La Nakba sullo schermo: cinque film imperdibili sull’espulsione dei palestinesi nel 1948

Mag 15, 2024 | Notizie

di Sarah Agha,

Middle East Eye, 15 maggio 2024. 

L’attrice irlandese-palestinese Sarah Agha illustra la sua scelta di documentari e lungometraggi sulla Nakba, tra cui opere di Mohammad Bakri e del regista Rawan Damen.

Il film “The Time That Remains” di Elia Suleiman descrive i fatti successi a Nazareth a partire dal 1948 (Le Pacte)

I palestinesi celebrano i 75 anni dalla Nakba (nota anche come la Catastrofe), il nome dato all’espulsione di oltre 750.000 persone dalle loro case e dalle loro terre nel periodo che portò alla creazione di Israele.

Molti di quei palestinesi vivono oggi nei campi profughi della Cisgiordania occupata, o in esilio nei paesi arabi circostanti o nella Striscia di Gaza bloccata. Per comprendere la situazione attuale, dobbiamo conoscere la Nakba del 1948.

In un precedente articolo per Middle East Eye, ho scritto del mio viaggio come co-presentatrice del documentario della BBC, The Holy Land and Us, su quel periodo turbolento della storia palestinese.

Fin da piccola mi è stato detto che i miei nonni erano fuggiti per paura dal loro villaggio nel 1948.

Alla maggior parte della famiglia è oggi impedito l’ingresso nel villaggio, che in realtà è stato cancellato dalla mappa e rinominato, come se non fosse mai esistito. Questo fa parte della campagna di distruzione di Israele, uno strumento che usa da 75 anni: la completa e totale negazione dell’esistenza dei palestinesi. Inizio modulo

Ma il documentario ha rivelato prove concrete e tangibili che dimostrano che il mio bis, bis, bisnonno era uno sceicco beduino in Palestina e che negli anni Trenta possedevamo migliaia di metri quadrati di terra nel villaggio da cui la mia famiglia è stata sfollata e non può far più ritorno.

Il film ha anche rivelato cosa è successo alla famiglia di Shereen Malherbe, che abitava del villaggio del massacro di Deir Yassin, e ha indagato il modo in cui la famiglia di Joanna Carolan ha perso i propri aranceti e un’attività fiorente durante il caos violento della Nakba.

Credo nel potere dell’arte, della cultura e dei media visivi di educare e ispirare.

Nel mio ultimo articolo ho espresso il parere che, pur ritenendo The Holy Land and Us un punto di osservazione importante che utilizza le storie di famiglia per esplorare il senso di perdita e di ingiustizia subita, i suoi due episodi non possono affrontare tutta la realtà.

I film-documentario sono preziosi in termini di storia, archivi e prove, mentre i film sceneggiati possono dipingere un quadro complementare attraverso personaggi e storie. Vorrei quindi ricordare qui altre cinque importanti produzioni che rappresentano la Nakba sullo schermo.

“Al Nakba” di Rawan Damen (documentario in 4 parti, 2008)

Nel 2008, Al Jazeera ha realizzato un documentario in quattro parti sulla Nakba. A quindici anni di distanza, lo considero ancora una visione fondamentale per chiunque voglia capire cosa è successo e come.

Per i palestinesi, il 1948 è stato l’anno che ha segnato drammaticamente tutto. Le vite sono state sconvolte in modo estremamente violento, eppure c’è stato poco riconoscimento dell’ingiustizia che si è verificata. Molti di noi citano questo anno come il momento in cui tutto è cominciato.

Invece questo documentario di Al Jazeera inizia la narrazione quasi 150 anni prima, con l’assedio di Napoleone Bonaparte alla città di San Giovanni d’Acri (nota come Akka per i palestinesi) per stabilire una presenza francese in Palestina.

In cerca di alleati, Napoleone pubblicò una lettera in cui offriva la Palestina come patria agli ebrei. Il piano fu ripreso dagli inglesi e dall’aristocratico barone francese Edmund De Rothschild, che spese 14 milioni di franchi francesi per creare 30 insediamenti ebraici in Palestina negli anni Ottanta del XIX secolo.

Il documentario si sofferma su come il successivo coinvolgimento di Rothschild abbia portato 60.000 palestinesi ad abbandonare le loro case nell’area di Marj Ibn Amer nel 1910.

Uno degli storici presenti nel documentario afferma che: “Se la Nakba significa l’espulsione del cittadino palestinese dalla sua terra e il sequestro della sua terra, allora la Nakba è iniziata decenni prima del 1948”.

La colonizzazione della Palestina è iniziata prima di quanto pensiamo, ed esplorarne i dettagli e la portata è fondamentale per comprendere il quadro generale.

Il documentario inizia nel 1799, durante la rivoluzione francese, e prosegue fino al grande esodo del 1948. Riesce a tracciare la storia e i fatti in modo chiaro e completo.

