da: al-Haq,
16 marzo 2021.
Oltre 550 Organizzazioni fanno appello alla Commissione ONU per i Diritti Umani.
Inchiodati nell’oppressione istituzionalizzata, nei trasferimenti forzati e nell’espropriazione del popolo palestinese fin dall’inizio della Nakba nel 1948, i Palestinesi continuano a sperimentare una Nakba in corso, una realtà attuale di colonialismo israeliano e di apartheid. Dal 3 novembre 2020, Humsa al-Fawqa, una comunità palestinese nella Valle del Giordano, è stata presa di mira, perquisita e demolita sei volte dalle autorità di occupazione israeliane.
Attualmente, 11 famiglie palestinesi residenti a Khirbet Humsa al-Fawqa, che si trova in un’area che Israele ha dichiarato “zona militare di fuoco”, sono soggette al sistema discriminatorio di pianificazione urbana e di autorizzazione di Israele, che ha reso quasi impossibile ottenere permessi di costruzione per strutture ad uso residenziale e commerciale nei Territori Palestinesi Occupati, compresa Gerusalemme Est.
La Valle del Giordano, che contiene riserve vitali di territorio per la naturale espansione delle città e dei paesi palestinesi, costituisce un polo di risorse naturali palestinesi, ma è anche fondamentale per l’impresa israeliana di insediamento coloniale. Sottoposti a frequenti incursioni e attacchi da parte delle forze di occupazione israeliane (IOF), i residenti palestinesi di Khirbet Humsa al-Fawqa hanno visto le loro case e altri loro edifici demoliti e confiscati nel 2012, 2013, 2014, 2017, 2018, 2020, e ora nel 2021. Nel novembre 2020, le autorità di occupazione israeliane hanno condotto quello che è stato descritto come “il più grande episodio di sfollamento forzato in oltre quattro anni”, lasciando 72 Palestinesi, 38 dei quali bambini, senza tetto in mezzo a una pandemia globale. Solo nel febbraio 2021, la comunità palestinese ha subito cinque incursioni da parte delle IOF, che hanno demolito e confiscato le case di 11 famiglie palestinesi.
Progettando e attuando sistematicamente politiche di spostamento ed espropriazione destinate a trasferire con la forza i Palestinesi, sostituendoli con coloni israeliani, allo scopo di mantenere l’impresa coloniale israeliana e il regime di apartheid, Israele continua a violare i diritti dei Palestinesi, incluso il loro diritto inalienabile all’autodeterminazione e il loro diritto al ritorno; continuando comunque ad approfittare di una illegale cultura dell’impunità.
La comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, l’Irlanda, il Belgio e il Regno Unito, hanno condannato le demolizioni di Khirbet Humsa al-Fawqa condotte da Israele, evidenziando l’illegalità di tali attacchi e affrontando il terribile problema umanitario causato da queste demolizioni. Riconoscendo che le strutture demolite sono state finanziate dalla comunità internazionale, come parte del loro “sostegno umanitario ai Palestinesi a rischio di trasferimento forzato in Cisgiordania”, le organizzazioni sottoscritte affermano che gli aiuti umanitari dovrebbero rimanere a breve termine, come un sostegno temporaneo, poiché la comunità internazionale non dovrebbe deflettere dal suo riconoscimento delle cause profonde dell’occupazione: il regime coloniale e di apartheid di Israele e le sistematiche politiche e pratiche ad esso associate.
Sottolineando la necessità di porre fine alla cultura di impunità prevalente in Israele, Michael Lynk, Relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nel territorio palestinese occupato dal 1967, e Balakrishnan Rajagopal, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle Condizioni Abitative come componenti del diritto a un livello di vita adeguato e sul Diritto alla Non-discriminazione, hanno accolto con favore “il sostegno fornito agli abitanti dei villaggi di Humsa Al-Bqai’a dai rappresentanti diplomatici in Palestina e Israele”, ma hanno sottolineato che “i loro governi devono fare molto di più per insistere sulla responsabilità israeliana, poiché questa è la chiave mancante per porre fine a questa prolungata occupazione”.
