La Corte Internazionale di Giustizia giudicherà Israele colpevole di genocidio?

Gen 15, 2024 | Notizie, Riflessioni

di Meron Rapoport,

+972 Magazine, 11 gennaio 2024. 

Mentre la massima corte mondiale decide se e come intervenire nella guerra di Israele contro Gaza, l’avvocato Michael Sfard delinea i possibili sviluppi della vicenda.

Palestinesi che aspettano di ricevere i corpi dei loro parenti uccisi in un attacco aereo israeliano, all’ospedale Al-Najjar, nel sud della Striscia di Gaza, 7 dicembre 2023. (Abed Rahim Khatib/Flash90)

La Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha iniziato oggi un’udienza storica per stabilire se la devastante guerra di Israele contro la Striscia di Gaza sia un crimine di genocidio. Mentre le deliberazioni su tale questione potrebbero durare anni, il Sudafrica, che ha intentato la causa, punta a far sì che la Corte Internazionale di Giustizia emetta diversi ordini provvisori, tra cui la richiesta a Israele di sospendere immediatamente le operazioni militari; una sentenza su queste misure provvisorie potrebbe essere emessa entro poche settimane. Se Israele obbedirà o meno è un’altra questione.

In un documento di 84 pagine presentato in vista dell’udienza, il Sudafrica sostiene che Israele ha violato la Convenzione sul Genocidio del 1948 – di cui entrambi gli stati sono firmatari – perché le sue azioni attuali “sono destinate a portare alla distruzione di una parte sostanziale” della popolazione palestinese di Gaza. Al momento dell’apertura dell’udienza, secondo i dati disponibili, Israele ha ucciso oltre 23.350 palestinesi e sfollato con la forza l’85% della popolazione della Striscia negli ultimi tre mesi di ostilità. L’inasprimento dell’assedio di Gaza dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre ha portato anche a condizioni di grave fame e al crescente rischio di morte di massa per malattie.

In una mossa che è in controtendenza rispetto alla sua abitudine di boicottare le udienze presso i tribunali internazionali, Israele ha scelto di mettere insieme un team legale per difendersi. Due decenni fa, Israele si è rifiutato di partecipare a un’udienza della CIG sulla legalità della barriera di separazione che aveva costruito nella Cisgiordania occupata, e ha snobbato anche procedimenti più recenti sulla legalità dell’occupazione. Israele ha anche boicottato le udienze sulla sua condotta presso la Corte Penale Internazionale (CPI), un’entità separata dalla CIG che si trova proprio dall’altra parte della strada all’Aia.

Michael Sfard, uno dei principali avvocati israeliani per i diritti umani che si occupa largamente delle violazioni dello Stato nei territori occupati, ha molta esperienza in questo campo. Come molti avvocati, non ha fretta di scommettere sul risultato. Detto questo, in un’intervista nel suo ufficio all’inizio di questa settimana, ha dichiarato a +972 e Local Call che il Sudafrica può certamente raggiungere la soglia di prova richiesta in questa fase per un’ordinanza provvisoria che imponga a Israele di fermare i combattimenti a Gaza. Potrebbe anche essere emesso un ordine che richieda a Israele di riferire alla Corte su come sta agendo per prevenire il genocidio e su come sta affrontando l’incitamento al genocidio che proviene dai suoi stessi leader politici.

L’avvocato israeliano per i diritti umani Michael Sfard. (Oren Ziv)

Pur notando che la Corte Internazionale di Giustizia è per molti aspetti un “tribunale conservatore”, Sfard aggiunge che rappresenta comunque il mondo intero, la maggior parte del quale non è occidentale. In quanto tale, ha storicamente avuto empatia per i popoli deboli e oppressi, ed è stata determinante nella lotta per porre fine all’apartheid in Sudafrica. Ora, in solidarietà con i palestinesi, il Sudafrica guida l’accusa contro Israele.

La seguente conversazione con Michael Sfard è stata modificata per ragioni di lunghezza e chiarezza.

Qual è lo scenario: cos’è la Corte di Giustizia Internazionale e perché l’udienza si svolge lì?

