L’appello di Netanyahu a deportare gli eritrei dimostra che il razzismo di Israele ha dimensioni globali

Set 7, 2023 | Notizie

di Neve Gordon,

Al Jazeera, 6 settembre 2023. 

Il diritto internazionale vieta a Israele di espellere gli eritrei. Ma questo divieto, come i palestinesi sanno bene, non l’ha fermato in passato.

Manifestanti eritrei si scontrano con la polizia antisommossa israeliana a Tel Aviv, il 2 settembre 2023. Centinaia di richiedenti asilo eritrei hanno distrutto vetrine e auto della polizia a Tel Aviv e si sono scontrati con la polizia durante una protesta contro un evento organizzato dall’ambasciata eritrea [Ohad Zwigenberg/AP Photo].

Quando la comunità eritrea in Israele, che attualmente conta circa 18.000 richiedenti asilo, ha saputo che il proprio Paese stava organizzando un festival celebrativo a Tel Aviv, è insorta.

La maggior parte di loro è fuggita dall’Eritrea 15 anni fa a causa delle politiche repressive attuate dal leader autoritario Isaias Afwerki, che governa il Paese con il pugno di ferro da quando ha ottenuto l’indipendenza dall’Etiopia nel 1993.

Il loro errore? In Israele pensavano di essere in una democrazia che avrebbe ascoltato e rispettato le loro preoccupazioni. Ma ormai sono stati disillusi da politiche razziste e da un primo ministro per il quale gli eritrei sono solo un “problema”.

Mentre il Canada, i Paesi Bassi e il Regno Unito hanno cancellato le celebrazioni per il 30° anniversario dell’indipendenza, programmate dalle ambasciate eritree nelle varie capitali, la polizia israeliana ha invocato la libertà di espressione e ha deciso di non annullare la festa. Quando sia i richiedenti asilo eritrei sia i sostenitori del regime di Afwerki si sono radunati fuori dalla sala dell’evento, è arrivata anche la polizia. Nonostante gli avvertimenti lanciati dai leader della comunità, tuttavia, gli agenti non sono arrivati sufficientemente preparati in termini di numero e di equipaggiamento anti-sommossa.

Si sono verificati scontri tra i due gruppi eritrei e, quando la polizia ha cercato di imporre l’ordine, anche i manifestanti si sono rivolti contro i poliziotti. Oltre 100 persone sono rimaste ferite, di cui circa 19 in modo grave.

Durante gli scontri, la polizia ha anche sparato proiettili veri, il che spiega perché diversi manifestanti sono attualmente ricoverati in ospedale in terapia intensiva. Non accadeva dalle proteste dell’ottobre 2000 – quando la polizia uccise 13 cittadini palestinesi di Israele – che la polizia sparasse munizioni vere contro manifestanti all’interno dei confini pre-1967.

Il “problema eritreo”

In seguito agli scontri, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato una commissione ministeriale speciale per valutare la situazione e stabilire come gestire gli “infiltrati che violano la legge”. In tal modo, dopo oltre un semestre in cui non è riuscito a trovare una strategia per affrontare le manifestazioni di massa (a maggioranza ebraica) contro le sue riforme giudiziarie, Netanyahu è tornato nel suo elemento.

Prima ha definito i richiedenti asilo come criminali e ha detto che “la massiccia infiltrazione illegale in Israele dall’Africa costituisce una minaccia tangibile al futuro di Israele come Stato ebraico e democratico”. Si è poi complimentato per la costruzione di una recinzione al confine meridionale di Israele con l’Egitto, che avrebbe fermato “centinaia di migliaia, se non milioni, di africani che avrebbero nuovamente preso d’assalto lo Stato di Israele”.

Sottolineando che “rimane il problema di coloro che sono entrati prima che la recinzione fosse completata”, ha proseguito chiamando a raccolta la sua base contro la Corte Suprema e contro tutti coloro che respingono gli sforzi del governo di introdurre riforme giudiziarie. “Volevamo fare di più”, ha detto. “Abbiamo proposto una serie di passi… ma purtroppo sono stati tutti respinti dall’Alta Corte di Giustizia”.

Infine, riprendendo il linguaggio usato dai leader di altri regimi oscuri, ha parlato degli eritrei come di un “problema” da risolvere e ha incaricato la commissione ministeriale di “preparare un piano completo e aggiornato per rimpatriare tutti i restanti infiltrati illegali nello Stato di Israele”.

