Il Manifesto, 22 ottobre 2923.
La distruzione di Gaza e l’accanimento contro la sua popolazione non porterà la sicurezza d’Israele. Il seme della vendetta piantato da Hamas è veleno, se raccolto il conflitto si allarga.
Tante sono le iniziative che si stanno realizzando nelle città italiane e del mondo per dire basta a questa ennesima guerra, per evitare che al terrore seminato da Hamas, vinca la vendetta di Israele sulla popolazione civile di Gaza, dove 2,3 milioni di persone sono imprigionate senza più cibo, servizi sanitari, abitazioni, acqua, un disastro umanitario che nessuno sembra in grado di fermare.
Va detto e ridetto questa è la sconfitta di tutti. Nessuno si può salvare da questa responsabilità di lasciar consumare un crimine di guerra in mondovisione, in attesa dei bollettini di guerra che aggiornano numeri di morti, di distruzioni, di emergenze e richieste di aiuto inascoltate.
Non sarà la distruzione di Gaza e l’accanimento contro la sua popolazione a portare la sicurezza d’Israele. Il seme della vendetta piantato da Hamas e dai suoi alleati, è un seme avvelenato che non va raccolto se non si vuole andare ad una guerra senza più limiti e barriere.
I segnali di una estensione della guerriglia, dell’azione dei “lupi solitari”, delle alleanze più impensabili per generare caos e disordine internazionale ci sono tutti. Ed ancora una volta a pagare il conto sono le popolazioni e le democrazie, i diritti e le libertà. In due settimane i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane sono raddoppiati. A Gerusalemme ed in Cisgiordania gli scontri ed i morti non si contano più. La frontiera tra Israele ed il Libano è nuovamente area di guerra. In Europa e negli Stati uniti gli allarmi di attentati si moltiplicano negli aeroporti, nelle stazioni nei metro, nelle sinagoghe, nelle moschee. Guterres, segretario Generale delle Nazioni Unite, impotente si commuove di fronte al disastro umanitario al valico di Rafah. Un alto funzionario del Dipartimento di Stato Americano si dimette per disperazione. 850 funzionari della Unione Europea si dissociano dalle posizioni espresse dalla Presidente Ursula von del Leyen che non pone nessun fremo all’azione militare israeliana a Gaza e non fa menzione della necessità di lavorare per la pace. 500 ebrei americani sono arrestati per aver chiesto l’immediato cessate il fuoco. In Francia è vietato manifestare pro-Palestina e si punisce con l’arresto chi trasgredisce. Biden parla alla nazione ed annuncia un investimento di 105 miliardi di dollari per continuare la guerra in Ucraina e per sostenere la difesa d’Israele.
Sono questi alcuni dei tanti segnali che ci fanno dire, fermiamoci, fermatevi. Rimettiamo al centro la necessità di rispettare il diritto internazionale che non è cosa astratta ma è la traduzione codificata di ciò che esprime la nostra società in termini di principi e di valori che permettono la pacifica convivenza. Prendere decisioni o tollerare la violazione di questo impianto è come voler entrare con un bulldozer in casa per pulire il pavimento. Si distrugge la casa ed il condominio.
Tutti noi dobbiamo riprendere la pace per mano ed il primo passo è fermare la violenza, proteggere i civili, sedare la sete di vendetta, non bere alla fonte dell’odio. Oggi è urgente che le istituzioni nazionali ed internazionali si esprimano con chiarezza e con urgenza contro l’azione militare in corso nella Striscia di Gaza, perché è loro obbligo di dirlo e di farlo. Non è solo per una questione morale, ma per il rispetto delle regole che ci siamo dati come comunità internazionale e non possono essere le istituzioni democraticamente elette a violare le regole o ad usare il “doppio standard”.
Esigere, con tutti i mezzi della diplomazia e della politica, che Israele tolga l’assedio alla popolazione di Gaza e, nella sua azione di difesa, rispetti il diritto umanitario internazionale, non è un’azione contro Israele ma, al contrario, è la migliore azione che si possa fare per salvare Israele dalla trappola che gli è stata tesa. E stessa cosa vale per i palestinesi che non debbono cadere nella stessa trappola consegnando il loro diritto di autodeterminazione alla logica della violenza e del terrore.
Solo rimettendo in ordine le cose, si può ricostruire il percorso della pacifica convivenza: impegnarci tutti insieme per il cessate il fuoco, essere tutti uniti nella richiesta della liberazione degli ostaggi e nella protezione della popolazione civile. Uniti nel chiedere che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite prenda in mano il processo di pace e convochi la conferenza internazionale di pace per il riconoscimento dello Stato di Palestina che dovrà porre fine all’occupazione e consentire alle parti di definire tutti gli aspetti ed i punti che dovranno porre fine a 75 anni di conflitto.
Il 27 ottobre saremo nuovamente nelle piazze italiane per ribadire le ragioni dell’appello «Fermiamo la guerra, riprendiamo per mano la pace», condividendo l’invito di papa Francesco e l’iniziativa di Amnesty International e dell’Associazione delle ONG italiane di cooperazione e di solidarietà, per essere in tanti in questo percorso, difficile e doloroso per tutti, di ricomposizione e di ricostruzione di convivenza, di diritti e di democrazia ma che ci deve unire tutti quanti sotto la bandiera della pace.
Sergio Bassoli: Area Internazionale CGIL – Rete Pace Disarmo – AssisiPaceGiusta
https://ilmanifesto.it/fermiamo-la-guerra-riprendiamo-per-mano-la-pace
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