Uno scoop: L’unità dell’IDF che trasforma i “giovani delle colline” da coloni a soldati

Mag 8, 2023 | Notizie

di Yuval Abraham,

+972 Magazine, 3 maggio 2023. 

Un’indagine condotta da +972 e Local Call scopre come i coloni israeliani provenienti da avamposti violenti siano stati arruolati nella “Frontiera del Deserto”, una nuova unità militare responsabile di gravi abusi nei confronti dei palestinesi in tutta la Cisgiordania.

Foto illustrativa di coloni vicino alla base della Frontiera del Deserto a Rujum al-Naqa. (Foto: Dror Etkes)

In collaborazione con LOCAL CALL

In una notte d’inverno nel deserto settentrionale della Giudea, una jeep militare israeliana senza porte si è accostata al falò dove Youssef Jalawi, cittadino palestinese di Israele della città beduina di Rahat, stava bollendo il tè con due amici palestinesi. I soldati che sono scesi dalla jeep indossavano uniformi dell’esercito, ma sembravano membri della “gioventù delle colline” – i giovani coloni religiosi e violenti che scendono regolarmente dai loro avamposti nella Cisgiordania occupata per attaccare i palestinesi vicini.

Che si trattasse di soldati o di coloni, Jalawi ha raccontato che gli uomini in uniforme hanno iniziato ad abusare di lui: gli hanno messo le manette, gli hanno spinto la testa nella ghiaia con le suole delle scarpe e ogni volta che cadeva lo picchiavano e gli chiedevano di rialzarsi. Gli hanno poi puntato una pistola alla testa, dicendogli che lo avrebbero ucciso se avesse osato tornare nel deserto. Secondo Jalawi, quella notte sono spariti dalla sua auto 1.000 NIS, denaro che aveva pianificato di usare per comprare un regalo per la sua giovane figlia.

La confusione di Jalawi sull’identità dei suoi aggressori era fondata: i giovani che lo hanno arrestato erano sia soldati che giovani coloni delle colline. Un’indagine di +972 e Local Call rivela che due anni e mezzo fa l’esercito israeliano ha istituito un’unità chiamata “Frontiera del Deserto” specificamente per i giovani coloni delle colline, che costituiscono la grande maggioranza dei soldati dell’unità.

L’indagine, basata sulle dichiarazioini di decine di testimoni, rivela che quanto accaduto a Jalawi non è un incidente isolato. +972 ha ottenuto prove che indicano almeno altri 11 incidenti in cui i soldati dell’unità avrebbero attaccato dei palestinesi. Il 30 aprile, un anno e mezzo dopo aver presentato una denuncia per l’aggressione avvenuta nel novembre 2021, Jalawi ha ricevuto dal procuratore militare la comunicazione che il caso era stato chiuso senza che venisse intrapresa alcuna azione contro i soldati autori dell’aggressione.

Un funzionario della sicurezza che è informato sulla situazione ha dichiarato a +972, a condizione di anonimato, che Frontiera del Deserto, che è stata istituita nel 2020 ed è subordinata alla Brigata della Valle del Giordano, “è composta principalmente da giovani delle colline… i più estremi degli estremi, che altrimenti non si sarebbero arruolati”. L’idea, secondo l’ufficiale, è che servire nell’unità sia un modo per riabilitarli: “Questa unità è molto particolare. Li prendiamo e li trasformiamo in soldati”.

Soldati dell’unità Desert Frontier. (Guy Hirschfeld)

Il funzionario, oltre a un’altra fonte che ha familiarità con l’unità, ha affermato che poche decine di soldati prestano servizio nella Frontiera del Deserto, la maggior parte dei quali proviene dai cosiddetti avamposti di pastorizia nell’area settentrionale del deserto di Giudea e della Valle del Giordano. Secondo questi funzionari, molti di loro hanno un passato di violenza. Bisogna rileggere per crederci: l’esercito sta arruolando giovani coloni delle colline noti per la loro violenza nei confronti dei palestinesi per servire in un’unità che agisce contro i palestinesi che vivono nella stessa area.

