Le restrizioni israeliane ai viaggi degli stranieri nella Cisgiordania occupata entrano in vigore nonostante le critiche

di Yumna Patel e Michael Arria,  

Mondoweiss, 20 ottobre 2022.    

Una serie draconiana di restrizioni israeliane sui viaggi degli stranieri nella Cisgiordania occupata entra in vigore oggi, nonostante mesi di condanne da parte di gruppi per i diritti e sforzi legali per fermarle.

Passaporto palestinese

Una serie draconiana di regole e restrizioni sull’ingresso degli stranieri nella Cisgiordania occupata entrerà in vigore oggi, nonostante mesi di condanne da parte di gruppi per i diritti e sforzi legali per fermare l’applicazione delle restrizioni.

Intitolato “Procedura per l’ingresso e la residenza degli stranieri nell’area di Giudea e Samaria”, il documento di 90 pagine di restrizioni elaborato dal Coordinatore delle Attività Governative nei Territori (COGAT) di Israele, mira a limitare fortemente la possibilità degli stranieri, compresi quelli di origine palestinese che vivono all’estero, di entrare in Cisgiordania per motivi di lavoro, istruzione, interventi umanitari e persino per visitare la famiglia.

Le nuove norme sono state pubblicate all’inizio di quest’anno, accompagnate da ampie critiche, e inizialmente dovevano entrare in vigore a maggio, ma sono state rinviate più volte a causa delle resistenze legali che hanno incontrato.

“Le autorità israeliane non hanno fornito alcuna spiegazione per la nuova procedura, che chiaramente va ben oltre la loro autorità di potenza occupante di prendere misure per la propria sicurezza o per il benessere della popolazione palestinese”, ha dichiarato in un comunicato Jessica Montell, direttore esecutivo di Hamoked, il gruppo israeliano per i diritti umani che ha contestato il provvedimento nei tribunali israeliani.

Gran parte delle proteste hanno riguardato alcuni degli aspetti più assurdi del regolamento, come la clausola secondo cui le persone straniere che avessero intrapreso una relazione sentimentale con un/una palestinese avrebbero dovuto dichiararlo al governo israeliano entro 30 giorni dall’inizio della relazione.

A settembre, a seguito di pesanti reazioni da parte dei gruppi per i diritti, nonché di funzionari europei e statunitensi, il COGAT ha pubblicato una versione riveduta del documento, in cui si è fatto marcia indietro su alcune delle regole più criticate, tra cui la già citata tempistica per la segnalazione di relazioni sentimentali con palestinesi.

Ma l’essenza dei regolamenti e molte delle restrizioni originarie sono rimaste in vigore.

Secondo le regole, il COGAT e il governo israeliano hanno ancora il potere ultimo di approvare o negare il visto a chiunque voglia entrare o soggiornare in Cisgiordania; ciò include i coniugi stranieri di palestinesi, gli studenti stranieri, i professori universitari, i volontari e gli operatori umanitari, e anche i palestinesi con passaporto straniero che vogliono visitare i loro familiari in Cisgiordania.

Yotam Ben Hillel, un avvocato israeliano che ha combattuto in tribunale contro i regolamenti del COGAT insieme ad Hamoked, ha affermato che secondo gli accordi di Oslo questo tipo di decisioni dovrebbe essere di competenza dell’Autorità Palestinese.

“Ma in questa politica [del COGAT], tutto dipende da Israele. Sono loro che decidono se le persone possono ottenere la residenza, i visti, ecc,” ha detto Ben Hillel a Mondoweiss. “Fa parte di molti altri ostacoli che gli israeliani hanno messo in atto per rendere più difficile vivere insieme come una famiglia in Palestina, o venire qui per altri scopi”.

“Naturalmente si tratta di considerazioni demografiche”, ha proseguito. “Queste nuove restrizioni isoleranno completamente la società palestinese”.

Implicazioni immediate

A settembre, quando il COGAT ha reso note le restrizioni modificate, l’ambasciatore statunitense in Israele Tom Nides ha rilasciato una dichiarazione in cui esprimeva alcune “preoccupazioni” sui protocolli pubblicati. La dichiarazione di Nides è arrivata dopo mesi di relativo silenzio da parte dell’amministrazione Biden su questa politica.

Nides ha parlato di un “periodo pilota” di due anni per le nuove norme, durante il quale si aspettava che il governo israeliano “apportasse i necessari aggiustamenti” per “garantire la trasparenza e il trattamento equo e paritario di tutti i cittadini statunitensi e di altri cittadini stranieri che si recano in Cisgiordania”.

