Entrare nel libro dei fantasmi

di Bill V. Mullen,  

Mondoweiss, 29 aprile 2023.   

Il nuovo romanzo di Isabella Hammad, “Enter Ghost”, utilizza il teatro e le vite dei palestinesi della diaspora per scoprire il rapporto tra cultura e politica, colonialismo e autodeterminazione, amore e libertà.

“Qamar wa Sanabel”, opera teatrale palestinese rappresentata al Palazzo della Cultura di Ramallah, 23 marzo 2010. (Foto: Issam Rimawi/APA Images)

Una recensione al libro “ENTER GHOST”
di Isabella Hammad
336 pp. Grove Press, 28,00 dollari

Durante la Prima Intifada, la radicale ebrea Arna Mer Khamis fondò “Care and Learning” nel campo profughi di Jenin, in Palestina. Il suo programma aveva lo scopo di aiutare i bambini palestinesi e gli altri rifugiati a elaborare i traumi della guerra e del trasferimento, formandoli nel contempo alle arti e al teatro. Nel 2006, il figlio di Khamis, Juliano Mer Khamis, facendo tesoro dell’eredità materna, ha fondato il Teatro della Libertà (Freedom Theater) di Jenin e ne è diventato il direttore generale. In breve tempo il teatro ha iniziato a formare giovani attori palestinesi e si è dedicato alla preparazione di una “generazione di artisti e leader che un giorno saranno in prima linea nel movimento di liberazione palestinese”.

Tuttavia, a causa del suo programma progressista, il Teatro della Libertà è stato spesso bersaglio delle forze conservatrici in Palestina e dello Stato israeliano. Nel 2011, Juliano Mer Khamis è stato assassinato in un giallo politico ancora irrisolto; negli anni successivi le forze israeliane hanno fatto irruzione nel teatro e hanno arrestato, interrogato o picchiato gli attori che vi lavoravano. Nel settembre 2022, Bilal Al-Saadi, l’attuale presidente del Teatro della Libertà, è stato arrestato a un checkpoint israeliano e condannato a sei mesi di detenzione amministrativa senza accusa né processo. A gennaio di quest’anno, il fratello di Al-Saadi, Yahya Zubeidi, è stato arrestato a un posto di blocco militare e accusato di “coinvolgimento in attività terroristiche“. 

Nella postfazione al suo nuovo brillante romanzo Enter Ghost, la scrittrice britannico-palestinese Isabella Hammad ringrazia i membri dell’attuale teatro palestinese e gli attori palestinesi che lavorano in Palestina per aver parlato con lei mentre preparava il romanzo. Il suo libro è un’emozionante e magistrale messa in scena dell’attualità palestinese, che utilizza il teatro, i tropi teatrali e le vite dei palestinesi della diaspora come proscenio per il rapporto tra cultura e politica, vita e arte, colonialismo e autodeterminazione, amore e libertà. 

Il primo libro di Hammad è stato Il parigino, basato sulla vita di un uomo nato a Nablus che torna nella Palestina pre-1948 dopo anni trascorsi all’estero. Anche il suo nuovo libro è incentrato su una palestinese della diaspora, Sonia Nasir, in viaggio da Londra, dove vive e lavora come attrice, per tornare in una Palestina da cui è rimasta nostalgicamente lontana da quando è diventata adulta. Sonia è venuta a trovare sua sorella Haneen, una docente universitaria che vive ad Haifa ma lavora a Tel Aviv. Il fatto che una sorella viva in Israele, ovvero nel “48” come dicono i palestinesi, e un’altra in Occidente è fonte di tensione emotiva, così come la loro storia familiare costellata di assenze e misteri politici che Sonia desidera svelare. Il padre, un tempo comunista e membro del movimento Al-Ard, si rifiuta di parlare del suo passato politico di rivoluzionario; anni prima, quando erano adolescenti, lo zio di Haneen e Sonia, Jad, le aveva portate nei Territori Occupati per incontrare una donna che lottava contro la fame di nome Rashid, che poi morirà. Quando Sonia viene a sapere della sua morte solo dopo il suo ritorno in Palestina, la mancata condivisione della notizia da parte di Haneen apre una complessa porta emotiva di tradimento e responsabilità per i molti pezzi della sua vita di palestinese che non è riuscita a comprendere in esilio.