Secondo gli ufficiali della sicurezza, i giovani coloni delle colline sembravano la scelta ideale per questo lavoro: sono cresciuti negli avamposti, hanno lavorato come pastori fin da piccoli e hanno sviluppato abilità nell’orientamento e nella navigazione sul campo. Nel deserto settentrionale della Giudea, dicono gli ufficiali dell’esercito, esiste “un vuoto di sicurezza” e il reclutamento di questi coloni è visto come un modo adeguato per riempirlo.

‘Non credevo fossero soldati’

Secondo i palestinesi di cui si parlava all’inizio, i soldati li hanno calpestati mentre erano ammanettati, li hanno picchiati senza alcuna giustificazione, li hanno costretti a giacere in posizioni umilianti e dolorose, li hanno presi a calci, hanno esaminato le foto private dei loro telefoni cellulari e hanno rubato loro denaro, giacche e abiti tradizionali beduini.

In almeno due occasioni, le vittime hanno sporto denuncia alla polizia contro i soldati dell’unità, ma la maggior parte di loro si è astenuta dal farlo per paura di vendette e di perdere il permesso di lavoro, e anche perché non credevano che le loro denunce avrebbero portato a un’indagine o a una punizione. Per ragioni simili, la maggior parte delle persone intervistate per questo articolo ha chiesto di non pubblicare i propri nomi reali.

Cinque testimonianze dell’indagine hanno evidenziato uno schema ricorrente: i palestinesi vengono abbandonati in mezzo al deserto per ore e ore, senza telefono e senza le chiavi delle loro auto, a volte ammanettati e bendati. Ad alcuni di loro, appartenenti alla tribù Rashaida, è stato detto che erano stati puniti per essere entrati in una riserva naturale dopo le ore serali o per essere entrati in una zona di tiro militare; alcune di queste zone sono state storicamente utilizzate dai beduini per il pascolo delle loro pecore e per la maggior parte non sono più utilizzate attivamente dai militari.

I soldati della Frontiera del Deserto si addestrano con quelli dell’unità Haredi Netzah Yehuda. In seguito, si recano alla postazione dell’unità, che si trova vicino al Mar Morto. Circa un anno fa, l’esercito ha deciso di trasferire il grosso delle operazioni di questa unità dal deserto della Giudea alla Valle del Giordano. La decisione è stata presa dopo che i funzionari militari hanno ricevuto numerose denunce di incidenti violenti e abusi contro i palestinesi, alcune delle quali sono state presentate da cittadini israeliani che hanno sentito parlare degli incidenti dai palestinesi. I palestinesi che vivono nel deserto affermano che i soldati dell’unità pattugliano ancora la zona, anche se molto meno di prima.

Soldati religiosi assistono a una cerimonia di giuramento mentre entrano nel battaglione ortodosso Netzah Yehuda dell’esercito israeliano, 31 maggio 2012. (Noam Moskowitz/FLASH90)

Gli ufficiali militari affermano che, da quando hanno spostato la loro attenzione sulla Valle del Giordano, sono riusciti a sventare il contrabbando di armi attraverso il confine. Ma i palestinesi che vivono nell’area riferiscono che i soldati accompagnano i giovani coloni delle colline dai vicini avamposti di pastorizia e cacciano i palestinesi dai loro pascoli. Secondo le testimonianze, in almeno un caso i soldati sono entrati in un villaggio palestinese nella Valle del Giordano con un giovane colono della collina vestito in abiti civili.

I residenti palestinesi hanno raccontato a +972 che fanno fatica a distinguere tra coloni e soldati nell’unità, perché, dicono, le stesse persone arrivano nell’area, prima come civili e poi come soldati in uniforme. “All’inizio non credevo che fossero soldati, pensavo che fossero coloni vestiti da soldati”, ha detto Ayman Ghraib, un contadino della Valle del Giordano. “A volte quando vengono qui, sono una metà soldati e una metà civili”.

‘Il deserto è l’unico posto in cui si può respirare aria pulita’

Il villaggio beduino di ‘Arab al-Rashaida, nel deserto settentrionale della Giudea, ospita circa 5.000 persone, la maggior parte delle quali lavorano come pastori. I membri più anziani della tribù ricordano due esperienze di espulsione: nel 1948, dalla terra vicino a Ein Gedi, e nel 1984, dalla terra vicino al villaggio di Kisan e agli insediamenti di Ma’aleh Amos e Ibei HaNahal, a sud-est di Betlemme.