La Carta delle Nazioni Unite del 1945 – firmata da tutti i membri dell’ONU, compreso Israele – afferma che la Corte Internazionale di Giustizia è l’organo giuridico supremo dell’ONU. La Costituzione stabilisce due poteri per la Corte: emettere pareri consultivi e pronunciarsi nelle cause tra Stati. I verdetti della Corte sono vincolanti per gli Stati che hanno sottoscritto la Costituzione dell’ONU. Uno Stato può concordare in modo specifico (ad hoc) che una particolare controversia venga discussa dalla CIG, oppure invocare trattati firmati che contengono una clausola che stabilisce la giurisdizione della CIG sulle controversie relative a tali trattati.

Israele ha sempre avuto riserve sulla clausola di giurisdizione e si è astenuto dall’accettare la giurisdizione della CIG in tutte le centinaia di trattati che ha firmato, tranne uno: la Convenzione sul Genocidio. L’articolo 9 della Convenzione prevedeva che, in caso di disaccordo tra i membri sull’autorità o l’interpretazione della Convenzione, la sede competente fosse la Corte Internazionale di Giustizia.

I decreti della CIG sono applicati dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I capitoli 6 e 7 della Carta delle Nazioni Unite prevedono una serie di sanzioni contro i Paesi che violano le sentenze della Corte, come sanzioni economiche, embargo sulle armi e interventi militari. Quest’ultimo è raro, ma si è verificato, ad esempio nella prima guerra del Golfo.

Perché Israele ha aderito alla giurisdizione della CIG nella Convenzione sul Genocidio?

Non sono uno storico del diritto; posso solo fare delle ipotesi. Israele è stato uno dei promotori del trattato e storicamente si può capire perché Israele abbia spinto per un simile trattato alla fine degli anni Quaranta e all’inizio degli anni Cinquanta. In secondo luogo, credo che all’epoca non si fosse ancora sviluppata l’idea, popolare tra gli israeliani, di non farsi giudicare dai gentili. Stiamo parlando di un’epoca in cui il sistema internazionale aveva da poco deciso di istituire uno Stato ebraico. Forse allora c’era un po’ più di fiducia in quel sistema.

Cosa costituisce una violazione della Convenzione?

Lo sfondo della Convenzione è la Seconda Guerra Mondiale, e in particolare l’Olocausto del popolo ebraico. Contrariamente a quanto molti pensano, i nazisti non furono processati per genocidio. Il crimine di genocidio non esisteva nell'”Accordo di Londra”, che è la carta del Tribunale Militare di Norimberga. Furono invece processati per il crimine di sterminio. Ma dopo Norimberga, è emersa l’argomentazione che il crimine di sterminio non era sufficiente, e che non coglieva la peculiarità di uno sterminio di massa volto a cancellare un gruppo umano.

Il collegio giudicante della Corte Internazionale di Giustizia durante l’udienza per l’emissione di un parere consultivo sulla conformità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo al diritto internazionale, L’Aia, 10 dicembre 2009. (Lybil Ber/CC BY-SA 4.0)

Si è trattato di un affascinante dibattito tra due giuristi ebrei, entrambi sopravvissuti all’Olocausto e originari di Leopoli, nell’odierna Ucraina: Raphael Lemkin, che coniò il termine “genocidio”, e Hersch Lauterpacht, che coniò il termine “crimine contro l’umanità”. Il loro disaccordo verteva sul fatto se l’uccisione di un milione di persone, perché appartenenti a un certo gruppo e con l’obiettivo di sradicarlo, fosse peggiore dell’uccisione di un milione di persone senza questa specifica intenzione.

L’interpretazione di Lemkin non fu espressa a Norimberga, ma in seguito le Nazioni Unite decisero di designare il genocidio come una categoria speciale a sé stante, chiamandolo spesso “il crimine dei crimini”. È definito come un atto di sterminio, o la creazione di condizioni che annientano un particolare gruppo con l’intenzione di sradicare quel gruppo o anche una parte distinta di esso.

La Convenzione, che è stata integrata nel diritto israeliano nel 1950, stabilisce che un soldato o un civile che uccide una persona, anche una sola, e che sa di far parte di un sistema volto all’annientamento, è colpevole del crimine di genocidio. La legge israeliana prevede la pena di morte. Ciò vale anche per coloro che cospirano per commettere un genocidio, per coloro che incitano al genocidio e per coloro che tentano di partecipare al genocidio.

