte dell’esercito.

Ogni volta che vengo arrestato, sono sottoposto a diversi metodi e tattiche di molestie, aggressioni e torture. Quando sono stato arrestato il 31 agosto, sono stato brutalmente umiliato da due soldati che sono anche coloni locali; mi hanno messo un sacchetto di plastica in testa e mi hanno coperto il naso e gli occhi con del nastro adesivo nero.

Come palestinesi che vivono sotto la legge militare e il colonialismo israeliano, non siamo visti o trattati come esseri umani. L’occupazione – dichiarata illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia – permette ai soldati e ai coloni israeliani di agire nella più completa impunità. 

Lo abbiamo visto in innumerevoli occasioni in cui i Palestinesi sono stati brutalmente assassinati senza alcuna conseguenza. Abbiamo persino assistito all’uccisione di palestinesi-americani e internazionali che non avevano alcuna responsabilità e, sebbene gli Stati Uniti abbiano condannato tali atti e promesso indagini approfondite, non ne è scaturito nulla.

Il mondo rimane paralizzato di fronte al genocidio, all’omicidio e all’annessione. Ma siamo noi, il popolo palestinese, a rimanere saldi e a continuare a resistere.

Sami Huraini è un attivista palestinese per i diritti umani e membro dell’iniziativa di base ‘Youth of Sumud’. Viene dal villaggio di At-Tuwani a Masafer Yatta.

https://www.972mag.com/huraini-tuwani-arrest-army

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

1 commento su “Dai cani d’attacco al carcere, ecco come Israele sta cercando di ostacolare il mio attivismo”

  1. Le opinioni sono opinabili. Le storie, normalmente, sono descrizioni di qualcosa sentita. Il vissuto viene raccontato. Diceva mio nonno . . . . . e rispondeva alle nostre domande. Nella storia sulla Palestina sembra obbligatorio l’inizio dal dicembre 1947 o maggio 1948; idem per gli attori: arabi ed ebrei. Qui viene citato il colone – colone locale – colone israeliano. Il colone è il fondamentale terzo attore della Palestina. Come nonno, racconto ai miei figli e nipoti il vissuto pre-1947 con inizio 1945 in Puglia (e nel mondo). Mio padre (classe 1985) aveva un vissuto di 7 anni a New York (1900-1907; parlava e scriveva l’americano) e di 11 anni a Tripoli-Libia (1911-1924; interrotto 2 anni: 1915-1917 Italia, guerra 1915-1917; parlava e scriveva l’arabo). Rientra in Italia per sposarsi. Settembre 1943. L’esercito inglese, in fila indiana sulla statale 16, attraversa il mio paese. ………(incontriamoci)

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