Grazie a Putin, il mondo è improvvisamente interessato all’occupazione di Israele

di Victor Kattan,

Haaretz, 15 novembre 2022. 

Il mondo ha finalmente riconosciuto la necessità di interrogare l’occupazione del territorio palestinese da parte di Israele che dura da 55 anni. Il parere dato dalla Corte Internazionale di Giustizia all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite avrà ripercussioni non solo sul conflitto israelo-palestinese, ma anche sulla guerra della Russia contro l’Ucraina.

Anni di pazienti sforzi palestinesi hanno portato a un voto eccezionale dell’ONU sull’occupazione di Israele, con il tempestivo vento in poppa dell’invasione russa dell’Ucraina.  MUSSA ISSA QAWASMA/REUTERS

Il voto della scorsa settimana alle Nazioni Unite ha segnato una svolta. Per la prima volta, al principale organo giudiziario delle Nazioni Unite è stato chiesto di esprimere un parere sulla legalità dei 55 anni di occupazione israeliana del territorio palestinese, ovvero Gerusalemme Est, la Cisgiordania e la Striscia di Gaza.

Il Comitato Speciale Politico e di Decolonizzazione delle Nazioni Unite ha approvato una bozza di risoluzione di nove pagine sulle pratiche e le attività di insediamento israeliane che incidono sui diritti del popolo palestinese, per richiedere un secondo parere consultivo – composto da due domande – alla Corte Internazionale di Giustizia.

La prima domanda riguarda le conseguenze legali derivanti dalla continua violazione da parte di Israele del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, data la prolungata occupazione, l’insediamento e l’annessione del territorio palestinese occupato dal 1967, comprese le misure volte ad alterare la composizione demografica della Città Santa di Gerusalemme.

La seconda domanda riguarda l’impatto di queste politiche sullo status giuridico dell’occupazione e sulle conseguenze legali che ne derivano per tutti gli Stati e per le Nazioni Unite.

Non è la prima volta che alla Corte dell’Aia viene chiesto un parere legale sulle politiche di Israele nei confronti del popolo palestinese; nel 2003 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto un parere sulle conseguenze legali della costruzione della barriera di separazione in Cisgiordania, a cui la Corte ha risposto l’anno successivo. Questa volta, però, il tema è l’occupazione stessa, insieme alle violazioni del diritto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale ad essa associate.

È importante notare che la questione non è ancora stata sottoposta alla Corte. Ci sarà una seconda votazione durante la sessione plenaria dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a dicembre, ma ci sono pochi dubbi che la risoluzione passerà.

Nella prima votazione, 98 Stati hanno votato a favore della risoluzione – otto in più rispetto ai 90 che avevano votato a favore della risoluzione che richiedeva il primo parere consultivo nel 2003. Tra gli Stati aggiuntivi figurano molti Paesi europei che nel 2003 si erano astenuti, come Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Polonia, Portogallo e Slovenia.

Le decisioni in cui si chiedono pareri consultivi alla Corte Internazionale di Giustizia richiedono la maggioranza semplice dei membri dell’ONU “presenti e votanti“, il che significa che per fermarla, Israele dovrebbe convincere più di 40 Stati a votare contro la richiesta. Si tratta di un’impresa ardua per qualsiasi ministero degli Esteri, se non addirittura irraggiungibile.

La decisione della scorsa settimana di sottoporre la richiesta di un secondo parere consultivo al Comitato Speciale per la Politica e la Decolonizzazione delle Nazioni Unite, anziché presentarla direttamente in plenaria a dicembre, è stata un’abile mossa tattica. Ha coinciso con le elezioni di midterm negli Stati Uniti, quando l’attenzione del Presidente americano Joe Biden era concentrata altrove.

L’ambasciatore palestinese Riyad H. Mansour parla durante una riunione del Comitato Speciale Politico e di Decolonizzazione delle Nazioni Unite. Jeenah Moon /AP

Non sorprende che gli Stati Uniti siano stati uno dei pochi Stati che hanno votato contro la risoluzione, insieme a Israele [e all’Italia, NdT]. Ma la stragrande maggioranza degli Stati ha votato a favore della risoluzione, compresi Stati con stretti legami economici e culturali con Israele, come l’Ucraina.

