3 giugno 2021
La settimana scorsa centinaia di artisti, scrittori e registi palestinesi –tra i quali Mohammed el-Kurd, Elia Suleiman, Farah Nabulsi, Larissa Sansour, Jack Persekian, Mona Hatoum, Saleh Bakri e Bella Hadid– hanno lanciato un potente appello in cui si chiede “la cessazione immediata e incondizionata della violenza israeliana contro i Palestinesi” e “agli attivisti, e specialmente ai nostri colleghi nelle arti, di esercitare la loro azione all’interno delle proprie istituzioni per sostenere la lotta palestinese per la decolonizzazione al meglio delle loro possibilità”.
Migliaia di artisti, musicisti e operatori della cultura stanno sostenendo apertamente i Palestinesi e la Palestina, esprimendosi pubblicamente e nei social media e firmando appelli come questo che è ancora aperto. Queste azioni non sono solo importanti campagne politiche, ma anche catalizzatori essenziali per il cambiamento sociale che riguarda tutti noi. Invitiamo quindi tutti gli artisti, registi, scrittori, musicisti e operatori della cultura di unirsi, firmando, alla lotta di liberazione della Palestina e con essa la riaffermazione dei diritti umani e della libertà di tutti.
A questo LINK trovate le firme sinora apposte
I Palestinesi vengono aggrediti e uccisi impunemente da soldati israeliani e da civili armati israeliani che girano per le strade di Gerusalemme, Lod, Haifa, Giaffa e altre città cantando “Morte agli Arabi”. Diversi linciaggi di palestinesi disarmati e indifesi sono avvenuti nelle ultime due settimane. Le famiglie del quartiere Sheikh Jarrah di Gerusalemme continuano ad affrontare la pulizia etnica e il trasferimento dalle loro case. Questi atti di omicidi, intimidazioni e espropri violenti sono protetti, se non attivamente incoraggiati, dal governo e dalla polizia israeliani.
A maggio il governo israeliano ha commesso un altro massacro a Gaza bombardando indiscriminatamente e incessantemente i Palestinesi nelle loro case, uffici, ospedali e nelle strade. Il bombardamento di Gaza fa parte di uno schema intenzionale e ricorrente nel quale intere famiglie vengono uccise e le infrastrutture locali distrutte. Ciò serve a esacerbare le condizioni che sono già invivibili in uno dei posti più densamente popolati sulla terra, che, malgrado il temporaneo cessate il fuoco, rimane sotto assedio militare. Gaza non è un paese separato: siamo un solo popolo, separato forzosamente dall’architettura dello Stato di Israele.
Inquadrare il tutto come una guerra tra due parti uguali è falso e fuorviante. Israele è la potenza coloniale. La Palestina è colonizzata. Questo non è un conflitto: è apartheid.
Di fronte al crescente pericolo mortale delle ultime due settimane, i Palestinesi si sono ancora una volta uniti. In Palestina e in tutto il mondo in gran numero stanno scendendo in piazza, si stanno organizzando sui social media, difendono le loro case, si proteggono l’un l’altro e chiedono la fine della pulizia etnica, dell’apartheid, della discriminazione e della spoliazione. Alle nostre comunità è stato sistematicamente negato il diritto al ritorno e sono state forzatamente frammentate e cancellate dalla An-Nakba, l’alba del dominio coloniale d’insediamento israeliano nel 1948, e questo recente ravvicinamento ci ha dato la fiducia di cui avevamo bisogno in mezzo alla rabbia e al dolore delle scorse due settimane. Stiamo iniziando ad avere, malgrado tutto quel che accade, malgrado gli anni di disumanizzazione, un po’ di speranza.
Finalmente il mondo ha iniziato a chiamare il sistema israeliano con il suo nome. All’inizio di quest’anno l’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem ha seguito l’esempio fornito da decine di lavoratori intellettuali e legali palestinesi per dimostrare che non c’è separazione tra lo Stato israeliano e la sua occupazione militare: i due formano un unico sistema di apartheid. Human Rights Watch, a sua volta, ha pubblicato un approfondito report che accusa Israele di “crimini di apartheid e persecuzione contro l’umanità”.
Noi, i sottoscritti artisti e scrittori palestinesi e i nostri sottoelencati alleati nelle arti, vi chiediamo di unirvi a noi. Per favore, non lasciate che questo momento passi. Se le voci palestinesi vengono di nuovo silenziate, ci potrebbero volere generazioni prima di avere un’altra possibilità di libertà e giustizia. Vi chiediamo di unirvi a noi ora, in questo frangente critico, e di mostrare il vostro sostegno alla liberazione palestinese.
Chiediamo la cessazione immediata e incondizionata della violenza israeliana contro i Palestinesi. Chiediamo la fine del sostegno fornito dalle potenze mondiali a Israele e al suo esercito; in particolare gli Stati Uniti, che attualmente forniscono a Israele 3,8 miliardi di dollari l’anno senza alcuna condizionalità. Chiediamo a tutte le persone di coscienza di esercitare la loro azione per aiutare a smantellare il regime d’apartheid. Chiediamo ai governi che permettono questo crimine contro l’umanità di applicare sanzioni, di azionare le leve della responsabilità internazionale e di tagliare le relazioni commerciali, economiche e culturali. Chiediamo agli attivisti, e specialmente ai nostri colleghi nelle arti, di esercitare la loro azione all’interno delle proprie istituzioni per sostenere la lotta palestinese per la decolonizzazione al meglio delle loro possibilità. L’apartheid israeliano è sostenuto dalla complicità internazionale, è nostra responsabilità collettiva porre rimedio a questo danno.
Abbiamo visto come i governi in Europa, e non solo, hanno recentemente introdotto politiche di aperta censura, e adottato una cultura di autocensura, verso la solidarietà palestinese. Identificare la legittima critica allo Stato di Israele e alla sua politica verso i Palestinesi con l’antisemitismo è cinico. Il razzismo, incluso l’antisemitismo, e tutte le forme di odio sono esecrabili e non gradite nella lotta palestinese. È giunto il tempo di opporsi a queste tattiche di silenziamento e di superarle. Milioni di persone nel mondo vedono nei Palestinesi il microcosmo della loro stessa oppressione e delle loro speranze, e alleati come Black Lives Matter e Jewish Voice for Peace, insieme ai diritti per gli indigeni, l’attivismo femminista e queer, tra molti altri, sempre più stanno esprimendo il loro sostegno.
Vi chiediamo di essere coraggiosi. Vi chiediamo di farvi avanti, parlare apertamente e prendere una posizione pubblica chiara contro questa ingiustizia in corso in Palestina.
L’apartheid deve essere smantellato. Nessuno è libero finché non siamo tutti liberi.
A questo LINK trovate le firme sinora apposte
https://www.againstapartheid.com/
Traduzione di Elisabetta Valento – AssoPacePalestina
.
Nessuno è libero finché non siamo tutti liberi. NO al Apartheid !