Israele distorce il diritto internazionale per giustificare le sue esecuzioni a Gaza

Mag 13, 2023 | Notizie

di Ben White,

The New Arab, 11 maggio 2023. 

Per anni, Israele ha fatto leva sulla sua politica di “omicidi mirati” per eseguire esecuzioni extragiudiziali e bombardare case di famiglia a Gaza, distorcendo deliberatamente il diritto internazionale per privare i palestinesi delle loro tutele.

Un bambino siede tra i resti della casa della famiglia al-Misri, completamente distrutta dagli attacchi aerei israeliani nel quartiere Beit Lahia di Gaza City, Gaza, 11 maggio 2023. [Getty]

Martedì 9 maggio, l’account Twitter ufficiale dell’esercito israeliano ha pubblicato (e successivamente cancellato) una breve animazione che ritraeva il lancio di missili verso località della Striscia di Gaza.

Il breve filmato mostra i missili che si dirigono verso la loro destinazione, mentre il luccichio delle case palestinesi si avvicina sempre di più, prima di schiantarsi contro la casa di una famiglia.

Il filmato non mostrava la distruzione causata da quelle armi all’avanguardia, ma poco prima che l’animazione “illustrativa” fosse twittata, 12 palestinesi erano stati uccisi da attacchi aerei israeliani. Un tredicesimo, Iman di 17 anni, è morto per le ferite riportate nel corso della giornata. Da allora, altri dieci palestinesi sono stati uccisi da attacchi israeliani.

Mirati alle case delle famiglie, gli attacchi aerei hanno avuto luogo intorno alle due del mattino, quando la gente sarebbe stata molto probabilmente a casa e i bambini avrebbero dormito.

Gli attacchi sono stati ordinati ed eseguiti per assassinare tre membri delle Brigate Al-Quds della Jihad islamica: si è trattato, in altre parole, dell’ennesima sanguinosa espressione di una politica statale israeliana di cosiddetti “omicidi mirati” o, come ha detto Amnesty International, di esecuzioni extragiudiziali.

La politica israeliana degli omicidi mirati viene spesso fatta risalire al primo incidente di questo tipo nella Seconda Intifada, il 9 novembre 2000, quando, a sei settimane dall’inizio della rivolta, un elicottero israeliano sparò dei missili contro un veicolo che trasportava l’attivista di Fatah Hussein ‘Abayat, uccidendo lui e due donne che si trovavano nelle vicinanze.

Secondo un conteggio di B’Tselem, al 31 agosto 2007, 367 palestinesi erano morti come risultato della politica israeliana di uccisioni mirate (e di questi 367, solo 218 erano quelli presi di mira).

Nel luglio 2002, un’esecuzione extragiudiziale particolarmente inquietante ha avuto luogo quando l’aviazione israeliana ha sganciato una bomba di una tonnellata da un caccia F16 sulla casa di Salah Shehadeh delle Brigate Al-Qassam. Shehadeh fu ucciso insieme ad altri 16 palestinesi, tra cui nove minori.

All’indomani del bombardamento, l’allora comandante dell’Aeronautica Dan Halutz (poi diventato Capo di Stato Maggiore delle forze armate), si rifiutò di accettare qualsiasi critica e suggerì persino che i pochi israeliani che denunciarono l’attacco come crimine di guerra dovessero essere processati per “tradimento”.

Nel 2014, il fatto che Israele abbia preso di mira le case di famiglia nel corso di esecuzioni extragiudiziali è stata una caratteristica impressionante e orribile dei suoi 50 giorni di bombardamenti sulla Striscia di Gaza occupata e bloccata.

Secondo la Commissione d’Inchiesta delle Nazioni Unite, 142 famiglie palestinesi “hanno avuto tre o più membri uccisi nello stesso incidente a causa della distruzione di edifici residenziali”. In uno studio dell’AP su 247 attacchi aerei israeliani contro abitazioni, i minori sotto i 16 anni hanno rappresentato un terzo del totale delle vittime (180 su 508).

Israele ha giustificato questi attacchi mortali su larga scala e contro le case di famiglia attraverso una “definizione ampia di ciò che costituisce un ‘obiettivo militare’ che può essere preso di mira”. L’ottavo giorno dell’offensiva dell’estate 2014 sulla Striscia di Gaza, un alto ufficiale israeliano ha dichiarato ai media: “Voi la chiamate casa, noi la chiamiamo centro di comando e postazione militare a tutti gli effetti”.

Come ha osservato B’Tselem nella sua analisi di questa politica, “nessun funzionario ha sostenuto che ci fosse un collegamento tra una casa presa di mira e una specifica attività militare in quel luogo”. Il “motivo effettivo”, quindi, era “l’identità degli occupanti”; gli attacchi di fatto costituivano “demolizioni punitive di case – a loro volta proibite – effettuate dall’aria, con gli occupanti ancora all’interno”.

La storia degli “omicidi mirati” di Israele, quindi, è un altro capitolo di una storia di “innovazioni” israeliane nella interpretazione del diritto internazionale, e in particolare del Diritto Internazionale Umanitario (DIU); (errate) interpretazioni volte a minare le basi stesse di tale diritto per indebolire le protezioni concesse alle persone sotto occupazione.

Nel gennaio 2009, poco dopo la conclusione dell’operazione “Piombo fuso” [il primo assalto su larga scala alla Striscia di Gaza dopo il ritiro del 2005] è apparso su Haaretz un articolo con funzionari non citati della Divisione di Diritto Internazionale (ILD) dell’Ufficio dell’Avvocato Generale Militare.

È stata l’ILD, ha riferito Haaretz, a “indurre” i militari a sparare munizioni contro le case dei cittadini come forma di avvertimento (la procedura di “bussare al tetto”) prima che l’edificio venga distrutto. Secondo i vertici dell’unità, una volta mandato l’avvertimento, i civili possono essere uccisi come “combattenti”.

“Le persone che entrano in una casa nonostante l’avvertimento non devono essere prese in considerazione in termini di lesioni ai civili, perché sono scudi umani volontari”, ha detto un intervistato. “Dal punto di vista legale, non devo mostrare considerazione per loro”.

Sono concetti orwelliani, come quello di “scudi umani volontari”, secondo i quali l’esercito israeliano può parlare di una politica intesa a ridurre al minimo le vittime civili quando, in realtà, quella stessa politica priva i civili palestinesi del loro status di protetti secondo il diritto internazionale.

Dall’inizio della Seconda Intifada, Israele ha ripetutamente perseguito misure e politiche “senza precedenti” che poi sono diventate il nuovo punto di partenza per ciò che può essere considerato eccezionale o meno.

Le esecuzioni extragiudiziali, gli attacchi aerei contro le case delle famiglie e la privazione dello status di protezione dei civili occupati sono tutte violazioni del diritto internazionale che l’inazione o addirittura il sostegno internazionale hanno contribuito a normalizzare e le cui conseguenze si sono viste, ancora una volta, questa settimana nella Striscia di Gaza.

Ben Whiteè scrittore, analista e autore di quattro libri, tra cui “Cracks in the Wall: Beyond Apartheid in Palestine/Israel”. Twitter: @benabyad

https://www.newarab.com/opinion/israel-distorts-international-law-justify-its-executions

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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