Anche i firmatari degli Accordi di Abramo – Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Marocco e Sudan – hanno votato a favore. Il voto dell’Australia contro la risoluzione è stato curioso, dato che un mese fa il nuovo governo laburista ha tranquillamente annullato il riconoscimento di Gerusalemme Ovest come capitale di Israele.

Secondo quanto riferito, il voto di Kiev ha sconvolto l’ambasciatore di Israele in Ucraina, che lo ha definito “deludente“. Ma non dovrebbe essere una sorpresa: la questione posta alla Corte Internazionale di Giustizia è importante per l’Ucraina, il cui territorio è stato occupato, spartito, saccheggiato e annesso dalla Federazione Russa. Ciò che forse sorprende di più è che anche Mosca abbia votato a favore della risoluzione.

La decisione delle Nazioni Unite di sostenere la richiesta palestinese di un secondo parere non sorprende. Il mese scorso, una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha trovato “ragionevoli motivi per concludere che l’occupazione israeliana del territorio palestinese è ora illegale secondo il diritto internazionale a causa della sua permanenza e delle azioni intraprese da Israele per annettere parti della terra de facto e de jure“. In particolare, la commissione ha raccomandato di chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia di esprimere un parere sulle conseguenze legali del continuo rifiuto di Israele di porre fine all’occupazione.

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas tiene in mano una riproduzione che mostra la prima pagina del New York Times del 28 maggio 2021, mentre parla alla 77ª sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a settembre. Julia Nikhinson / AP

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha minacciato per anni di rivolgersi alla Corte dell’Aia, da ultimo all’apertura dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre. Se Abbas avesse avuto qualche dubbio sull’opportunità di chiedere un altro parere alla Corte Internazionale di Giustizia, la rielezione a primo ministro di Israele di Benjamin Netanyahu, che è visto da molti palestinesi (e israeliani) come un ostacolo alla pace, avrebbe solo incoraggiato il leader palestinese ad agire.

Sebbene la richiesta sia nata da un’iniziativa palestinese, una volta votata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il parere richiesto alla CIG sarà indirizzato a questo organo dell’ONU. In altre parole, non si tratta di un processo in contraddittorio. La Palestina non sta presentando un reclamo o “facendo causa” a Israele. Non si tratta di una “azione legale”. Tutto ciò che viene proposto è che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite richieda un parere alla Corte sulle due questioni legali ricordate sopra, che compaiono nel paragrafo 18 della risoluzione.

I giudici della CIG sono 15 e rappresentano i principali sistemi giuridici del mondo. L’attuale presidente della Corte è americano; il vicepresidente è russo. Non è affatto chiaro se i giudici saranno d’accordo sulla risposta ai due quesiti proposti. Alcuni giudici hanno la nazionalità degli Stati che hanno votato contro la risoluzione e potrebbero non essere favorevoli a rispondere alle domande. Dovremo aspettare e vedere cosa succederà.

Anche se i palestinesi ricevessero all’Aia un parere consultivo favorevole, ciò non significherebbe necessariamente che gli Stati seguiranno le indicazioni della CIG. Tuttavia, visti gli eventi in Ucraina, il parere che la CIG fornirà all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite avrà probabilmente un significato più ampio rispetto al conflitto israelo-palestinese.

Per i governi occidentali, inoltre, potrebbe essere più difficile non esercitare pressioni su Israele affinché ponga fine all’occupazione, viste le sanzioni senza precedenti imposte contro Mosca per l’invasione, l’occupazione e l’annessione di ampie zone dell’Ucraina. Per questo motivo –e poiché l’occupazione israeliana stessa è al centro della richiesta di parere– gli Stati probabilmente si interesseranno molto di più che in passato a ciò che dirà la Corte di Giustizia.

Victor Kattan è ricercatore senior presso la School of Law dell’Università di Nottingham. Twitter: @VictorKattan

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Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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