Nuove linee guida dell’UE danno un giro di vite alle importazioni israeliane dalla Cisgiordania

di Jonathan Shamir,

Haaretz, 19 giugno 2023. 

Dopo la decisione UE del 2015 di etichettare i prodotti degli insediamenti, che scatenò le proteste dei politici israeliani, le nuove misure dell’Unione Europea mirano a rafforzare l’effettiva applicazione di quelle norme.

Le bandiere dell’Unione Europea sventolano davanti alla sede della Commissione Europea a Bruxelles, Belgio, 2020. Yves Herman/ REUTERS

L’Unione Europea ha compiuto un passo significativo nell’assicurare il rispetto delle tariffe doganali sui prodotti israeliani provenienti dalla Cisgiordania e da altri territori occupati da Israele nel 1967.

Da quando Israele firmò nel 1995 un accordo di esenzione doganale con l’UE, il blocco dei paesi europei è diventato il suo più grande mercato di esportazione, per un valore di circa 17 miliardi di euro all’anno.

Un altro accordo raggiunto nel 2004 escludeva gli insediamenti dal trattamento preferenziale, ma il sistema – che richiede agli esportatori di inserire il codice postale di origine in un modulo di supporto – ha sofferto di un’applicazione disomogenea.

Secondo le nuove linee guida emesse dal Dipartimento del Commercio della Commissione Europea, agli importatori sarà negato l’accesso al sistema tariffario preferenziale a meno che non inseriscano un codice speciale che confermi che le merci non provengono da insediamenti nella dichiarazione doganale elettronica principale, che sarà quindi controllata automaticamente.

Sebbene i prodotti provenienti dalla Cisgiordania, da Gerusalemme Est e dalle Alture del Golan non siano vietati, è più probabile che la nuova politica garantisca che non godano dell’esenzione tariffaria concessa alle imprese che si trovano all’interno dei confini di Israele riconosciuti a livello internazionale.

Soldati israeliani partecipano a un’esercitazione militare nelle alture del Golan annesse a Israele in aprile 2023. JALAA MAREY – AFP

La mossa è la prima nuova misura di seria applicazione degli accordi da parte dell’Unione Europea dopo la decisione di etichettare i prodotti degli insediamenti nel 2015, che scatenò le proteste dei politici israeliani.

La dichiarazione della Commissione Europea, pubblicata il 16 maggio 2023, ha ricevuto poca o nessuna attenzione da parte dei media. Alcuni Stati membri, tra cui Spagna e Belgio, hanno aggiornato le loro linee guida sul commercio con Israele sui loro siti web.

Il sistema di dichiarazione è simile alla misura adottata dall’Unione Europea nel 2022 per garantire che i prodotti ucraini non provengano dalle zone occupate dalla Russia, anche se in quel caso i prodotti stessi sono soggetti a un divieto generale, piuttosto che alla negazione di benefici tariffari.

Il Ministero degli Esteri israeliano ha risposto di aver verificato i dettagli con le controparti europee, che hanno chiarito che l’aggiornamento è solo “tecnico” e che “non c’è alcun cambiamento di politica quando si tratta [di] esportare prodotti da Israele”.

“Tuttavia, il Ministero degli Esteri israeliano continua a esaminare da vicino le implicazioni del suddetto aggiornamento”, ha dichiarato un portavoce ad Haaretz.

Dal 2005, il Ministero delle Finanze israeliano compensa gli esportatori che producono negli insediamenti per la perdita dei benefici dell’esenzione doganale, quindi le aziende non sono direttamente interessate dalle politiche dell’UE in materia.

L’ufficio stampa dell’Unione Europea in Israele ha dichiarato ad Haaretz che la mossa “non implica alcuna modifica dell’Accordo Tecnico [l’accordo del 2004], ma è solo legata alla sua attuazione”.

Questa dichiarazione UE spiega che le amministrazioni doganali hanno sinora controllato il luogo di origine solo “nel caso in cui sia stato effettuato un controllo documentale della prova di origine”, aggiungendo che “tali controlli erano casuali e quindi in numero limitato. Le dogane dovevano fidarsi della diligenza del dichiarante”.

Frank Janssens, un esperto indipendente di dogane, ha affermato che la politica precedente era “abbastanza buona da un punto di vista legale, [ma] da un punto di vista operativo le cose erano più difficili da controllare”, aggiungendo che la mossa attuale “rafforzerà la corretta messa in opera”.

Dopo l’elezione del governo più estremo della storia di Israele, l’Unione Europea ha subito crescenti pressioni per far rispettare la cosiddetta “politica di differenziazione” [distinguere tra Israele nei confini del 1967 e Israele più Territori Occupati].

Oltre all’espansione degli insediamenti, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha delegato l’autorità civile in Cisgiordania a Bezalel Smotrich, il che, secondo i critici, equivale a un’annessione de facto del territorio destinato a uno Stato palestinese.

Un cantiere per la costruzione di nuovi progetti abitativi nell’insediamento israeliano di Givat Ze’ev in Cisgiordania. Ohad Zwigenberg /AP

Da parte di Israele, i livelli di resistenza all’approccio dell’Unione Europea alla Cisgiordania sono dipesi in larga misura dagli orientamenti politici del governo.

Evin Incir, deputato svedese del Partito Socialdemocratico, ha dichiarato ad Haaretz: “I nuovi passi sono importanti, ma non sufficienti. Innanzitutto, arrivano 8 anni dopo la decisione sull’etichettatura dei prodotti degli insediamenti israeliani. In secondo luogo, devono essere pienamente applicati da tutti gli Stati membri per garantire il rispetto della decisione. In terzo luogo, i prodotti degli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale, quindi non capisco la contrarietà a vietare completamente questi prodotti come abbiamo fatto con i prodotti provenienti dalle aree occupate dalla Russia. Il diritto internazionale deve essere rispettato in tutti i casi”.

Mentre molte amministrazioni passate di Israele hanno tacitamente accettato i termini dell’UE, Naftali Bennett l’anno scorso ha scelto di porre il veto all’ingresso di Israele in Europa Creativa, un programma di cooperazione culturale con l’Unione Europea, a causa della “clausola territoriale” che impedisce di estendere il programma alle istituzioni israeliane in Cisgiordania.

Martin Konecny, che dirige l’European Middle East Project, un’organizzazione della società civile di Bruxelles che si occupa di Israele-Palestina, ha dichiarato ad Haaretz che la mossa “è la soluzione più significativa rispetto all’Accordo Tecnico da quando è stato concordato nel 2004. Ma la domanda è perché l’UE continui a commerciare con gli insediamenti, se sono illegali”.

https://www.haaretz.com/israel-news/2023-06-19/ty-article/.premium/new-eu-guidelines-crack-down-on-israeli-imports-from-west-bank/00000188-d3f3-d6f3-afaa-fbfb7d010000?utm_source=App_Share&utm_medium=iOS_Native

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

.

Lascia un commento