È una ricerca approfondita, confezionata con sensibilità ed è profondamente coinvolgente; essendo distribuita in quattro episodi, offre alla storia lo spazio e il tempo che merita.

È possibile vedere tutti gli episodi gratuitamente su Al Jazeera English.

“The Time That Remains” di Elia Suleiman (lungometraggio sceneggiato, 2009)

Come tutti i film di Suleiman, The Time That Remains è una raccolta semi-autobiografica di scene stilizzate: c’è la tragedia, lo strazio ma anche momenti di commedia.

Nonostante la rappresentazione di uomini palestinesi bendati che attendono la loro esecuzione negli uliveti, o l’esplorazione del trauma generazionale, il film ha uno stile assurdo e disarmante.

Non si tratta di una drammatizzazione storica, ma di una rappresentazione inventiva e artistica di ciò che è accaduto a Nazareth a partire dal 1948, con un salto in avanti fino ai giorni nostri.

Lo stile di Suleiman è spesso assurdo, ma alcuni dei momenti più bizzarri della storia sono radicati in eventi realmente accaduti. Ad esempio, le forze sioniste che indossano la kefiah per ingannare gli abitanti dei villaggi palestinesi durante la loro avanzata, o che si godono una sigaretta con musica araba mentre sgomberano quelle che erano le case dei residenti palestinesi.

Uno stile assurdo aiuta ad alleggerire alcuni dei temi trattati in “The Time That Remains” (Le Pacte)

Personalmente trovo profondamente sconvolgente qualsiasi rappresentazione visiva della Nakba. Certe immagini o scene mi tormentano per settimane. Ritengo quindi che lo stile cinematografico di Elia sia un modo intelligente e premuroso per incoraggiare il pubblico a guardare e riflettere sulle ingiustizie che hanno avuto luogo.

Il film è anche splendidamente girato, con un design di produzione impeccabile e una performance di spicco dell’attore Saleh Bakri, sempre brillante.

Ho spesso pensato che questo film avrebbe dovuto intitolarsi The People Who Remain (Le persone che restano), piuttosto che The Time That Remains (Il tempo che resta), poiché esplora le vite di alcune delle comunità che sono riuscite a rimanere dopo la Nakba e il modo in cui quell’evento catastrofico le influenza ancora oggi. Ma evidentemente il titolo si riferisce al fatto che Suleiman non ha mai sperimentato l’indipendenza della Palestina nella sua vita – e si chiede se lo farà mai.

“The Time That Remains” è disponibile, tra l’altro, su piattaforme online come Google Play, Amazon Prime e Apple TV.

“1948” di Mohammad Bakri (documentario, 1998)

Abbiamo già parlato di Saleh Bakri. Ora parliamo di suo padre, Mohammad Bakri. Oltre a una lunga e fortunata carriera di attore, l’anziano Bakri ha anche diretto e prodotto diversi documentari sulla storia della Palestina.

1948 è un film di 54 minuti con la presenza di testimoni oculari della Nakba. Vi partecipano abitanti di villaggi scampati ai massacri di Deir Yassin (vicino a Gerusalemme) e Al Dawayima (vicino a Hebron) ed ex abitanti della città distrutta di Tiberiade.

Con le loro parole, i palestinesi descrivono i momenti in cui sono diventati rifugiati “per non tornare mai più”.

Oltre a fornire a questi sopravvissuti una piattaforma per immortalare la loro storia, Bakri recita magnificamente i versi del poeta nazionale Mahmoud Darwish.

Mohammad Bakri punteggia il suo “1948” con letture di poesie di Mahmoud Darwish (AFP)

Le interviste sono intervallate da filmati in cui Bakri recita alcune scene del suo “one-man play” The Pessoptimist, tratto dal romanzo satirico di Emile Habibi.

La Palestina ha una lunga storia di società civile, ma anche di letteratura, poesia e arte. L’intreccio delle opere di Darwish e Habibi tra le testimonianze riflette i molti modi in cui i palestinesi si esprimono creativamente.

Nonostante le difficoltà e gli ostacoli, i palestinesi dimostrano la loro vitalità attraverso la resistenza culturale, umanizzando la loro lotta con l’arte.

Dopo il 1948, Bakri ha realizzato Zahara (2009), che segue la vita e i ricordi di una donna di 78 anni nata in Galilea prima della Nakba e Jenin, Jenin (2002) sull’assedio della città occupata in Cisgiordania durante la Seconda Intifada.

1948 è stato il debutto alla regia di Bakri ed è stato realizzato in concomitanza con il 50° anniversario della Nakba.

Oggi, a distanza di altri 25 anni, ci si potrebbe chiedere: “Cosa è cambiato? Quanti altri anniversari devono essere realizzati prima che ai palestinesi siano concesse la libertà e la dignità?”.

Tutti i documentari di Bakri sono disponibili online.