“Non possiamo viaggiare facilmente fuori dalla Palestina o andare al mare, come potete fare voi”, mi ha detto uno dei residenti del villaggio, padre di tre figli. “Il deserto è il nostro unico luogo di svago senza posti di blocco, l’unico posto dove possiamo respirare aria fresca”. Ma i molteplici attacchi violenti perpetrati dalla Frontiera del Deserto dalla sua istituzione nel 2020, hanno costretto i residenti a ridurre la loro presenza nel deserto; alcuni di loro ne parlano come di una terza espulsione.

Alla fine di marzo di quest’anno, la notte prima dell’inizio del Ramadan, Firas e un suo buon amico sono andati ad accendere un fuoco nel deserto, non lontano dal torrente Hatzatzon. Poi sono arrivati quelli che lui chiama “l’unità delle jeep aperte”.

“Si sono avvicinati in silenzio, senza luci: due Jeep Rubicon senza portiere con otto soldati all’interno. Ho capito subito che erano loro”, ha raccontato. “Ci hanno detto: ‘Cosa ci fate qui? Perché siete venuti qui?”. Uno di loro ha dato un calcio al barbecue, gettando tutta la carne a terra. Hanno gridato: “Dov’è la vostra pistola?”. Ho detto loro che non avevamo armi, eravamo lì solo per stare insieme. Ci hanno costretto a inginocchiarci. Devi fare esattamente quello che ti dicono, altrimenti ti picchiano”.

Firas ha raccontato che i soldati hanno preso i beni suoi e del suo amico prima di abbandonarli nel deserto. “Un soldato ha preso il mio telefono per assicurarsi che non avessi scattato alcuna foto, poi lo ha gettato a terra e lo ha rotto”, ha detto Firas, indicando lo schermo in frantumi. “Ha preso anche la mia carta d’identità e le chiavi della mia auto e ha detto che dovevamo aspettare il suo ritorno. Poi se ne sono andati. Siamo rimasti lì così, senza niente, per tre ore, finché alla fine sono tornati”.

Un beduino palestinese della tribù ‘Arab A-Rashaida. (Yuval Avraham)

Circa un anno prima, all’inizio del 2022, i soldati dell’unità avevano attaccato Firas nello stesso luogo. Mentre descriveva ciò che gli avevano fatto, il suo volto diventava rosso per l’imbarazzo. “Era un venerdì e molte persone erano venute per passatempo”, ha raccontato. “Sono venuti da me, hanno perquisito la mia auto come se ci fosse una bomba nascosta, gridando. Poi mi hanno detto di sedermi così”. Si è seduto in ginocchio con le mani dietro la schiena, come se fosse ammanettato.

“Ogni volta che mi chinavo [per la stanchezza], mi colpivano, dandomi pugni sul corpo. Poi mi hanno detto di fare così”. Firas si è abbassato come per fare un piegamento sulle braccia. “Mi hanno detto di appoggiare le mani sulle rocce e ogni volta che non riuscivo a rimanere in questa posizione, un soldato mi dava un calcio. Erano in otto, ma solo due mi hanno picchiato”. I maltrattamenti sono continuati per due ore, finché i soldati non se ne sono andati.

Mohammed, 25 anni, ha detto di aver smesso di lavorare nell’edilizia a causa delle percosse subite dai soldati dell’unità. Sebbene non sia sicuro della data esatta, l’attacco è avvenuto nel 2022.

“Sono andato nel deserto con un amico e abbiamo fatto un’escursione. Volevamo vedere il Mar Morto e fare un barbecue”, ha ricordato. “I soldati su una jeep senza porte ci hanno fermato e mi hanno detto di spegnere la macchina. Non volevo farlo, perché l’auto era in salita e temevo che non sarebbe ripartita se l’avessi fatto. Uno di loro mi ha dato un pugno sul braccio e mi ha trascinato fuori.

“Ci hanno fatto sdraiare con la faccia nella terra e ci hanno calpestato”, ha raccontato. “Ci hanno detto che non potevamo parlare. Per tutto il tempo hanno continuato a gridare: “Silenzio!”. Ci hanno tolto i telefoni, ci hanno ammanettato le mani dietro la schiena e ci hanno preso a calci ogni volta che dicevamo qualcosa. Ci hanno chiesto: “Perché venite qui?”. Ci hanno detto di non tornare nel deserto. Alla fine ho fatto finta di essere malato, di avere un infarto, e ho iniziato a tossire. Li ho spaventati e se ne sono andati”.

