Israele sta ufficialmente annettendo la Cisgiordania

Giu 10, 2023 | Notizie, Riflessioni

di Michael Sfard,

ForeignPolicy, 8 giugno 2023. 

Una silenziosa manovra burocratica del governo Netanyahu ha cominciato a trasferire il controllo sul territorio occupato dai leader militari a quelli civili, violando il diritto internazionale.

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich partecipano ad una conferenza stampa presso l’ufficio del Primo Ministro a Gerusalemme il 25 gennaio. RONEN ZVULUN/POOL/AFP via Getty Images

Il 22 novembre 1967, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite discusse una risoluzione che sarebbe diventata la direttiva più importante della comunità internazionale sul conflitto israelo-palestinese dopo il piano di spartizione della Palestina del 1947. La discussione riguardava l’esito della guerra del 1967, durante la quale Israele aveva trionfato sui suoi vicini arabi per conquistare la Cisgiordania e Gerusalemme Est dalla Giordania, la Striscia di Gaza e la Penisola del Sinai dall’Egitto e le Alture del Golan dalla Siria.

Al Consiglio di Sicurezza, l’allora Ministro degli Esteri israeliano Abba Eban disse: “Rispetteremo e manterremo pienamente la situazione sancita negli accordi di cessate il fuoco, fino a quando agli accordi non seguiranno trattati di pace tra Israele e gli Stati arabi che pongano fine allo stato di guerra”. Eban non era del tutto veritiero: quando faceva la sua dichiarazione, Israele aveva già applicato unilateralmente la sua legge su Gerusalemme Est; avrebbe fatto lo stesso 15 anni dopo, annettendo formalmente le Alture del Golan. Inoltre, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, l’espansione degli insediamenti in Cisgiordania avrebbe approfondito il controllo israeliano e reso sempre più improbabile un ritiro militare. (Israele restituì la Penisola del Sinai all’Egitto in seguito a un trattato di pace del 1979.)

Tuttavia, a parte il nebuloso linguaggio diplomatico, il discorso di Eban avrebbe definito la posizione ufficiale di Israele sulla Cisgiordania per i 50 anni a venire; lo status finale del territorio occupato doveva essere deciso in colloqui con intervento di mediatori. Questo fino a pochi anni fa, quando il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha iniziato a promuovere apertamente una politica di annessione unilaterale. Una recente manovra burocratica all’interno del suo nuovo governo di estrema destra ha reso quasi ufficiale l’annessione, iniziando il processo di trasferimento di molti poteri di supervisione sulla Cisgiordania dai leader militari a quelli civili, in violazione del diritto internazionale.

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Fin dall’inizio, Israele ha cercato di perpetuare la sua sovranità unilaterale in Cisgiordania. Per decenni, mentre i governi israeliani che si sono succeduti lusingavano il mondo con la prospettiva di risolvere il futuro status del territorio occupato attraverso i negoziati, le azioni di Israele sul terreno raccontano una storia molto diversa.

Secondo il diritto internazionale, uno stato occupante è considerato un amministratore temporaneo  –non un sovrano– del territorio che occupa. Ciò significa che è obbligato a preservare il più possibile lo stato precedente all’occupazione del territorio. Ma in Cisgiordania Israele ha fatto il contrario: ha agito come sovrano sfruttando la terra e le risorse del territorio al servizio di un colossale progetto di colonizzazione, soprattutto sotto forma di insediamenti israeliani.

Dal 1967, Israele ha costruito più di 130 insediamenti (e ha aiutato a costruire circa 140 avamposti) in Cisgiordania; oggi, 700.000 coloni israeliani vivono nel territorio, di cui circa 230.000 a Gerusalemme Est, secondo Peace Now, un’organizzazione non governativa israeliana di cui io sono consulente legale. I coloni israeliani, che godono di pieni diritti civili e politici e sono perfettamente collegati alle infrastrutture e alle risorse di Israele, risiedono accanto a milioni di Palestinesi soggetti al dominio militare israeliano, che non hanno alcuna voce in capitolo sul modo in cui vengono governati. Numerose importanti organizzazioni non governative israeliane e internazionali hanno paragonato questo sistema biforcuto all’apartheid. (Sono stato autore del primo rapporto di un gruppo israeliano di questo tipo, Yesh Din, nel 2020).

Le leggi internazionali di guerra, così come lo statuto della Corte Penale Internazionale (CPI), considerano un crimine di guerra il trasferimento della popolazione civile di uno stato occupante nel territorio occupato. Questo divieto, insieme al divieto di trasferimenti forzati all’interno di un territorio e di deportazioni al di fuori di un territorio di persone occupate (il Presidente russo Vladimir Putin è stato incriminato per quest’ultimo reato dalla Corte Penale Internazionale), è progettato per garantire che la potenza occupante non ingegnerizzi demograficamente il territorio occupato. Ma Israele lo ha fatto chiaramente e ora sta pianificando un’escalation attraverso un’ulteriore espansione degli insediamenti.

