La persecuzione dei palestinesi da parte di Israele è sbagliata e deve finire

Apr 13, 2023 | Notizie, Riflessioni

di Gershon Baskin,

The Jerusalem Post, 13 aprile 2023.   

Nessun essere umano morale può guardare a ciò che noi israeliani stiamo facendo al popolo palestinese senza provare indignazione.

Musulmani, ebrei e forze di sicurezza israeliane sono presenti sul Monte del Tempio questa settimana durante la Pasqua e il Ramadan. (JAMAL AWAD/FLASH90)

In poche parole, è una cosa sbagliata e deve finire. Qualche domanda onesta e diretta: come possiamo guardare i nostri vicini palestinesi e non percepire l’immoralità del nostro continuo controllo su di loro per 55 anni? Come possiamo noi, in quanto ebrei che abbiamo sperimentato più persecuzioni di qualsiasi altro popolo nella storia, non sentire il dolore della loro sofferenza inflitta dalla nostra mano?

Come possiamo noi, che abbiamo appena celebrato la nostra Festa della Libertà e presto celebreremo la nostra Indipendenza come nazione, non comprendere il desiderio ardente di libertà e indipendenza di milioni di palestinesi? Come possiamo non identificarci con la loro passione e la loro disponibilità a lottare per la libertà e l’indipendenza contro coloro che li legano con l’occupazione, proprio come abbiamo fatto noi?

Quelli di noi che da decenni lavorano per la pace attraverso le linee del conflitto hanno troppo spesso focalizzato il loro approccio e le loro argomentazioni sugli interessi, su ciò che sarebbe bene per Israele e per i Palestinesi. Abbiamo calcolato i costi economici dell’occupazione e i profitti che si potrebbero ottenere dalla pace. Abbiamo evitato di parlare di moralità.

Concentrati sugli interessi, non sulla moralità

Ci è stato detto e ci siamo detti che saremmo stati chiamati yafe nefesh (anime belle, un’espressione ironica in ebraico). Questa Pasqua, ore prima del nostro Seder (cena pasquale), ho scritto: Come possiamo celebrare la festa della libertà quando la nostra oppressione sui Palestinesi continua con una brutalità sfrenata? E perché il complesso di Al-Aqsa e la Moschea Qibli sono stati attaccati e razziati brutalmente dalla polizia israeliana per svuotarli di tutti quei musulmani che durante il Ramadan vorrebbero dormire lì e continuare le loro devozioni fino alle preghiere Fajr dell’alba?

Questa è un’usanza comune in tutto il mondo musulmano e soprattutto ad Al-Aqsa. Invece, al mattino presto, la polizia israeliana è arrivata ancora una volta e con la forza bruta ha spinto fuori dai loro tappeti i musulmani che pregavano, camminando su di loro con gli stivali militari, offendendoli e profanando la loro fede con la forza bruta. Come possiamo noi ebrei guardare questa scena e non provare empatia per quei musulmani che pregano?

I fedeli musulmani partecipano all’ultima preghiera del venerdì del mese sacro di Ramadan presso il complesso della Moschea Al Aqsa nella Città Vecchia di Gerusalemme, venerdì 29 aprile 2022. (JAMAL AWAD/FLASH90)

Le forze israeliane hanno sgomberato la moschea e costretto i fedeli a interrompere le loro preghiere per far posto agli ebrei, chiamati dal nostro criminale Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir a salire in massa sul Monte del Tempio, in una dimostrazione di forza per dimostrare chi è il padrone di questo luogo santo.

Sono disgustato dalla nostra brutalità in tutti i territori occupati. Mi vergogno dei 55 anni di occupazione. Ho visto con i miei occhi e ho sentito da centinaia di miei amici e colleghi palestinesi il comportamento vergognoso delle nostre truppe e dei coloni israeliani contro i civili palestinesi.

Nessun essere umano morale può guardare ciò che noi israeliani stiamo facendo al popolo palestinese e non provare indignazione. Non importa che anche i palestinesi siano responsabili della loro situazione. Il mio sdegno morale non cambia per il fatto che usino la violenza contro di noi. Non credo al falso mito secondo il quale a loro viene insegnato a odiare gli ebrei fin da quando prendono il latte materno.