In ospedale, a Mohammed è stata riscontrata un’ernia del disco a seguito delle percosse subite. Nonostante sia stato costretto a smettere di lavorare nell’edilizia, non ha sporto denuncia per paura di ritorsioni da parte dei soldati. “La mia gamba, da quando sono stato picchiato, non funziona più normalmente. A volte, quando mi alzo, tutta la gamba si addormenta, fino alla schiena”.

Mohammed ha detto di aver riconosciuto l’auto e di sapere che apparteneva all’unità Frontiera del Deserto. Ha riconosciuto anche i soldati, due dei quali avevano i payot, le lunghe basette portate dagli uomini ebrei osservanti. “Erano coloni vestiti da soldati”, ha detto.

Il loro obiettivo è instillare il terrore

Nel febbraio o marzo 2022, vicino alla vecchia moschea di Nabi Musa, a sud-est di Gerico, i soldati dell’unità hanno picchiato due visitatori beduini, secondo il racconto delle vittime. “Quattro soldati si sono avvicinati a noi in una Jeep Rubicon”, ha raccontato uno di loro. “Ci hanno preso i telefoni, i documenti e le chiavi dell’auto. Ci hanno urlato contro: ‘Cosa ci fate qui? Non c’era modo di rispondere. Ci hanno costretto al silenzio. Uno di loro mi ha messo una gamba sul collo. Hanno iniziato a picchiarci, a darci pugni sulle costole, a colpirci con le loro pistole.

“Eravamo in un posto standard”, ha continuato, “un posto in cui ci era permesso stare, e non gli avevamo fatto nulla. Prima di andarsene hanno versato le nostre bottiglie d’acqua, così non siamo potuti rimanere nel deserto. Siamo dovuti tornare a casa”.

La prima volta che Amr, padre di cinque figli e membro della tribù Rashaida, ha visto le Jeep Rubicon senza porte, stava facendo un barbecue nel deserto con la moglie e i figli. Come molti altri beduini, conosce l’unità come “l’unità delle jeep aperte” o “l’unità dei coloni” e la riconosce per le sue auto senza porte, per i volti familiari dei soldati e per il particolare schema delle loro interazioni violente con i palestinesi.

“Da allora i bambini non hanno più voluto venire con me nel deserto”, racconta Amr. “Il soldato ha dato un calcio al nostro bollitore del tè, rovesciandolo, senza nemmeno piegarsi”. Amr ha raccontato di aver cercato di scattare una foto, ma un soldato gli ha strappato il telefono, lo ha riformattato e ha detto alla sua famiglia di non tornare nel deserto. Tutte le foto sul cellulare sono state cancellate.

La base militare della Frontiera del Deserto.

Sette testimoni oculari hanno raccontato a +972 che i soldati diella Frontiera del Deserto hanno impedito loro di documentare gli incontri con l’unità, confiscando i loro telefoni in modo che non potessero fotografarli. In alcuni casi, secondo le loro testimonianze, i soldati hanno esaminato le foto private dei palestinesi e le hanno cancellate dai loro dispositivi.

Un altro residente e membro della tribù Rashaida ha raccontato che i soldati dell’unità hanno picchiato suo padre, un pastore di 60 anni. Nella sua auto hanno trovato uno shibriya, un tradizionale pugnale ricurvo che i pastori portano spesso con sé.

“Mio padre ha il diabete”, ha detto il membro della tribù. “Lo hanno ammanettato con fascette di plastica per due ore. Ogni volta che cercava di parlare, lo prendevano a calci e pugni. Ricordo i segni rossi sulle sue mani. C’erano lividi su tutto il corpo. I soldati delle jeep Rubicon sono sempre così. Non si può parlare quando ci sono loro. Il soldato ti dice di fare silenzio. E quando gridi dal dolore, ti dicono che non puoi parlare. Il loro obiettivo è essere minacciosi. Instillare il terrore in noi, spaventarci per farci lasciare il deserto. E la gente ha davvero paura”.