Su cosa si basa il Sudafrica nella sua azione legale?

Il Sudafrica basa la sua accusa su due elementi. Uno è la condotta di Israele. Cita una grande quantità di statistiche sugli attacchi indiscriminati e sproporzionati contro le infrastrutture civili, nonché sulla fame, sull’enorme numero di vittime e sulla catastrofe umanitaria nella Striscia: statistiche terrificanti che il pubblico israeliano conosce a malapena, perché i media più diffusi non le riportano.

Il secondo e più difficile elemento da dimostrare è l’intento. Il Sudafrica sta cercando di dimostrare l’intento attraverso nove pagine fitte di riferimenti a citazioni di alti funzionari israeliani, dal presidente al primo ministro, ai ministri del governo, ai membri della Knesset, ai generali e al personale militare. Ho contato più di 60 citazioni – citazioni che parlano di sradicare Gaza, di appiattirla, di sganciare una bomba atomica e di tutte le cose che ci siamo abituati a sentire negli ultimi mesi.

Palestinesi che seppelliscono corpi in una fossa comune a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, 22 novembre 2023. (Atia Mohammed/Flash90)

Il caso del Sudafrica non si basa solo sul fatto che alcuni leader israeliani hanno fatto dichiarazioni genocide. Accusa Israele anche di non aver fatto nulla in risposta a queste dichiarazioni: non ha condannato le dichiarazioni, non ha destituito le persone che le hanno espresse, non ha aperto procedimenti disciplinari contro di loro e certamente non ha avviato indagini penali. Questo, per quanto riguarda il Sudafrica, è un argomento molto forte.

Anche se non abbiamo sentito il Capo di Stato Maggiore dell’IDF o il Generale del Comando Sud dire queste cose, e non abbiamo un ordine operativo che dice: “Andate e distruggete Gaza”, il fatto stesso che queste dichiarazioni siano state fatte da alti funzionari israeliani senza sanzioni o condanne esprime sufficientemente l’intenzione di Israele.

Il Sudafrica ha usato anche una piccola astuzia legale per arrivare qui, giusto?

Sì. La giurisdizione della Corte si determina quando sorge una controversia tra le parti sull’interpretazione o l’applicazione della Convenzione. Il Sudafrica ha inviato diverse lettere al governo israeliano dicendo: “State commettendo un genocidio”. Israele ha risposto: “No, non lo stiamo facendo”. Così il Sudafrica ha detto: “Ok, abbiamo una disputa sull’interpretazione della Convenzione”. Ecco come ha ottenuto l’autorità.

Cosa possiamo imparare da casi analoghi del passato della CIG, come quelli relativi ai genocidi in Bosnia e in Myanmar?

Innanzitutto, sappiamo da questi casi che l’onere della prova per il Sudafrica è significativamente più basso per ottenere un’ordinanza provvisoria che per dimostrare definitivamente che Israele sta commettendo un genocidio. Sappiamo anche che questa causa andrà avanti per anni: il caso della Bosnia ha richiesto 14 anni; Gambia contro Myanmar è ancora in corso. Ma la procedura per un’ordinanza provvisoria è veloce.

Il Gambia ha presentato la causa contro il Myanmar a nome dell’Organizzazione degli Stati Islamici. Ha chiesto un’ordinanza provvisoria che stabilisca che il Myanmar deve cessare le sue operazioni militari [contro il popolo Rohingya]. La Corte ha stabilito che in questa fase del procedimento non deve stabilire se sia stato commesso il crimine di genocidio. Ciò che deve decidere è se, senza un ordine provvisorio, vi sia un reale pericolo di violazione dei divieti stabiliti dalla Convenzione sul Genocidio.