Il loro incitamento contro di noi è il diretto risultato della vita che sono costretti a vivere sotto una brutale occupazione. La loro lotta per la libertà e la salvezza non è meno giusta della nostra lotta per la libertà e la salvezza. Durante la Pasqua ebraica cantiamo “eravamo schiavi e ora siamo liberi”. Ma non siamo liberi. Siamo schiavi dell’occupazione che sosteniamo, e crediamo di non avere altra scelta perché ci diciamo che non abbiamo una controparte con cui trattare.

L’estremismo dei movimenti dei coloni israeliani – pienamente sostenuti da quasi tutti i governi di Israele dal 1967 in poi – ha creato la realtà binazionale e diseguale tanto simile all’apartheid che abbiamo oggi. Questo è un dato di fatto, e una pace sulla base della divisione sembra meno probabile che mai. Non so come si possa creare uno Stato palestinese basato sulle linee (verdi) del 4 giugno 1967, anche con scambi territoriali uguali per consentire a circa l’80% dei coloni di vivere sotto la sovranità israeliana.

Nessuna soluzione basata sulla separazione

Su questo sono assolutamente sicuro: non c’è alcuna soluzione possibile a questo conflitto che si basi su una vera separazione. Tutti coloro che sognano ritiri unilaterali dietro il muro, se lo scordino. Gaza dovrebbe essere l’esempio di ciò che accade quando lo facciamo.

Al momento del disimpegno da Gaza nel 2005, c’era l’opportunità di impegnarsi con Mahmoud Abbas, che aveva appena ottenuto una grande vittoria alle elezioni palestinesi con un programma di nonviolenza e di opposizione alla seconda Intifada armata. Il Primo Ministro Sharon rifiutò questa possibilità, soprattutto perché sapeva che se avesse negoziato qualcosa con Abbas su Gaza, il passo successivo sarebbe stato quello di negoziare uno Stato palestinese anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.

Così ci siamo ritirati unilateralmente da Gaza, abbiamo chiuso il cancello e buttato via la chiave. E poi Hamas ha rivendicato la vittoria, perché ha affermato che con la sua ‘resistenza’ gli ebrei sono scappati. L’opinione pubblica palestinese è stata d’accordo con questa narrazione e ha visto la narrazione di Abbas della moderazione e dei negoziati come una strategia fallita che ha portato solo più insediamenti israeliani sulla terra palestinese rubata.

L’impegno sulla strada di un vero processo di pace è l’unica strada da percorrere per portare sicurezza e pace per entrambi i popoli che vivono su questo pezzo di terra. Finché l’occupazione continuerà con la violenza dei coloni e la costruzione di insediamenti, ci sarà violenza contro gli israeliani. L’occupazione è una violenza e potrebbe anche essere definita terrorismo sponsorizzato dallo stato contro il popolo palestinese.

Non ci sono soluzioni facili e la pace potrebbe essere molto lontana, con altre vittime innocenti lungo il percorso, ma non c’è alcuna possibilità di arrivarci senza un impegno serio. L’impegno serio inizia con dei leader che – invece di recitare ogni giorno che non abbiamo una controparte con cui parlare – dichiarino che la nostra intenzione è di fare la pace e di porre fine al controllo di Israele sul popolo palestinese.

Poi inizia il lungo e difficile processo di avvicinamento e di dialogo, unito ad azioni sul terreno che pongano fine alle provocazioni, congelino la costruzione di insediamenti e permettano all’economia palestinese, anche a Gaza, di aprirsi al mondo e di migliorare la vita delle persone.

Gershon Baskin è un imprenditore politico e sociale che ha dedicato la sua vita alla pace tra Israele e i suoi vicini. È un membro fondatore del partito politico Kol Ezraheiha-Kol Muwanteneiha (Tutti i cittadini) in Israele. Attualmente dirige The Holy Land Bond ed è il Direttore per il Medio Oriente di ICO – International Communities Organization.

https://www.jpost.com/opinion/article-739064?utm_source=ActiveCampaign&utm_medium=email&utm_content=US+Orthodox+Jewish+leaders%3A+Yair+Lapid+undermines+Israeli+government&utm_campaign=April+13%2C+2023

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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1 commento

  1. paola Toricini

    io non riesco a vedere una soluzione basata su uno Stato unico.Come si può credere che i palestinesi così ridotti possano vivere in pace con gli israeliani che durante le loro manifestazioni contro Netanyahu per la rifoma non hanno mai nepure nominato la Palestina?
    Che fare,allora?E’ una questione che mi tormenta ma so cosa sento per i fascisti e credo che anche pei i Palestinesi sia così.

    Grazie per vostro lavoro
    Paola

    Rispondi

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