Quando la legge è selettiva

Gli ultimi commenti di Netanyahu si inseriscono perfettamente nel suo tentativo di ritrarre se stesso come il salvatore di Israele dall’Armageddon, ma mentre in passato i colpevoli erano l’Iran, Hamas, Hezbollah e i palestinesi in generale, la nuova minaccia esistenziale proviene ora da alcune migliaia di richiedenti asilo eritrei.

Ma chi sono le persone che Netanyahu vuole espellere?

Spesso descritta come ‘la Corea del Nord africana’, l’Eritrea ha istituzionalizzato il “lavoro forzato”, in cui uomini e donne non sposate sono arruolati nel servizio militare o civile a tempo indeterminato con una paga bassa, senza alcuna possibilità di scegliere la loro occupazione o il luogo di lavoro.

Il congedo dal servizio nazionale è arbitrario, le procedure sono poco trasparenti e, come riferisce Human Rights Watch, i coscritti sono spesso sottoposti a punizioni inumane e degradanti, compresa la tortura.

Anche le sparizioni, le esecuzioni extragiudiziali e le detenzioni prolungate sono comuni e qualsiasi resistenza al governo di Afwerki viene trattata con durezza. Per questo motivo si stima che 580.000 eritrei abbiano cercato asilo in altri Paesi.

Inoltre, i richiedenti asilo sono stati oggetto di abusi da parte delle autorità e delle forze di sicurezza eritree, sia quando si trovavano all’estero sia in seguito a rimpatri forzati da Paesi come l’Egitto.

I Paesi occidentali riconoscono la situazione dei richiedenti asilo eritrei e, secondo Shira Abu della Hotline for Refugees and Immigrants di Tel Aviv, “oltre l’80% è stato riconosciuto come rifugiato [in altri Paesi], mentre solo il disfunzionale sistema di asilo israeliano si rifiuta di esaminare le loro domande in conformità con la Convenzione ONU sui rifugiati e con gli standard accettati a livello internazionale”.

Israele, un Paese nato per ospitare i rifugiati ebrei dall’Europa, come i palestinesi sanno bene, ha sempre opposto resistenza all’estensione della copertura del diritto internazionale ai non ebrei.

Apartheid globale

Anche dopo gli scontri di sabato, il governo non ha una soluzione pronta per il “problema” eritreo. Finora i pubblici ministeri hanno deciso di ritirare le accuse penali contro i 50 eritrei arrestati durante le proteste, che sono stati trasferiti alla detenzione amministrativa.

La logica di queste mosse è chiara: il governo può imprigionare gli eritrei senza dimostrare che abbiano commesso un reato, poiché la fedina penale sporca danneggerebbe le possibilità dei richiedenti asilo di essere accettati in un altro Paese in caso di “partenza volontaria”. L’idea è quella di spingere gli eritrei a lasciare Israele per loro scelta.

Tuttavia, anche se i manifestanti imprigionati dovessero accettare l’”espulsione volontaria”, nessun Paese occidentale accetterà facilmente i richiedenti asilo eritrei che vivono in Israele da 15 anni, e non c’è chiarezza sulle soluzioni che la commissione ministeriale sta attualmente elaborando.

Forse, come nel piano del Regno Unito di spedire i richiedenti asilo in Ruanda, Israele stipulerà un qualche tipo di accordo nefasto con un altro Paese africano, in cambio della promessa di armi israeliane o di addestramento militare, che potrebbero o meno essere usati contro la stessa cittadinanza di quel Paese.

Mentre all’interno di Israele il sistema di apartheid viene utilizzato principalmente per violare i diritti dei palestinesi, quando si tratta di richiedenti asilo, in particolare quelli provenienti dall’Africa, la logica dell’apartheid opera su scala globale.

La tragica realtà è che in questo scenario – imprigionare i rifugiati e trattarli come criminali – Israele non è affatto un’eccezione sulla scena internazionale. Lo abbiamo visto negli sforzi del Regno Unito per gestire i propri migranti africani. Gli standard legali relativi ai richiedenti asilo non consentirebbero il rimpatrio, ma è così che funziona l’apartheid globale in un mondo diviso tra chi ha e chi non ha.

Neve Gordon è professore di diritto internazionale presso la Queen Mary University di Londra. È anche autore di Israel’s Occupation e co-autore di The Human Right to Dominate.

https://www.aljazeera.com/opinions/2023/9/6/netanyahus-call-to-deport-eritreans-shows-israels-racism-is-global

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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