Più di 10.000 persone manifestano in solidarietà con il popolo palestinese e chiedono la fine immediata dei bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza, Parigi, 22 ottobre 2023. (Anne Paq/Activestills)

In questo caso è stata emessa un’interessante ordinanza provvisoria, che credo abbia buone possibilità di essere emessa anche nei confronti di Israele – non riguardo ad attività militari, ma ad attività di incitamento. L’ordine della Corte ha anche richiesto al Myanmar di intraprendere azioni esecutive e di presentare relazioni alla CIG e al Gambia su ciò che sta facendo per prevenire il genocidio. Per quanto riguarda la cessazione delle attività militari del Myanmar, la questione è stata sottoposta al Consiglio di Sicurezza, dove Russia e Cina hanno minacciato il veto, ma i Paesi occidentali hanno imposto comunque sanzioni e un embargo militare.

Quindi, anche se il Sudafrica non riuscisse a far emettere alla Corte un ordine provvisorio per fermare l’attività militare di Israele, potrebbe accadere che nel contesto dell’incitamento – che in Israele gode di piena immunità – la Corte dica che Israele deve fare qualcosa.

Quali affermazioni possiamo aspettarci dalla difesa legale di Israele?

Non credo che Israele possa contestare i fatti [riguardo alla sua condotta a Gaza]. Tutt’al più, potrebbe dire: “Non abbiamo distrutto 10.000 edifici, ma solo 9.700”. L’arena principale della battaglia legale sarà la questione dell’intento. Ad esempio, il trasferimento forzato di oltre 1 milione di palestinesi dal nord della Striscia di Gaza al sud sarà presentato da Israele, io sospetto, come inteso a prevenire danni ai civili.

Mentre il Sudafrica sosterrà che il trasferimento mette in pericolo le loro vite.

Se spostate le persone in un’area in cui non c’è cibo o acqua, allora le costringete in un luogo in cui le condizioni sono tali da causare la loro morte; questo, pur non essendo un omicidio [diretto], è comunque considerato genocidio.

Israele dovrà rendere note le sue regole di ingaggio?

Se nelle regole d’ingaggio dell’esercito [che sono tenute segrete] è scritto che non si spara a chi ha le mani alzate – e non so se sia così – allora questo è importante. Questo minerebbe la tesi che l’esercito sia entrato per sradicare tutti.

Gli sforzi dichiarati da Israele per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza – anche se solo a parole – hanno creato quella che gli avvocati chiamano una “traccia cartacea”. Ma Israele dovrà ancora spiegare le dichiarazioni genocide fatte dai funzionari, soprattutto dai ministri del governo.

Fumo causato dagli attacchi aerei israeliani nella Striscia di Gaza, visti dal lato israeliano della barriera, 11 dicembre 2023. (Chaim Goldberg/Flash90)

Israele dirà che quei funzionari sono stupidi?

Sì. In generale, Israele potrebbe dire che [certi funzionari] sono stupidi o poco importanti – che [il ministro delle Finanze] Bezalel Smotrich e [il ministro del Patrimonio] Amichai Eliyahu non hanno alcuna influenza sull’operazione militare a Gaza. Israele dovrà ingigantire il rimprovero molto piccolo che Netanyahu ha fatto a Eliyahu [dopo che quest’ultimo aveva suggerito che Israele potrebbe sganciare una bomba nucleare su Gaza] quando ha detto che a Eliyahu era vietato partecipare alle riunioni di gabinetto, anche se poi Eliyahu vi ha comunque partecipato. Israele dirà che Netanyahu ha condannato pubblicamente quella dichiarazione.

Israele farà riferimento agli attacchi di Hamas del 7 ottobre?

Senza dubbio. Inquadreranno l’intera guerra attraverso la propria narrazione: “Questa non è una guerra che abbiamo iniziato o voluto. Al contrario, c’era un intero sistema umanitario nei confronti di Gaza; i gazawi lavoravano in Israele, e loro ci hanno attaccato, massacrato, violentato le nostre donne, e allora noi abbiamo intrapreso una guerra difensiva giustificata come nessun’altra. Pertanto, dire che abbiamo una sorta di cospirazione per sradicare i palestinesi è un fraintendimento del contesto in cui si è svolta questa operazione militare”.

Ma anche se è possibile accettare l’affermazione che non esisteva una cospirazione per sradicare i palestinesi prima del 7 ottobre, ciò non contraddice il fatto che il 7 ottobre possa aver prodotto tale desiderio.

Chi è presente a nome del Sudafrica?