La seconda volta che Amr si è scontrato con i soldati, nel 2022, era una giornata di pioggia e lui stava facendo un’escursione con sette amici. “Cinque soldati sono scesi dalla jeep e ci hanno detto di scendere dalle nostre auto”, ha ricordato. “Avevano dei payot come i coloni. Ci hanno preso tutti i telefoni e ci hanno detto che non potevamo fare foto. Ci hanno costretto a terra e ogni volta che parlavi ti dicevano in arabo: ‘Uskoot! [Silenzio!]. Se continui a parlare, ti picchiano.

“Un soldato mi ha detto: “Devi darci il tuo cappotto””, ha continuato Amr. “Ho detto di no. Due di loro mi hanno trattenuto e mi hanno strappato il cappotto. Lo hanno rubato. Poi hanno preso i mandil (foulard beduini) dei miei cinque amici e li hanno usati per coprirsi la testa. Questi soldati hanno una vecchia Subaru e girano per il deserto con questi mandil, come se fossero palestinesi in incognito”.

‘La gente non si lamenta perché ha paura’

Rubare i vestiti dei palestinesi e abbandonarli nel deserto è uno schema fisso per l’unità. Secondo una testimonianza, i soldati hanno bendato un pastore, l’hanno costretto a salire sulla loro jeep e l’hanno abbandonato in un punto isolato del deserto senza ricezione cellulare.

“Non sapevo cosa fare”, racconta il pastore. “Ho camminato nella direzione da cui proveniva la jeep, immaginando che forse ci fosse qualcuno. È stato terrificante. Dopo aver camminato per due ore, ho trovato un posto in cui il cellulare funzionava e ho chiamato mio fratello”. Secondo lui, i soldati stavano guidando una “macchina Rubicon” senza porte. “Alcuni di loro indossavano la kippot, altri la kefiah araba, come quella di Yasser Arafat”.

“La gente non vuole lamentarsi perché ha paura”, ha detto un altro residente che è stato attaccato, uno dei pochi ad aver presentato una denuncia alla polizia contro l’unità. Secondo lui, in passato il rapporto tra la tribù e l’esercito era positivo. “Ho detto alla polizia: ‘Questo non è il solito modo di fare dell’esercito’. Ho detto loro che i soldati erano soliti aiutare noi e noi loro. Questa unità è presente nell’area da due anni e da quando è arrivata è cambiato tutto”. Molti altri residenti hanno fatto eco a questa affermazione, sostenendo che i rapporti tra la tribù Rashaida e l’esercito erano stati piacevoli prima della formazione di questa Frontiera del Deserto.

Ha spiegato di essere stato attaccato nel novembre 2021 e di aver avuto bisogno di cure mediche dopo che due soldati hanno sbattuto la portiera della sua auto sulla sua gamba più volte e lo hanno preso a calci. “Un soldato mi ha detto di scendere dall’auto. Ho chiesto perché, poi lui e un altro soldato hanno iniziato a tirarmi fuori con la forza e a picchiarmi, senza alcuna spiegazione. Solo quando ho iniziato a urlare per il dolore mi hanno lasciato in pace. Sono stato curato in ospedale e non ho potuto camminare per tre giorni”.

Coloni e soldati dell’unità Frontiera del Deserto visti a Rujum al-Naqa. (Dror Etkes)

Raoud, un giovane, ha raccontato un caso di furto e violenza di un anno fa. “La sera sono uscito a fumare il narghilè con due amici di Gerusalemme, vicino alla vecchia base militare di Hatzatzon”, ha ricordato. “I soldati dell’unità si sono avvicinati a noi in jeep aperte e senza luci. Sono rimasto sorpreso nel vedere che ci circondavano. Circa 12 persone. Ci hanno preso i telefoni, ci hanno ammanettato le mani dietro la schiena, ci hanno costretto a sdraiarci e ci hanno detto che non potevamo parlare.

“Provi a chiedere chi sono, se sono soldati, e ti dicono di stare zitto”, ha continuato Raoud. Secondo lui, i soldati sono arrivati intorno alle 20.00 e li hanno tenuti ammanettati fino alle 2.00 del mattino.

