di Yair Wallach,
The Guardian, 8 ottobre 2023.
Il movimento di guerriglia che governa Gaza potrebbe avere l’obiettivo di spingere Israele a negoziare o a mettersi alla guida della Cisgiordania. In ogni caso, nessuno sa se avrà successo.
L’attacco di Hamas a Israele di questo fine settimana somiglia in modo inquietante alla guerra dello Yom Kippur del 1973, avvenuta esattamente 50 anni fa. In entrambi i casi, un’accurata preparazione militare araba è stata in grado di cogliere di sorpresa un governo e un’intelligence militare israeliani troppo sicuri di sé. Ora, come allora, un devastante attacco è stato sferrato in un’insospettabile mattina di una festività ebraica (Shemini Atzeret, che segue la festa di Sukkot).
Differenza evidente è che alla guerra dello Yom Kippur diedero il via due eserciti armati e addestrati. L’Egitto e la Siria, sostenuti dall’Unione Sovietica, tentarono di riconquistare i territori del Sinai e delle Alture del Golan, occupati da Israele nel 1967. Fu una guerra convenzionale, in cui morirono migliaia di soldati. Hamas, invece, è un movimento di guerriglia che dal 2007 governa Gaza, una striscia di terra tra il Mediterraneo e Israele dove 2 milioni di persone vivono sotto assedio in una “prigione a cielo aperto”. I militanti di Hamas hanno attraversato il confine e sono riusciti a prendere temporaneamente il controllo di installazioni militari, città e villaggi, mentre l’esercito israeliano appariva impotente.
Un simile attacco da parte delle forze palestinesi non ha precedenti. Ma, a differenza del 1973, non si tratta di un tentativo di occupare e mantenere il territorio. Si tratta essenzialmente di un raid mortale su larga scala, con l’obiettivo di uccidere, distruggere e portare prigionieri e ostaggi a Gaza. Somiglia agli attacchi dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina negli anni ’70, solo su scala molto più ampia. I numeri attuali suggeriscono che più di 600 israeliani sono stati sono stati uccisi, la stragrande maggioranza dei quali civili. Molte famiglie sono state uccise nelle loro case. Migliaia sono i feriti. Questo è stato di gran lunga il giorno più ferale nella storia di Israele, superando i momenti peggiori degli attentati suicidi del 2000 o della guerra del 1948. Si ritiene che siano circa 100 gli ostaggi israeliani ora a Gaza.
Qual è lo scopo di Hamas? Nel 1973 c’era un chiaro calcolo egiziano. Israele aveva respinto le precedenti offerte egiziane di un ritiro negoziato dal Sinai e il presidente egiziano, Anwar Sadat, riteneva che un risultato militare circoscritto avrebbe spostato l’equilibrio di potere portando Israele al tavolo dei negoziati. Cruciale, a questo proposito, era la transizione dell’Egitto dalla sfera d’influenza sovietica al patrocinio degli Stati Uniti. Sadat ha corso un rischio, ma il contesto geopolitico poteva supportarlo.
Sembra che anche Hamas stia cercando di costringere Israele a negoziare. Nel 2018, il leader di Hamas Yahya Sinwar inviò una nota in ebraico al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, suggerendogli di correre un “rischio calcolato” accettando una tregua a lungo termine.
Netanyahu accettò di allentare la pressione su Gaza, ma non era disposto ad accettare le richieste di Hamas a lungo termine, tra le quali uno scambio di prigionieri su larga scala, la revoca dell’assedio aprendo il valico di frontiera internazionale, la creazione di un porto e di un aeroporto a Gaza. Dopo 16 anni di assedio e diversi cicli di guerra catastrofici, in cui sono stati uccisi migliaia di abitanti di Gaza, Hamas potrebbe sperare di rompere l’impasse. Ma il clima internazionale è già ostile a Hamas e un attacco con così tante vittime civili e ostaggi non migliorerà la situazione.
Con il governo di estrema destra israeliano, un accordo negoziale sembra impensabile. Ieri Netanyahu ha invitato i palestinesi di Gaza ad “andarsene” – non è chiaro verso dove – e ha minacciato un’ondata indiscriminata di bombardamenti contro Hamas. Da allora, centinaia di palestinesi sono stati uccisi. In una riunione di gabinetto, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha invocato una rappresaglia “crudele”, che suggerisce che le decine di ostaggi israeliani a Gaza potrebbero morire a causa dei bombardamenti. Per l’estrema destra israeliana, questa è anche un’opportunità per inasprire le tensioni tra Israele e la Cisgiordania, l’altro territorio palestinese compreso tra la sponda occidentale del fiume Giordano e la frontiera orientale di Israele, dal momento che i membri della Knesset parlano apertamente di espulsione su larga scala dei palestinesi come risultato desiderato.
In Israele a gran voce – e non solo all’interno dell’estrema destra – si chiede alle Forze di Difesa israeliane di rioccupare Gaza e rimuovere Hamas dal potere. Una campagna del genere non è impensabile, data l’entità delle perdite subite da Israele. Ma costerebbe carissimo in termini di vite umane e porterebbe al dominio militare israeliano diretto della Striscia di Gaza, un’area che Israele ha lasciato quasi 30 anni fa. D’altra parte, di certo l’opinione pubblica israeliana premerà per ottenere il rilascio degli ostaggi. Ciò richiede inevitabilmente un accordo con Hamas. Ma probabilmente una tale risoluzione politica comporterebbe il rilascio di massa dei prigionieri e ulteriori concessioni a Gerusalemme e in Cisgiordania. Le possibilità di un tale accordo sembrano remote.
Alcuni commentatori ritengono che l’attacco sia un tentativo coordinato dall’Iran di sventare la “normalizzazione” saudita con Israele. Tale spiegazione non è convincente. La volontà degli Stati del Golfo di normalizzare le relazioni con Israele può aver galvanizzato la volontà di Hamas di agire, ma un’escalation importante in Palestina/Israele era già in corso, con un drammatico aumento delle vittime palestinesi in Cisgiordania, la pulizia etnica di diverse piccole comunità, l’intensificarsi degli attacchi dei coloni e le evidenti modifiche allo status quo della moschea di al-Aqsa/Monte del Tempio a Gerusalemme. Molti, quindi, ritenevano che una rivolta popolare – un’altra intifada – fosse solo questione di tempo.
È possibile che Hamas abbia capito che l’escalation era in arrivo e abbia voluto mantenere l’iniziativa nelle proprie mani, piuttosto che rispondere a una rivolta popolare. Questo attacco è il più grande colpo militare che i palestinesi abbiano mai inferto a Israele. L’Autorità Nazionale Palestinese, che controlla la Cisgiordania, e il suo capo, Mahmoud Abbas, 87 anni, stanno dissolvendosi nell’insignificanza, Hamas mira a posizionarsi come la vera leadership palestinese per la prossima fase, anche se ciò significa rischiare uno scontro di cui nessuno può prevedere l’esito.
Yair Wallach è professore associato di Studi israeliani e responsabile del Centro di Studi Ebraici della SOAS, Università di Londra.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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