Il Sudafrica ha inviato Dikgang Moseneke, ex vicepresidente della Corte Suprema del Paese, come giudice ad hoc per l’udienza. Moseneke, di colore, è stato un attivista anti-apartheid che ha trascorso 10 anni in prigione a Robben Island, quando anche Nelson Mandela era lì incarcerato.

Il capo del team legale sudafricano è il professor John Dugard, che è bianco ed è stato anche un oppositore del regime. Ha fondato il più importante istituto legale che ha lottato contro l’apartheid negli anni ’70 ed è stato relatore speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati negli anni 2000: conosce molto bene l’occupazione israeliana. E, per dovere di completa chiarezza, devo dire che sono anche molto amico di Dugard. Di recente ha pubblicato un’autobiografia in cui afferma che nel corso della sua vita ha vissuto tre apartheid: il primo in Sudafrica, il secondo in Namibia e il terzo in Israele e nei territori occupati.

Una protesta contro la guerra di Israele a Gaza, nel centro di Londra, 28 ottobre 2023. (Steve Eason/CC BY-NC 2.0 DEED)

Queste due figure arrivano alla CIG con un’importante posizione morale. Lo stesso vale per il Sudafrica: il nuovo Sudafrica si presenta come la punta di diamante della comunità internazionale per quanto riguarda il rispetto del diritto internazionale. È forse l’unico Paese al mondo che ha sancito il diritto internazionale come principio costituzionale.

Cosa ne pensi del fatto che Israele abbia scelto l’avvocato britannico Malcolm Shaw per presentare la sua difesa e l’ex presidente della Corte Suprema Aharon Barak come giudice ad hoc della giuria?

Shaw è un professore di diritto internazionale, uno dei massimi esperti mondiali in materia. Negli anni ’80 ha scritto un libro intitolato in modo molto creativo “Diritto internazionale”, che è stato poi ripubblicato sei volte – ne ho una copia qui in ufficio. Ha anche molta esperienza nel rappresentare gli stati in tribunali internazionali, specialmente per casi che hanno a che fare con controversie di confine.

Molto è già stato detto sulla nomina di Barak. Dal punto di vista di Israele, si tratta di un colpo di genio. Barak gode di grande prestigio nel mondo. Gli attivisti israeliani per i diritti umani come me conoscono due Barak: quello all’interno della Linea Verde e quello al di là della Linea Verde. È davvero un caso di Dottor Jekyll e Mister Hyde. Quale Barak si presenterà all’Aia? È una bella domanda.

Il fatto che Barak sia un sopravvissuto all’Olocausto è sicuramente importante. Porta con sé un’esperienza diretta del genocidio – non è solo qualcosa di teorico o legale per lui. Credo che chi lo ha scelto abbia capito che se c’è una possibilità che un israeliano sia in grado di influenzare o convincere gli altri giudici nelle loro discussioni interne, è lui. È il suo carisma, il prestigio che accompagna il suo nome e la sua mente giuridica.

Tra l’altro, chi dice che è lì “in rappresentanza di Israele” si dà la zappa sui piedi da solo. È stato nominato da Israele, ma da quel momento in poi si suppone che sia fedele solo al diritto internazionale e alla propria coscienza.

Ma se non si pronuncerà a favore di Israele, non avrà un posto dove tornare…

È vero.

Palestinesi a piedi su una strada principale dopo essere fuggiti dalle loro case a Gaza City verso la parte meridionale di Gaza, 10 novembre 2023. (Atia Mohammed/Flash90)

So che agli avvocati non piace scommettere sui risultati delle udienze, ma se la Corte Internazionale di Giustizia produce un’ordinanza provvisoria, cosa significherà per Israele?

Se la Corte emette un ordine, la questione è ovviamente se Israele lo obbedirà o meno. Conoscendo Israele, mi aspetto che non obbedisca all’ordine, a meno che non possa presentare la fine delle ostilità come il risultato di una propria decisione indipendente, non legata all’ordine della Corte.