“Avevo una giacca verde e un cappello tipo fez, di quelli beduini. Me li hanno tolti e mi hanno rubato i vestiti”, ha raccontato. “Prendono molti cappotti delle persone, se sono verdi o sembrano giacche dell’esercito. Ho avuto freddo per tutta la notte senza il mio cappotto. I miei due amici che erano con me, provenienti da Gerusalemme, sono stati portati alla base militare e lì sono stati rilasciati. Mi hanno tolto le manette dove mi trovavo e mi hanno detto di tornare al mio villaggio a piedi”.

Accompagnare i coloni nei villaggi palestinesi

I residenti hanno riferito che la parte peggiore è l’umiliazione e la sensazione di impotenza. Jalawi, il cittadino israeliano di Rahat che ha raccontato di essere stato aggredito e che il suo caso è stato chiuso senza alcuna accusa o punizione per i soldati che hanno commesso il fatto, ha dichiarato a +972 di non essersi ancora ripreso dall’incidente. Anche se alcuni membri della sua famiglia prestano servizio nelle forze di sicurezza israeliane, ogni volta che vede dei soldati il suo cuore inizia a battere per la paura.

“Mi hanno detto di mettermi in ginocchio. C’era tanta ghiaia”, ha raccontato Jalawi. “Ci hanno ordinato di stare seduti così per molto tempo e ogni volta che cadevo mi picchiavano. Alla fine uno di loro mi ha detto di alzarmi, ma quando l’ho fatto non riuscivo a stare in piedi con le mie gambe.

“Il soldato mi ha fatto sedere in un altro punto, poi ha alzato e abbassato la mia testa con la sua scarpa e mi ha accecato con la sua torcia”, ha continuato Jalawi. “Ha detto: “Perché portate qui la gente dai territori [occupati] – l’intero deserto è nostro, non venite più qui””.

Jalawi ha raccontato che i soldati lo hanno lasciato lì, sanguinante e ammanettato, e si sono allontanati nelle loro auto senza portiere. “Avevo paura di muovermi. Buio, minacce, armi. Ho aspettato che qualcuno venisse a liberarmi”, ha raccontato. “Hanno rubato dalla mia auto 1.000 shekel che avevo portato per comprare un regalo per la mia giovane figlia, che ha appena iniziato il servizio nazionale”.

Dopo che Jalawi ha presentato la sua denuncia, la Divisione Investigativa Criminale della Polizia Militare ha aperto un’indagine e lui è stato invitato a testimoniare e a confrontarsi con i soldati dell’unità che erano presenti all’evento. Per un anno e mezzo non è stata presa alcuna decisione sul caso, ma dopo che +972 ha presentato una richiesta all’esercito, Jalawi è stato informato dall’ufficio del procuratore che avrebbero chiuso il caso. “I soldati hanno negato di averlo picchiato, minacciato o di aver preso del denaro dalla sua auto”, ha scritto il maggiore Segev Rom, dell’ufficio del procuratore militare, nella sua decisione. “Non sono state trovate prove che favoriscano la sua versione rispetto a quella dei soldati”.

In due casi, i soldati della Frontiera del Deserto sono stati fotografati mentre accompagnavano giovani coloni delle colline che non appartenevano all’unità. Secondo una testimonianza oculare, nel gennaio di quest’anno sono entrati nel villaggio palestinese di Al-Muarajat, nella Valle del Giordano, insieme a un residente dell’avamposto che non era un soldato. Nella documentazione fotografica di un altro giorno, si vedono i soldati preparare il tè con lo stesso residente, che era armato di un M16.

“Avevano una Jeep Rubicon senza porte e un colono li stava aspettando. L’ho riconosciuto perché ha cacciato mio padre dal suo stesso pascolo”, ha detto Aliyah, una residente del villaggio. “Hanno bussato alla nostra porta e ci hanno chiesto i documenti. Non credevo fossero soldati. Quando ho detto loro che avrei chiamato la polizia, se ne sono andati”.

I soldati hanno impedito ad Aliyah di fotografarli, ma lei è riuscita a girare un breve video e a registrare in una nota sul suo telefono il numero di targa della jeep militare senza porte che era entrata nel villaggio. +972 ha confermato che il numero di targa della jeep corrisponde a quello dell’unità Frontiera del Deserto.