Ma Ben Hillel afferma che due anni sono un periodo lungo, durante il quale migliaia di vite saranno colpite, e per molte famiglie palestinesi il danno potrebbe essere fatto prima di qualsiasi riaggiustamento, se mai ci sarà, dopo due anni.

“Da quello che ho già visto, ci sono persone che in questi due anni avranno molte difficoltà a continuare la loro vita come stanno facendo ora”, ha detto, sottolineando che molti coniugi stranieri di palestinesi saranno soggetti a un maggiore controllo dei loro visti attuali, ciò che potrebbe costringerli a dover lasciare i Territori Palestinesi Occupati e le loro famiglie, se non soddisfano i nuovi criteri stabiliti dal COGAT.

Le persone in possesso di passaporti stranieri di alcuni Paesi, tra cui la Giordania e l’Egitto che hanno relazioni diplomatiche con Israele, non potranno entrare in Cisgiordania secondo le nuove regole, anche se hanno la cittadinanza statunitense, canadese o di altri Paesi.

“Non possono venire come turisti, non possono lavorare qui, non possono studiare. Il solo fatto che siano nati in Giordania o che abbiano un passaporto giordano significa che non possono venire”, ha detto Ben-Hillel, aggiungendo che dovranno richiedere dei permessi di visita temporanei che devono essere approvati da Israele, e che vengono approvati molto raramente. 

Ben-Hillel si è detto preoccupato soprattutto per le implicazioni delle nuove norme sulle famiglie palestinesi. Jessica Montell di Hamoked è d’accordo.

“Il gruppo che sarà maggiormente danneggiato è quello delle famiglie palestinesi in cui uno dei due coniugi è cittadino straniero. Ci sono decine di migliaia di famiglie di questo tipo in Cisgiordania, e con la nuova procedura non potranno più vivere insieme in Cisgiordania”, ha dichiarato Montell a Mondoweiss.

“Le richieste di unificazione familiare possono essere rifiutate solo perché il governo israeliano potrebbe non approvarle”, ha detto Ben-Hillel, aggiungendo che Israele ha ancora il potere di decidere se la relazione di una coppia è “reale” e di decidere se concedere un visto al titolare di un passaporto straniero sulla base della sua relazione con un palestinese.

“Stiamo parlando di molte persone che vivono a Ramallah, Nablus e Hebron, per esempio. Come faranno gli israeliani a verificare che [una relazione sia reale]?”, ha chiesto incredulo. “Verranno con i militari nel cuore della notte e invaderanno le case delle persone per vedere se la coppia vive insieme? È ridicolo”, ha detto. 

Cosa fanno, o non fanno, gli Stati Uniti al riguardo

Martedì 18 ottobre, due giorni prima dell’entrata in vigore delle norme, il vice-portavoce del Dipartimento di Stato americano Vedant Patel ha dichiarato, interrogato sulle norme: “Ovviamente rimaniamo preoccupati per i potenziali impatti negativi che alcune di queste procedure potrebbero avere sulla società civile, sul turismo, sulle strutture sanitarie, sulle istituzioni accademiche”.

Ha aggiunto che l’amministrazione Biden rimane “impegnata” con il governo israeliano sull’argomento.

Ma la presunta preoccupazione dell’amministrazione Biden per gli effetti negativi delle restrizioni sembra apatica di fronte all’ondata di critiche mosse da mesi alle nuove norme e regolamenti da parte di esperti di diritti umani e legali, che hanno sottolineato come gli effetti negativi di cui l’amministrazione USA si preoccupa siano praticamente inevitabili.

“Tutta questa politica fa parte del controllo israeliano sul registro della popolazione palestinese”, ha detto Ben-Hillel. “Come avviene con il controllo dei confini, ha uno scopo dietro di sé, che è quello di isolare la società palestinese dal mondo esterno, e naturalmente in questo modo renderà molto difficile per i palestinesi sfidare l’apartheid in cui vivono”.

Ha aggiunto che questa politica renderà inevitabilmente così difficile per alcune famiglie vivere insieme nella loro casa in Cisgiordania, che alcune di esse lasceranno il territorio occupato: insieme o separate.

Montell ha espresso critiche simili, affermando che “questa procedura può essere intesa solo come motivata dal desiderio di isolare la società palestinese e di favorire l’ingegneria demografica (il fatto che la “paura di radicarsi in Cisgiordania” sia un motivo per negare un visto è eloquente)”.

