Cosa succederà quando la memoria dell’Olocausto non impedirà più al mondo di vedere Israele per quello che è?

Mag 16, 2024 | Notizie, Riflessioni

di Hagai El-Ad,

Haaretz, 13 maggio 2024. 

Una donna palestinese sfollata veste un bambino in un campo a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, venerdì 10 maggio. Credit: AFP

Per chiunque volesse vedere, la verità era già abbondantemente chiara nel 1955: “Trattano gli arabi, quelli che sono ancora qui, in un modo che di per sé sarebbe sufficiente a mobilitare il mondo intero contro Israele”, scriveva Hannah Arendt.

Ma era il 1955, appena un decennio dopo l’Olocausto – la nostra grande catastrofe e, allo stesso tempo, la tuta protettiva del sionismo. Quindi no, ciò che Arendt vide a Gerusalemme non bastò all’epoca per mobilitare il mondo contro Israele.

Da allora sono passati quasi 70 anni. Nel frattempo, Israele ha acquisito una dipendenza patologica sia dal regime di supremazia ebraica che impone ai palestinesi sia dalla sua capacità di far leva sulla memoria dell’Olocausto, in modo che i crimini che commette contro gli arabi non mobilitino il mondo contro di lui.

Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu non sta inventando nulla: né i crimini, né lo sfruttamento dell’Olocausto per mettere a tacere la coscienza del mondo. Ma è Primo Ministro da quasi una generazione. Durante questo periodo, Israele, sotto la sua guida, ha fatto un altro grande passo verso un futuro in cui il popolo palestinese viene cancellato dal palcoscenico della storia – tanto più se il palcoscenico in questione è la Palestina, la sua patria storica.

Tutto questo non solo è stato realizzato gradualmente – un altro ettaro e un’altra capra, un altro avamposto e un’altra fattoria – ma alla fine è stato anche dichiarato pubblicamente, con la Legge Fondamentale del 2018 su Israele come Stato-Nazione del popolo ebraico, con la politica alla base dell’attuale governo, e soprattutto con la dichiarazione: “Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile a tutte le parti della Terra d’Israele”. E la verità è che il consenso a questa politica è molto più ampio e vasto del sostegno a Netanyahu stesso. Dopo tutto, a chi in Israele non è piaciuta la brillante mossa, alla vigilia del 7 ottobre 2023, della normalizzazione con l’Arabia Saudita, per incidere nella coscienza dei palestinesi il fatto che sono una nazione sconfitta?

Auto carbonizzate all’ingresso del villaggio di Duma, nella Cisgiordania occupata, all’indomani di un attacco di coloni israeliani, in aprile. Zain JAAFAR / AFP

Ma i palestinesi, quel popolo testardo, non hanno abbandonato la scena. In qualche modo, attraverso tutti gli anni di oppressione e gli insediamenti e i pogrom in Cisgiordania, e i “round” di conflitto con Gaza e la violenza dell’esercito e l’assenza di responsabilità e l’esproprio a Gerusalemme e nel Negev e nella Valle del Giordano, e in effetti ovunque un palestinese cerchi di tenersi la sua terra, dopo molti anni e molto sangue e molti crimini, il trucco riciclato dell’hasbara israeliana, o diplomazia pubblica, ha cominciato a perdere il suo effetto, poiché la banale verità è che no, non tutti quelli che vedono i palestinesi come esseri umani dotati di diritti sono antisemiti.

Nel frattempo, è arrivata la guerra a Gaza, con la distruzione di proporzioni bibliche che abbiamo portato sulla Striscia e con le decine di migliaia di morti palestinesi. C’è stato così tanto sangue e distruzione che la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha iniziato a discutere seriamente se si tratti di genocidio.

Per dirla con le parole di Arendt, quello che stiamo facendo ai palestinesi – quelli che esistono ancora a Gaza – non sta ancora mobilitando il mondo contro Israele. Ma il mondo si permette già di pensarci ad alta voce.

Tutto questo non ci fa ancora ripensare al modo in cui “trattiamo gli arabi”. Al contrario, stiamo ancora una volta cercando di insufflare nuova vita nell’usato pallone della hasbara. Se nel 2019 Netanyahu ha dichiarato che l’indagine presso la Corte Penale Internazionale è un “decreto antisemita” (e questo non ha fermato l’indagine) e nel 2021 ha affermato che si tratta di “puro antisemitismo” (e questo non ha fermato l’indagine), una settimana fa ha iniziato a gridare di un “crimine di odio antisemita”.

Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu allo Yad Vashem questa settimana. Olivier Fitoussi

Netanyahu, come al solito, inserisce qualche parola di verità tra una bugia e l’altra. Nel suo discorso alla vigilia della Giornata della Memoria presso il memoriale dell’Olocausto di Yad Vashem, ha detto il vero quando ha descritto la Corte Penale Internazionale come un organismo “istituito in risposta all’Olocausto e ad altri orrori, per garantire il ‘Mai più’”. Ma con eccezionale chutzpah [faccia tosta], se si pensa per un momento all’ambientazione e alla tempistica, tutto ciò che Netanyahu ha detto intorno a questa dichiarazione era una menzogna, soprattutto quando ha affermato che se venisse emesso un mandato d’arresto contro di lui, “questo passo metterebbe una macchia indelebile sull’idea stessa di giustizia e di diritto internazionale”.

La verità è che la macchia che sta scuotendo le fondamenta del diritto internazionale è il fatto che anche dopo anni di indagini, per quanto ne sappiamo, non è ancora stato emesso un mandato di arresto contro Netanyahu o altri criminali di guerra israeliani. Questo nonostante il fatto che per decenni Israele abbia perpetrato, alla luce del sole, crimini contro i palestinesi, crimini che sono la politica del governo, crimini approvati dall’Alta Corte di Giustizia, protetti dai pareri dei procuratori generali e oscurati dagli avvocati generali delle forze armate. Nonostante tutto questo sia palese e noto, riportato e pubblicato, nessuno è chiamato a risponderne, né in Israele né fuori, almeno finora.

Ci stiamo avvicinando al momento, e forse è già arrivato, in cui il ricordo dell’Olocausto non impedirà al mondo di vedere Israele per quello che è. Il momento in cui i crimini storici commessi contro il nostro popolo smetteranno di fungere come il nostro Iron Dome [cupola di ferro], proteggendoci dall’essere chiamati a rispondere dei crimini che stiamo commettendo oggi contro la nazione con cui condividiamo la patria storica.

Anche se questo momento è in ritardo, è ora che arrivi. Israele sarà senza l’Olocausto, ma la sua immagine sarà protetta dai due tedofori scelti per la prestigiosa cerimonia del Giorno dell’Indipendenza: il genio dell’hasbara Yoseph Haddad e la creatrice dei suoi contenuti Ella Travels.

Non scherziamo. Forse faremmo meglio ad aprire gli occhi e ad adottare un atteggiamento diverso nei confronti dei palestinesi: vederli come esseri umani uguali. Questa è certamente una lezione migliore per il giorno dell’Olocausto. Arendt sarebbe probabilmente d’accordo.

https://www.haaretz.com/opinion/2024-05-13/ty-article-opinion/.premium/what-happens-when-the-holocaust-no-longer-prevents-the-world-from-seeing-israel-as-it-is/0000018f-6e29-d336-abdf-feff0ed60000

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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