‘Chi controlla il deserto, controlla l’intera regione’

Negli anni Duemila, nell’esercito israeliano esisteva un’altra unità, denominata “Frontiera del Deserto”, che aveva un mandato simile: girava per le zone di tiro militari come forza di polizia, soprattutto per contrastare il contrabbando di armi. L’unità è stata chiusa nell’aprile 2007 per ordine del capo del Comando Centrale dell’esercito, dopo che i soldati avevano ucciso senza alcuna giustificazione un palestinese di 30 anni, Aziz Hamed Matour, mentre attraversava una zona di tiro vicino alla base militare di Nabi Musa, sulla strada da Betlemme a Gerico.

Un segnale di avvertimento della “zona di tiro” militare israeliana vicino al villaggio cisgiordano di Jinba, situato nelle colline meridionali di Hebron, 6 settembre 2012. (Anne Paq/Activestills)

La ricostituzione della Frontiera del Deserto come unità di giovani delle colline può essere vista nel contesto della ricerca da parte della destra israeliana della meshilut (letteralmente “governo”, un eufemismo per indicare il dominio ebraico-israeliano) nel Deserto della Giudea in particolare e in Cisgiordania in generale, come parte del suo tentativo di rafforzare la presenza dei coloni nell’Area C e di bloccare l’accesso dei palestinesi alla loro terra.

Moshe Kublantz, 30 anni, residente nell’insediamento di Efrat, da adolescente girava il deserto in bicicletta e se ne è innamorato. Da adulto ha fondato la “Judean Desert Organization”, la cui missione è lavorare per “garantire lo sviluppo e la conservazione del carattere israeliano del deserto per le generazioni a venire”.

Kublantz conosce le azioni della Frontiera del Deserto e ha dichiarato a +972 di aver sentito parlare di incidenti violenti contro i beduini della tribù Rashaida. Secondo lui, si è trattato di “incidenti estremi, in cui singoli soldati hanno avuto una scarica di sangue alla testa e forse sono andati oltre la loro autorità”.

Eppure, secondo lui, la Frontiera del Deserto ha un ruolo molto importante nel controllo del deserto della Giudea settentrionale. “La necessità di istituire l’unità è la meshilut e la protezione delle zone di tiro”, ha detto Kublantz. “Un esercito che non mette un’unità nel deserto è un esercito fallito. Chi controlla il deserto controlla l’intera regione.”

“L’esercito ha fatto una prova qui”, ha continuato Kublantz. “Persone molto particolari sono arrivate in un’area molto particolare. Nessun’altra unità potrebbe fare quello che fanno loro. Sono persone che sono cresciute nel deserto, che sono cresciute nelle fattorie, che conoscono la regione. Sono legati al deserto. Non sono importati da lontano. Ma questo comporta alcuni effetti collaterali”.

Rafforzare la presenza ebraica

La ricostituzione di Frontiera del Deserto è anche legata allo sforzo israeliano di lunga data di creare una presenza ebraica nella parte orientale della Cisgiordania. Il “Piano Allon”, presentato al governo un mese e mezzo dopo l’inizio dell’occupazione del 1967, designava per l’annessione israeliana la parte orientale della Cisgiordania: il deserto settentrionale della Giudea e la Valle del Giordano, in cui Frontiera del Deserto ha operato negli ultimi due anni e mezzo.

Cinque anni dopo, nel 1972, la maggior parte della striscia orientale della Cisgiordania – 71.300 ettari di terra preziosa che si estende dalla Valle dell’Uja a nord fino alla regione di Yatta al confine meridionale – fu dichiarata zona di tiro. Nel 1979, l’allora ministro dell’Agricoltura Ariel Sharon spiegò che le zone di tiro non erano state dichiarate per l’addestramento, ma per “preservare la terra per l’insediamento [ebraico]“. Quella terra era e continua ad essere utilizzata dai palestinesi per l’abitazione e la pastorizia.

Il Primo Ministro Menachem Begin e il Ministro degli Interni Yosef Burg ricevono spiegazioni dal Ministro dell’Agricoltura Ariel Sharon sull’insediamento di Elon Moreh in Cisgiordania, 27 febbraio 1981. (Chanania Herman/GPO)

I documenti ottenuti da +972 dagli archivi dell’IDF mostrano che già negli anni ’70 i soldati rimuovevano i beduini dalle zone di tiro. Un documento militare del 1978, ad esempio, intitolato “Operazione di espulsione dei beduini”, descrive le azioni di una brigata dell’esercito del sottodistretto di Betlemme che espelleva i beduini dalla zona di tiro nel deserto settentrionale della Giudea “con un elicottero”.