Enter Ghost diventa così un romanzo di ritorno, di riconciliazione e di desiderio per eventi e persone persi o intrecciati nella storia palestinese: in breve, un libro di fantasmi. Qui Hammad mette abilmente in atto una magia concettuale. Sonia viene arruolata dalla regista palestinese Mariam per interpretare Gertrude in una produzione cisgiordana dell’Amleto di Shakespeare. Il titolo del libro [Entra in scena il Fantasma] è tratto dall’Atto 1, Scena IV della tragedia, quando il fantasma del padre morto sfida Amleto a vendicare il suo assassinio da parte del re Claudio. Per Hammad, citando lo stesso Amleto, l’opera teatrale diventa “la cosa” che permette di cogliere la coscienza e la consapevolezza della lotta del suo protagonista per affrontare con forza la vita sotto l’occupazione sionista.

Il cast dell’opera teatrale è composto da dilettanti e professionisti provenienti da tutto il ’48 e dalla Cisgiordania, tra cui un giovane cantante pop di nome Wael (Amleto) e un ragazzo di nome Ibrahim con cui Sonia ha una breve storia d’amore. Le prove dello spettacolo si svolgono sullo sfondo degli assedi israeliani a un villaggio palestinese e del blocco della moschea di Al-Aqsa. L’introspettiva Sonia viene spinta all’azione da questi eventi, affrontando una guardia israeliana a un posto di blocco quando Wael viene trattenuto e portando la sorella a unirsi a lei in una protesta a Gerusalemme. Nel frattempo, la produzione dello spettacolo viene messa in pericolo quando il fratello di Mariam viene arrestato e accusato di raccolta illegale di fondi per la produzione; il cast sospetta che uno di loro possa essere una spia e Wael lascia la produzione. 

Hammad intende chiaramente ma sottilmente farci capire che, per questi palestinesi, la vita imita l’arte e l’arte imita la vita. “C’è qualcosa di marcio nello Stato di Israele: la produzione palestinese dell’Amleto fa scalpore a livello internazionale” titola un giornale. Il coraggio degli attori e la loro dedizione al mestiere sono intesi come un modello per la resistenza palestinese che si svolge nelle strade appena fuori dal teatro. Alla fine, gli spettacoli programmati vengono cancellati e il teatro viene confiscato, proprio come succede per un terreno palestinese. Per non mostrarsi sconfitti, la troupe si ripresenta. Mariam entra in scena per interpretare Amleto e la storia raggiunge il culmine al quinto atto in un magistrale lavoro di sceneggiatura di Hammad.

Il lettore sente profondamente questa narrazione concettualmente ricca attraverso la fitta tessitura emotiva dei personaggi di Hammad. L’ambivalenza amletica di Sonia riguardo all’impegno, all’identità e all’espropriazione è resa attraverso ripetute riflessioni sull’accumulo di perdite personali a Londra e ora in Palestina. Hammad segue anche l’ascesa di Sonia verso la consapevolezza politica e l’affermazione di se stessa come donna. Il rapporto tra sorelle nel romanzo è fragile e tenero e traccia le emozioni di una famiglia palestinese della diaspora su separazioni riconducibili alla catastrofe del 1948.

Infine, ci sono le intelligenti innovazioni narrative di Hammad. Scrive i dialoghi tra i suoi personaggi sotto forma di copione, cita e traduce l’Amleto in arabo classico e fa fluttuare nel romanzo immagini di fantasmi palestinesi per ricordarci il peso della memoria e della perdita per un popolo diseredato. Ma questa non è una metafiction giocosa come lo Shakespeare in Love di Tom Stoppard o Rosencrantz e Guildenstern sono morti. Piuttosto, Enter Ghost rende la vita del teatro palestinese per ricordarci che il fare arte e il fare vita dei palestinesi sono in continuità e che la resistenza all’occupazione non significa mai diventare oscuri o silenziosi.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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