Montell ha aggiunto che Hamoked ha inviato una lettera dettagliata alle forze armate israeliane, in cui vengono esposte tutte le sue obiezioni alla legge. È il primo passo di molti altri che Hamoked intende compiere per continuare a sfidare questo provvedimento.

“Nei prossimi mesi presenteremo una petizione alla Corte Suprema di Israele per conto di individui o istituzioni che sono stati danneggiati dalla procedura. Spero che queste petizioni, unite alle pressioni internazionali, portino a cambiamenti molto significativi della procedura, in modo che le famiglie possano vivere insieme e le istituzioni palestinesi possano beneficiare della cooperazione internazionale”.

Lobbying per l’esenzione dal visto

Le revisioni apportate da Israele alle regole COGAT sono state un chiaro tentativo di entrare nel programma Visa Waiver Program (VWP) degli Stati Uniti. Nell’ambito del VWP, i cittadini di un ristretto numero di Paesi possono soggiornare negli Stati Uniti per tre mesi senza ottenere un visto.

Israele ha esercitato pubblicamente pressioni sul governo degli Stati Uniti per aderire al VWP sin dalla metà degli anni 2000. Negli ultimi anni ci sono stati diversi tentativi da parte del Congresso di spingere Israele a entrare nel programma e nel settembre 2021 Biden ha assicurato al governo israeliano che avrebbe lavorato per raggiungere questo obiettivo. In occasione della sua visita in Israele, a luglio, Biden ha rilasciato una dichiarazione congiunta con il Primo Ministro israeliano Yair Lapid, in cui afferma che i due Paesi “continueranno i loro sforzi condivisi e accelerati per consentire ai titolari di passaporto israeliano di essere inclusi nel programma Visa Waiver degli Stati Uniti”.

Tuttavia, nessuno di questi sviluppi sembra aver avvicinato Israele all’ottenimento della deroga al visto. Questa settimana il deputato Don Beyer (D-VA) ha iniziato a far circolare una lettera del Congresso al Segretario di Stato Antony Blinken in cui si afferma che Israele non soddisfa i requisiti di base necessari per accedere al programma. La lettera fa riferimento direttamente alle “onerose e discriminatorie” restrizioni del COGAT. “È dovere di Israele, in quanto alleato chiave degli Stati Uniti e beneficiario di aiuti significativi, trattare i cittadini statunitensi con dignità e rispetto a prescindere da razza, religione ed etnia, ed è particolarmente pertinente in questo momento perché Israele è attualmente in fase di valutazione per l’ingresso nel programma Visa Waiver degli Stati Uniti”, scrive Beyer.

“La codifica del trattamento discriminatorio dei viaggiatori statunitensi afferma ancora che questi regolamenti si applicano specificamente ai Paesi che hanno “accettato un programma di esenzione dal visto con Israele””, continua. “Pertanto, la decisione di intensificare la discriminazione codificando i regolamenti è particolarmente sconcertante dato il desiderio di Stati Uniti e Israele di ammettere Israele nel VWP”.

A settembre, il Dipartimento per la Sicurezza Nazionale ha inviato a Beyer una lettera in cui affermava che Israele non soddisfaceva ancora i requisiti del VWP.

“Le ultime restrizioni di viaggio discriminatorie imposte da Israele ai palestinesi americani, entrate in vigore questa settimana, sono draconiane e mirano a rendere difficile, se non impossibile, per i palestinesi di questo Paese rimanere fisicamente legati alla loro patria e alla loro famiglia”, ha dichiarato a Mondoweiss il direttore delle relazioni governative dell’Istituto per la comprensione del Medio Oriente (IMEU) Josh Ruebner. “Fa parte del pervasivo regime di apartheid di Israele che controlla i palestinesi. Il rappresentante Don Beyer e tutti i membri del Congresso che hanno firmato questa lettera sono da lodare per aver sollevato questa preoccupazione con il Segretario di Stato Tony Blinken e per essersi aggiunti alla già significativa pressione del Congresso per tenere Israele fuori dal Programma Visa Waiver”.

Alla domanda sullo status di Israele rispetto al VWP, durante un briefing del Dipartimento di Stato, Vedant Patel ha detto ai giornalisti che non sarebbe entrato in trattative specifiche, ma che l’amministrazione continua a “lavorare con Israele per soddisfare tutti i requisiti del Visa Waiver Program, come l’estensione dei privilegi reciproci a tutti i cittadini e i cittadini statunitensi, compresi gli americani palestinesi”.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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