Dror Etkes, ricercatore sul campo dell’ONG Kerem Navot, spiega che dichiarare una zona di tiro o una riserva naturale fornisce alle autorità israeliane, in particolare ai militari, una base legale per espropriare i palestinesi della loro terra. Si tratta di un’operazione frequente, il cui obiettivo è ridurre la quantità di terra che i palestinesi possono utilizzare per il pascolo delle loro pecore, per espellerli dalla regione e per consentire la costruzione di grandi insediamenti ebraici.

In tutta la regione in cui opera Frontiera del Deserto, nell’ultimo decennio sono stati fondati decine di avamposti di pastori israeliani, senza permessi di costruzione. In effetti, la maggior parte dei quasi 70 avamposti di pastorizia in Cisgiordania sono stati fondati nell’ultimo decennio e in questa regione. Un rapporto redatto da Etkes mostra che un terzo dell’area su cui sono costruite queste fattorie si trova all’interno delle zone di tiro.

Inoltre, Israele sta tracciando nuovi sentieri escursionistici in queste aree; la Corte Suprema ha ordinato l’espulsione di circa 1.000 residenti di Masafer Yatta, che vivono nel margine meridionale della Zona di tiro 918; la riserva naturale di Metzuk HaAtakim è raddoppiata; e il Ministero del Turismo sta proponendo un piano per la costruzione di sette locande nel Deserto di Giudea. Secondo Aryeh Cohen, capo del Consiglio regionale di Megilot – che comprende gli insediamenti a nord del Mar Morto – e attivista del partito Yesh Atid di Yair Lapid, le locande hanno lo scopo di portare turisti nella zona per “rafforzare la nostra presenza nel deserto e impedire il controllo palestinese su questa terra strategicamente importante”.

Residenti palestinesi del villaggio di Al-Majaz guardano mentre l’IDF fa esercitazioni a Masafer Yatta, 21 giugno 2022. (Oren Ziv)

Etkes segue gli sviluppi in Cisgiordania da due decenni, ma ciò che ha visto quando ha incontrato i soldati della Frontiera del Deserto ha sorpreso persino lui. Nelle foto di Etkes si vedono tre giovani coloni delle colline, vestiti in modo trasandato, seduti sul tetto di un’auto scassata sul ciglio della strada, che fumano una sigaretta, con accanto tre soldati della Frontiera del Deserto vestiti con uniformi militari.

“Questa unità offusca deliberatamente il già labile confine tra civili e soldati in Cisgiordania”, ha dichiarato Etkes. “I palestinesi non sono più in grado di distinguerli. Chiunque incontrino, in qualsiasi situazione, può rappresentare una minaccia”.

In una dichiarazione rilasciata a +972, il portavoce dell’IDF ha sottolineato che Frontiera del Deserto fa definitivamente parte dell’esercito, è soggetta alla supervisione e alle leggi che lo governano, e che si prevede che cresca in futuro e diventi più diversificata. “La maggior parte degli incidenti citati, ad eccezione del caso Jalawi, non sono noti all’IDF”, si legge nel comunicato. Quando le denunce saranno presentate, saranno esaminate in modo appropriato”.

“L’unità Frontiera del Deserto è un’unità da combattimento con capacità speciali che offre una risposta operativa alle sfide che si presentano nella Valle del Giordano, e ha ottenuto molti risultati e successi operativi”, si legge ancora. “L’unità è stata istituita circa tre anni fa e da allora ha continuato a svilupparsi, imparare e migliorare”.

Yuval Abraham è un giornalista e attivista con sede a Gerusalemme.

https://www.972mag.com/desert-frontier-idf-hilltop-youth/?utm_source=972+Magazine+Newsletter&utm_campaign=6dd17bae11-EMAIL_CAMPAIGN_9_12_2022_11_20_COPY_01&utm_medium=email&utm_term=0_f1fe821d25-6dd17bae11-318871249

 Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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