L’imminente invasione di Rafah sarà ancora peggiore di tutto ciò che abbiamo visto finora. E gli Stati Uniti staranno a guardare.
Mondoweiss, 27 aprile 2024.
Ora che sembra si sia voltato pagina, almeno temporaneamente, nel confronto diretto tra Israele e Iran, la promessa invasione israeliana di Rafah torna a profilarsi. Venerdì una delegazione egiziana di “alto livello” è arrivata in Israele per continuare i tentativi di negoziare un cessate il fuoco, mentre si riaffacciano i timori del Cairo di un grande esodo di palestinesi da Gaza verso il Sinai.
Le possibilità di successo sono a dir poco scarse. Secondo quanto riferito, la strategia dell’Egitto è quella di cercare di negoziare innanzitutto il rilascio di alcuni degli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza in cambio del rilascio di prigionieri palestinesi detenuti da Israele, di un’altra “pausa” temporanea negli assalti israeliani e di un accordo con Israele per consentire alla popolazione di tornare nella parte settentrionale di Gaza da cui sono fuggiti. L’idea è che se questo accordo reggerà, ritarderà l’invasione di Rafah e si spera che porti a un cessate il fuoco permanente.
Nel frattempo, Israele ha allestito migliaia di tende a pochi chilometri a nord di Rafah, dove propone di “evacuare” le persone prima dell’invasione. Ma sia chiaro, non si tratta di un gesto umanitario, come lo presenterebbero Joe Biden e altri funzionari americani. Israele non ha intenzione di “evacuare”. Si tratta di un trasferimento forzato di persone che sono già state sfollate con la forza, molte delle quali più volte e in flagrante violazione del diritto umanitario internazionale.
Colloqui senza speranza
L’Egitto, comprensibilmente, sta cercando di prevenire un attacco a Rafah che molto probabilmente costringerebbe ancora più palestinesi ad attraversare il confine. Da ottobre, tra gli 80.000 e i 100.000 palestinesi sono fuggiti da Gaza verso l’Egitto, secondo l’ambasciatore dell’Autorità Palestinese in Egitto, Diab Allouh.
Vale la pena notare che molti di coloro che sono fuggiti erano in qualche modo privilegiati, o perché avevano conoscenze che potevano aiutarli a uscire dalla Striscia o perché avevano i mezzi per pagare alcuni dei profittatori che girano intorno a Gaza e che spremono grandi somme di denaro da persone disperate. La maggior parte delle persone a Gaza non ha tali mezzi, ovviamente, il che rende l’Egitto ancora più riluttante a vederle attraversare il confine.
Dalla prima breve pausa dei combattimenti, quando Hamas ha rilasciato 105 degli ostaggi israeliani e stranieri che aveva rapito, i colloqui per il cessate il fuoco sono stati poco più che un teatrino politico. Né Israele né Hamas sono disposti a concedere ciò che la controparte chiede come minimo. Israele usa gli ostaggi come espediente retorico, ma non è interessato a fermare il massacro a Gaza. Hamas, da parte sua, non è disposto ad accontentarsi di meno della fine della campagna israeliana, anche se è disposto a rilasciare un numero limitato di ostaggi in uno scambio di prigionieri se Israele permetterà ai palestinesi di tornare alle loro case nel nord, cosa che Israele è riluttante a fare.
Periodicamente, i colloqui si sono interrotti e ogni parte incolpa l’altra, ma la realtà è che c’è poco spazio per un accordo. Hamas non ha motivo di accettare niente di meno che la fine delle operazioni di Israele a Gaza. Tutto ciò che Israele ha offerto è un breve ritardo nella sua operazione genocida. Il governo di Benjamin Netanyahu ha giurato di “eliminare Hamas”, un obiettivo che è ed è sempre stato impossibile.
Sebbene Israele e i suoi sostenitori parlino molto della liberazione degli ostaggi, hanno già visto che la fine dei massacri a Gaza è la sola e unica cosa che può riportare a casa gli ostaggi. Non sono interessati a pagare questo prezzo. Le loro lacrime di coccodrillo per gli ostaggi sono sempre più scarse per le famiglie degli ostaggi e per gran parte dell’opinione pubblica israeliana.
L’insistenza di Hamas affinché ai palestinesi sia permesso di tornare nelle aree del nord da cui sono stati cacciati è più pratica, ma anch’essa produrrà poco in termini di sollievo per la situazione di Gaza. Le forze israeliane hanno lasciato ben poco nelle aree da cui i palestinesi sono stati cacciati e il nord è una terra praticamente desolata, dove cibo e acqua sono ancora più scarsi che a Rafah.
Tutto ciò significa che, anche se l’Egitto riuscisse a trovare un accordo per ritardare l’invasione di Rafah da parte di Israele, non farebbe altro che ritardare l’inevitabile, perché non c’è alcun terreno comune tra Israele e Hamas per un accordo permanente. In ultima analisi, la questione si riduce al fatto che Israele semplicemente non lo vuole, perché un accordo permanente vuol dire la fine delle azioni militari da entrambe le parti. Per Netanyahu, ciò significa che se tutti gli altri ostaggi moriranno, se l’intero Medio Oriente diventerà ancora più instabile e anche se il conflitto si allargherà – ebbene, così sia.
L’offensiva della hasbara
In realtà, Israele, con l’aiuto dei governi a tutti i livelli sia negli Stati Uniti che in Europa, sta disperatamente cercando di sfruttare questo periodo prima dell’invasione di Rafah per rafforzare il proprio sostegno nel mondo.
Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi sostenitori al Congresso USA, di entrambi i partiti, si sono affannati a difendere Israele, usando l’arma ormai spuntata di definire antisemita la protesta contro il genocidio israeliano.
La disperazione è stata evidente nel rapido ricorso alla violenza della polizia per cercare di sedare le proteste degli studenti, violenza che è servita solo a spronare altri studenti e altre persone in tutti gli Stati Uniti a unirsi in solidarietà con il popolo di Gaza. È da notare come questa volta il ricorso alla violenza della polizia sia stato molto più rapido rispetto alle proteste contro la guerra in Iraq o persino contro la guerra in Vietnam (dove le manifestazioni nei campus erano in corso da due anni prima che la polizia iniziasse a usare la violenza all’Università del Wisconsin nel 1967).
Dopo lo scambio di fuoco tra Israele e Iran, Netanyahu spera di recuperare la falsa narrativa che dipinge Israele come un piccolo paese sotto assedio. Altri si sono spinti ancora più in là, riprendendo e aggiornando vecchie tattiche di red-baiting [sospettare di sovversione comunista], chiamando i manifestanti agenti di Hamas o dell’Iran.
Questa “offensiva della hasbara” ha lo scopo di dare sostegno prima dell’attacco a Rafah, che sarà sicuramente una calamità anche per gli standard delle azioni di Israele a Gaza negli ultimi sei mesi. Ma incontra ostacoli.
Il continuo recupero di un numero sempre maggiore di corpi in fosse comuni nelle aree che Israele ha abbandonato a Gaza rimane nei notiziari, anche se la copertura sfumata delle proteste nei campus è un aperto tentativo di annegarle. Israele, naturalmente, ha definito “prive di fondamento” le affermazioni sulle fosse comuni in cui i suoi soldati hanno gettato i corpi dei palestinesi, ma è chiaro che sono tutt’altro che infondate.
Eppure Israele, dopo questa dichiarazione, ha fatto ben poco finora per cercare di confutare i fatti. Invece, a quanto pare, spera che l’isteria per l’“antisemitismo imperversante nei campus universitari” faccia questo lavoro per Israele.
Anche l’amministrazione Biden sta cercando di aiutare. Lo stesso Biden ha definito assurdamente e senza fondamento i manifestanti come antisemiti, senza tener conto della massiccia presenza di ebrei tra loro. È l’ultima di una lunga serie di affermazioni sia di Biden che di Netanyahu che semplicemente vanno contro ogni evidenza, ma che sono servite per sei mesi a mantenere un sostegno al genocidio di Israele sufficiente a farlo continuare e ad assicurarsi che i centri di potere rimangano disciplinati nel loro sostegno a Israele.
Rafah nel mirino di Israele
Con almeno una parte dei media mainstream che sostengono pienamente l’inganno secondo cui le proteste nei campus sono antisemite, Israele potrebbe ritenere che, nonostante l’opinione pubblica sia negativa, l’atmosfera per un’invasione di Rafah sia la migliore possibile nel prossimo futuro.
Ci sono numerosi segnali che indicano che l’invasione è imminente: Israele ha richiamato le riserve e ha dichiarato pubblicamente che le sta preparando per un attacco a Rafah; ha avvertito gli egiziani che l’attuale ciclo di colloqui è l’ultima possibilità di raggiungere un accordo prima di un’invasione; il Segretario di Stato americano Antony Blinken sarà in Israele la prossima settimana. In passato, Israele ha agito molto presto dopo le visite di Blinken.
Mentre l’amministrazione Biden continua a sostenere pubblicamente che sta cercando di convincere Israele a perseguire metodi alternativi per “eliminare” Hamas, la recente approvazione di un’enorme quantità di aiuti militari a Israele mostra dove il sostegno di Biden sia effettivamente diretto. Non c’è alcun riguardo per i civili palestinesi, ma solo un tentativo di convincere la gente che questa attenzione c’è. Netanyahu ha ricevuto questo messaggio di Biden forte e chiaro.
Rafah è già assediata. Una città che era già affollata da 275.000 abitanti, ora ha più di 1,4 milioni di persone stipate al suo interno, e un’ondata di caldo sta infiammando l’area. Nelle ultime settimane Israele ha continuato a bombardare aree residenziali, anche se pochi di questi attacchi hanno fatto notizia negli Stati Uniti. Negli ultimi giorni, la frequenza degli attacchi è aumentata.
Quando Israele sferrerà il suo attacco a Rafah, il bilancio delle vittime civili sarà altissimo; è inevitabile, date le condizioni e l’enorme sovraffollamento della zona. Anche i civili che fuggono dall’area saranno probabilmente presi di mira da Israele, come lo sono stati durante tutto l’assalto alla Striscia.
Le conseguenze di questa situazione si faranno indubbiamente sentire in tutta la regione e nel mondo. Sembra molto probabile che un’invasione israeliana provocherà una risposta da parte degli Ansar Allah nello Yemen (comunemente chiamati “gli Houthi”), di Hezbollah in Libano e, molto probabilmente, di altre milizie in tutta la regione.
Jan Egeland del Consiglio Norvegese per i Rifugiati ha descritto ciò che è già accaduto a Gaza. “Gaza è stata bombardata più di Aleppo, Raqqa e Mosul”, ha detto.
L’attacco a Rafah promette di essere il peggiore di tutti.
Sembra che nessun governo, tanto meno quello di Washington che avrebbe il potere di fermarlo, sia disposto o sia in grado di fare altro che restare a guardare.
https://mondoweiss.net/2024/04/the-rafah-invasion-will-be-catastrophic/
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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