Tuttavia, le parole e le dichiarazioni hanno un’importanza particolare sia nelle relazioni internazionali che nel diritto internazionale. Quindi, nonostante le prove abbondanti e inequivocabili che Israele sta applicando la sua sovranità in Cisgiordania, in assenza di una dichiarazione ufficiale di annessione – e con il territorio ufficialmente sotto un comando militare, e non civile – il mondo non ha trattato le azioni di Israele come una violazione di uno dei principi fondamentali del diritto internazionale: il divieto di annessione unilaterale del territorio occupato con la forza.

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Il divario tra le parole e le azioni di Israele in Cisgiordania ha iniziato a cambiare nel 2017, quando i funzionari dell’allora governo Netanyahu cominciarono a discutere piani di annessione unilaterale del territorio. A dicembre di quell’anno, il partito di governo Likud di Netanyahu approvò una risoluzione che incaricava il parlamento di “portare avanti” l’annessione completa della Cisgiordania. Ma era chiaro a coloro che votarono a favore della risoluzione che essa aveva solo uno carattere dichiarativo e non poteva essere attuata immediatamente a causa delle obiezioni internazionali.

Poi, in vista delle elezioni israeliane del 2019 e dell’emergere del cosiddetto “accordo del secolo” dell’allora Presidente degli Stati Uniti Donald Trump – che prevedeva una parziale annessione israeliana della Cisgiordania – Netanyahu dichiarò in interviste ai media che avrebbe promosso l’applicazione “graduale” della sovranità israeliana al territorio. Netanyahu ha detto di aver discusso di “annessione per consenso” – il consenso degli Stati Uniti – con l’amministrazione Trump.

Netanyahu ha ripetuto questo messaggio diverse volte da allora. Il nuovo governo che ha formato l’anno scorso con i partiti estremisti dei coloni menziona nel suo manifesto “il diritto esclusivo del popolo ebraico sull’intera Terra di Israele”. L’accordo di coalizione tra il Likud e la linea dura del Partito Sionista Religioso del Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich è più specifico: “Il Primo Ministro lavorerà per la formulazione e la promozione di una politica che preveda l’applicazione della sovranità alla Giudea e alla Samaria”. (Giudea e Samaria sono i nomi biblici delle aree che compongono la Cisgiordania e sono tipicamente utilizzati dalla destra israeliana.)

Questo è il contesto della recente decisione del Governo Netanyahu di cambiare la struttura ufficiale di governance della Cisgiordania, trasferendo molti poteri amministrativi dal comando militare a quello civile. Le sue mosse dovrebbero fugare ogni dubbio residuo sul fatto che Israele stia per annettere completamente la Cisgiordania de jure.

Alla fine di febbraio, Smotrich – omofobo dichiarato e sostenitore della superiorità ebraica – ha firmato un accordo con il Ministro della Difesa Yoav Gallant per trasferire una serie di poteri governativi in Cisgiordania dal comandante militare del territorio a Smotrich stesso. (Oltre a ricoprire il ruolo di Ministro delle Finanze, Smotrich è anche un Ministro del Ministero della Difesa). La mossa è stata inserita nell’accordo di coalizione tra il Likud e il Partito Sionista Religioso.

Sebbene Smotrich non abbia ricevuto l’intero portafoglio di comandante, il trasferimento ha comunque cambiato radicalmente la struttura del regime israeliano in Cisgiordania: per la prima volta, ha posto molti poteri amministrativi nel territorio occupato nelle mani di un civile. La mossa ha di fatto consacrato Smotrich come governatore de facto della Cisgiordania.

Secondo l’accordo, Smotrich (definito “il ministro all’interno del Ministero della Difesa”) nominerà dei civili per le posizioni ufficiali nel governo militare, come la posizione appena creata di vice capo dell’Amministrazione Civile, l’agenzia militare responsabile delle questioni civili per i coloni israeliani e gli insediamenti in Cisgiordania; nominerà inoltre i consulenti legali di questi funzionari.

Inoltre, Smotrich sarà l’unico responsabile della progettazione di gran parte della politica di colonizzazione di Israele in Cisgiordania. Questioni come l’assegnazione dei terreni, la pianificazione e la costruzione nella maggior parte delle aree al di fuori delle città e dei villaggi palestinesi; l’applicazione della legge sulle costruzioni illegali sia da parte dei palestinesi che degli israeliani; le infrastrutture; l’assegnazione dell’acqua e molto altro ancora rientrano ora nella sfera di competenza di Smotrich.