Israele avrebbe buone ragioni per scegliere questa seconda opzione, perché disobbedire a un ordine della CIG porta la questione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. È vero che gli Stati Uniti hanno il diritto di veto e quindi una risoluzione per imporre sanzioni a Israele verrebbe molto probabilmente bloccata. Ma porre il veto a un’ordinanza della CIG che riguarda un possibile genocidio in atto avrebbe un prezzo politico enorme per il governo statunitense, sia a livello nazionale che internazionale.

L’amministrazione Biden vuole presentarsi come un governo che considera i diritti umani uno dei suoi pilastri. È quindi probabile che gli Stati Uniti pongano il veto a una risoluzione di questo tipo solo se, per compensare il veto, impongono un costo significativo a Israele, come ad esempio permettere ai residenti del nord di Gaza di tornare alle loro case, o avviare negoziati per la creazione di due Stati – non lo so.

Ma anche se gli Stati Uniti non usassero il loro veto in questo scenario, un ordine provvisorio della Corte Internazionale di Giustizia potrebbe causare seri problemi a Israele.

Esiste uno “Stato profondo” nella giustizia internazionale. Giuristi e giudici ascoltano ciò che dicono i tribunali importanti. E quando la CIG, nota anche come Corte Mondiale, emette le sue sentenze, i tribunali nazionali della maggior parte del mondo occidentale ne prendono atto. Pertanto, se la CIG stabilisce che c’è il rischio che venga commesso un genocidio, posso immaginare che un cittadino britannico si rivolga a un tribunale britannico e chieda che il Regno Unito cessi di commerciare armi con Israele. Un’altra implicazione è che una simile sentenza della CIG costringerebbe probabilmente il procuratore capo della CPI [Karim Khan] ad aprire una propria indagine.

Un grande cartellone che ringrazia il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per il suo sostegno a Israele è visibile sopra l’autostrada Ayalon a Ramat Gan, 11 ottobre 2023. (Avshalom Sassoni/Flash90)

E cosa comporterebbe una vittoria israeliana alla Corte?

Nel caso di una clamorosa vittoria israeliana, questo raddoppierà, triplicherà, quadruplicherà, quintuplicherà l’hasbara [propaganda] di Israele riguardo ad altre accuse che potrebbero essere più facili da dimostrare rispetto al genocidio. Perché se qualcuno dice a Israele: “State commettendo i crimini contro l’umanità del trasferimento forzato e dei bombardamenti indiscriminati e sproporzionati”, Israele dirà: “Ancora questa diffamazione antisemita del delitto di sangue [blood libel]? Abbiamo già dimostrato che le accuse contro di noi sono false”.

Quindi il Sudafrica e i palestinesi stanno giocando d’azzardo?

È una scommessa. In ogni procedimento legale – da una causa per la violazione di un contratto di affitto a una causa per genocidio – ci sono sempre dei rischi. Tuttavia, credo che una clamorosa vittoria israeliana non sia realistica, perché almeno per quanto riguarda l’incitamento, Israele non avrà risposte valide da dare alla Corte.

Entro quale termine è prevista la decisione della Corte?

Non ci sono regole fisse, ma nel caso Gambia/Myanmar la decisione è stata presa entro un mese. Va ricordato che questo caso [Gaza] continuerà dopo l’udienza sull’ordinanza provvisoria. Israele dovrà presentare prove che lo scagionino dall’accusa di genocidio, ma nel farlo potrebbe trovarsi in difficoltà con la CPI. Ad esempio, potrebbe spiegare di aver bombardato un certo luogo perché stava perseguendo un obiettivo militare, ma potrebbe in tal modo fare delle ammissioni che creano una base per l’affermazione che ha usato una forza sproporzionata.

E, a titolo personale, come giudichi il fatto che Israele sia accusato di genocidio?

Vengo da una famiglia di sopravvissuti all’Olocausto e il fatto stesso che se ne parli, e che l’accusa non sia priva di fondamento, è straziante. Mio nonno, il sociologo Zygmunt Bauman, ha scritto della sindrome delle vittime che aspirano a diventare carnefici e del perché bisogna impegnarsi per evitarla. Temo che abbiamo fallito a questo riguardo.

In collaborazione con LOCAL CALL

Meron Rapoport è redattore di Local Call.

https://www.972mag.com/israel-genocide-icj-michael-sfard/

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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