“Tantura” di Alon Schwarz (documentario, 2022)

In una recente intervista video per Middle East Eye, il regista israeliano Alon Schwarz ha dichiarato: “La maggior parte degli israeliani crede alla sciocca storia che i palestinesi siano scappati volontariamente nel 1948.”

“Non sanno che l’esercito israeliano è entrato in un villaggio dopo l’altro e ha cacciato la gente, a volte commettendo crimini di guerra come il massacro di Tantura”.

Il film presenta interviste a ex soldati israeliani, per lo più ormai novantenni, che raccontano ciò che è accaduto a Tantura e il ruolo che hanno avuto nelle uccisioni.

Il filmato contiene anche spezzoni delle ricerche condotte da Teddy Katz ed esplora il modo in cui la sua indagine sul massacro è stata bloccata. Molte testimonianze sono raccapriccianti.

Il ricercatore Teddy Katz ha registrato più di 100 ore di testimonianze sul massacro di Tantura (Reel Peak Films)

Quello che è successo a Tantura non è stato un evento isolato. Era uno dei tanti villaggi presi di mira nel 1948, ma l’informazione su questo villaggio non è mai stata diffusa, anche se i palestinesi la raccontano da decenni.

È interessante notare che nel 2020 la regista palestinese-americana Hala Gabriel Yahya ha realizzato un documentario simile con testimonianze, intitolato One Night In Tantura. I suoi stessi genitori fuggirono da Tantura nel 1948, eppure il suo film è certamente il progetto meno conosciuto sull’argomento. Non ha avuto la stessa importanza, risposta o distribuzione del documentario di Schwarz.

Si potrebbe fare un’intera discussione su come o chi dovrebbe raccontare queste storie, ma ciò non toglie che Tantura sia importante per esporre la pura violenza e brutalità di ciò che è accaduto.

Il film è un’esperienza provocante, ma le testimonianze parlano da sole ed è un potente contributo alla moderna rappresentazione della Nakba.

L’antico sito di Tantura si trova ora sotto il parcheggio di una località balneare in Israele. Come dice Yahya, questa è “una storia che è stata a lungo negata e quasi dimenticata”. Mentre Schwarz afferma: “Il mio messaggio agli israeliani è che devono riconoscere ciò che è realmente accaduto”.

Tantura può essere visto online e sarà proiettato dal Centro Internazionale di Giustizia per i Palestinesi al British Academy Film Awards il 22 maggio.

“Farha” di Darin J Sallam (lungometraggio sceneggiato, 2021)

Naturalmente questo elenco non sarebbe completo senza Farha. Il film è sulla bocca di tutti, compreso il governo israeliano che nel 2021 si è mobilitato per il suo divieto. La mossa ha indubbiamente attirato ancora di più l’attenzione sul film realizzato dalla talentuosa regista giordano-palestinese Darin J Sallam.

Questo tipo di bullismo o intimidazione da parte di Israele potrebbe essere stato efficace in passato, convincendo le varie organizzazioni a ritirare il loro sostegno.

Ma la decisione di Netflix di ospitare il film sulla sua piattaforma rivela il netto cambiamento che si è verificato a questo proposito. Il fatto che questo film sulla Nakba, acclamato dalla critica, sia ora su una piattaforma mainstream così popolare è una vera svolta.

Sallam dice che Farha è basato su una storia vera, che aveva sentito da bambina, su ciò che accadde a una giovane ragazza in un villaggio palestinese nel 1948. 

Quando la incontriamo nel film, Farha sta leggendo voracemente un romanzo in quella che sembra essere una campagna lussureggiante, verde e pacifica e vuole convincere il padre a permetterle di proseguire gli studi in città.

Vediamo Farha come una ragazza vivace, ambiziosa e capace, che discute dei suoi progetti futuri con la sua migliore amica che viene in auto dalla città.  Quello che succede dopo è difficile da guardare. Una drammatizzazione di strazianti brutalità e violenze rese vive da interpretazioni commoventi e significative.

“Farha” dimostra come le storie possano, e riescano, a vivere attraverso le generazioni (MEE/Azad Essa)

Farha si è ispirato all’esperienza reale di una rifugiata che è riuscita a raggiungere la Siria dopo essere sfuggita alla catastrofe.

Il testo finale del film spiega come quella rifugiata ha condiviso la sua storia e l’ha mantenuta “viva per le generazioni a venire”.

Ciò sfida l’idea che “i vecchi moriranno e i giovani dimenticheranno” e dimostra invece che queste storie sono state tramandate di generazione in generazione e saranno alla fine ascoltate da milioni di persone in tutto il mondo.

Sono sicura che il successo di Sallam aprirà la strada ad altri registi palestinesi che affronteranno questo tema con coraggio e fiducia: queste storie sono importanti e saranno ascoltate.

È possibile vedere Farha su Netflix.

https://www.middleeasteye.net/discover/nakba-palestine-five-must-watch-films

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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