Alcune clausole dell’accordo offuscano il trasferimento di poteri, presentando il governatore de facto come subordinato al Ministro della Difesa. Ma il Ministro della Difesa avrà potere di veto solo in casi estremi – come ad esempio per le demolizioni su larga scala nelle aree palestinesi – e, in ogni caso, queste decisioni bypasseranno il comandante militare. Smotrich non nasconde l’intenzione di estendere i poteri del governo israeliano negli insediamenti, smantellando del tutto l’Amministrazione Civile, cosa che garantirebbe alle autorità israeliane una giurisdizione diretta sulla Cisgiordania.

L’accordo stabilisce anche che il governatore de facto si adopererà per espandere il sistema legale duale in Cisgiordania, consentendo che la legislazione della Knesset si applichi in modo più completo ai coloni israeliani, mentre i palestinesi rimarranno sotto la legge militare. I consulenti legali saranno incaricati di redigere ordini militari che applicheranno ufficialmente la legislazione israeliana ai coloni, un processo soprannominato “canalizzazione” perché la legge militare incanala la legge della Knesset nel territorio occupato.

Il diritto internazionale stabilisce che una potenza occupante – in questo caso, Israele – deve promuovere gli interessi del territorio occupato durante la sua occupazione temporanea. Trasferendo i poteri amministrativi in Cisgiordania dai militari a un ministro israeliano e al servizio civile, Israele sta venendo meno a questo dovere non solo nelle sue azioni – come ha fatto molto tempo fa – ma anche sulla carta. Questo perché i funzionari pubblici israeliani sono obbligati e formati a promuovere esclusivamente gli interessi di Israele.

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Il silenzio del mondo di fronte a questi sviluppi è una manifestazione particolarmente pericolosa dell’eccezionalismo di Israele nell’arena internazionale. L’apatia degli Stati Uniti e di altri Paesi occidentali nei confronti del cambiamento del regime legale di Israele in Cisgiordania comporta gravi conseguenze nella vita reale dei palestinesi sotto occupazione. Ma l’errore della comunità internazionale non è nuovo. È stata una caratteristica – non un difetto – del sistema fin dal primo giorno dell’occupazione israeliana.

Il silenzio dell’Occidente mina anche la sua reputazione nella lotta contro l’espansione russa in Ucraina. Il divieto di annessione unilaterale di un territorio occupato è un principio chiave dell’ordine basato sulle regole del secondo dopoguerra. Non chiedere il conto a Israele non solo indebolisce la credibilità dell’Occidente, ma ha anche un effetto destabilizzante sull’intero sistema internazionale. Dando a Netanyahu un lasciapassare, la comunità internazionale offre ad altri leader con tendenze espansionistiche, come Putin, una ricetta per acquisire con la forza un territorio senza conseguenze.

La strada maestra per l’annessione legale è una dichiarazione ufficiale e pubblica, come Putin ha fatto quando ha annesso la penisola di Crimea nel 2014. Ma l’annessione non deve essere necessariamente pomposa e cerimoniale. Può avvenire in uffici disadorni e senza finestre e attraverso azioni amministrative e burocratiche apparentemente monotone.

Per smascherare l’annessione di Israele bisogna guardare alle cose meno appariscenti. Questo è ciò che la comunità internazionale non riesce a fare ed è il motivo per cui la sfacciata violazione del diritto internazionale da parte di Israele non ha attirato le ire che merita. Il discorso internazionale è concentrato sulla versione cerimoniale e formale dell’annessione: l’annessione di Putin, ad esempio, che è stata giustamente accolta con rimproveri e sanzioni. Invece il mondo non sa come affrontare le tattiche di Netanyahu.

Anche se non è stato accompagnato da grandi dichiarazioni, il trasferimento del portafoglio del Ministero della Difesa israeliano a Smotrich equivale a un atto di annessione de jure della Cisgiordania – e rappresenta un passo pericoloso verso il consolidamento dell’apartheid all’interno del territorio.

Michael Sfard è un avvocato israeliano specializzato in diritto internazionale dei diritti umani e diritto internazionale umanitario. Oltre a ricoprire il ruolo di membro non residente presso Democracy for the Arab World Now (DAWN), è consulente legale di diverse organizzazioni per i diritti umani e la pace e rappresenta comunità palestinesi e attivisti israeliani e palestinesi. È autore del libro The Wall and the Gate: Israel, Palestine, and the Legal Battle for Human Rights. Twitter: @sfardm

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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