La cultura dell’impunità israeliana ha inoltre consentito alle imprese commerciali di beneficiare della prolungata occupazione israeliana e delle gravi violazioni dei diritti umani. Al-Haq e Stop the Wall hanno identificato i bulldozer JCB, CAT e Volvo nell’aiutare gli attacchi portati dalle autorità di occupazione israeliane contro Khirbet Humsa al-Fawqa. In particolare, JCB è già stato inserito nel database delle Nazioni Unite, tra le 112 società israeliane e internazionali che operano in insediamenti israeliani illegali in terra palestinese. Inoltre, JCB è attualmente oggetto di indagine da parte del Punto di Contatto nazionale del Regno Unito, per il suo coinvolgimento in violazioni dei diritti umani contro i Palestinesi, ma continua ancora a fornire macchinari per aiutare e favorire i crimini di guerra nel territorio palestinese occupato.
Le recenti decisioni della Camera preliminare della Corte Penale Internazionale (CPI), che affermano la piena giurisdizione territoriale della Corte sul territorio palestinese occupato, vale a dire la Cisgiordania, comprese Gerusalemme Est e la Striscia di Gaza, e la decisione dell’Ufficio del Procuratore della CPI di aprire un’indagine penale completa sulla situazione in Palestina rappresentano un passo di fondamentale importanza per porre fine all’impunità e sostenere lo stato di diritto internazionale, garantendo al contempo la dignità del popolo palestinese a cui continua a essere negato il diritto all’autodeterminazione e che è soggetto, tra l’altro, a un regime criminale di apartheid, sfollamento forzato, trasferimento di popolazione, distruzione estesa e appropriazione di proprietà e saccheggio, il tutto nell’ambito della giurisdizione della Corte.
Il continuo accanimento contro Humsa al-Fawqa dimostra che Israele si rifiuta di rispettare obblighi legali internazionali vincolanti in quanto potenza occupante, mentre l’incapacità dei paesi terzi di porre fine all’impunità di Israele mina ulteriormente lo stato di diritto internazionale.
Di conseguenza, ribadiamo i nostri appelli alla comunità internazionale a:
• ricorrere a tutti i meccanismi disponibili per ottenere giustizia e responsabilità internazionali e, in particolare, intervenire immediatamente per sanzionare economicamente Israele e ritenere penalmente responsabili le persone, inclusi dirigenti d’azienda, che potrebbero aver commesso crimini di guerra in Humsa al-Fawqa, sia che si trovino sul loro territorio o siano cittadini di uno Stato Parte.
• chiediamo a tutti gli Stati contraenti dello Statuto di Roma e ai Paesi terzi di sostenere pubblicamente e cooperare pienamente con l’Ufficio del Procuratore della CPI, secondo gli obblighi di cui all’articolo 86 dello Statuto di Roma, e in linea con l’articolo comune n.1 delle quattro Convenzioni di Ginevra e dell’articolo 146 della Quarta Convenzione di Ginevra, per garantire l’arresto e il trasferimento all’Aia di persone indagate e accusate di crimini internazionali e per impedire la continua perpetrazione di crimini internazionali contro il popolo palestinese.
• chiediamo al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite di riconoscere e denunciare le politiche di Israele contro l’intero popolo palestinese, comprese le demolizioni di Humsa al Fawqa, come crimini di guerra di una potenza occupante e violazioni del diritto palestinese all’autodeterminazione che configurano il crimine di apartheid.
• chiediamo al Consiglio per i Diritti Umani di istituire una missione conoscitiva indipendente sul regime di apartheid di Israele e i connessi obblighi degli stati, delle organizzazioni internazionali e delle imprese.
• chiediamo all’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani di sviluppare ulteriormente e in modo trasparente la banca dati delle Nazioni Unite sulle aziende coinvolte nell’impresa di insediamento illegale di Israele.
Sostenete l’appello e firmate la petizione pubblica a #SaveHumsa
Queste sono alcune delle oltre 550 organizzazioni per i diritti umani e la giustizia sociale, sindacati, congregazioni religiose e movimenti locali che sottoscrivono il nostro appello:
- Addameer Prisoner Support and Human Rights Association’s, Palestine
- Africa Europa Faith & Justice Network (58 member congregations)
- Al Mezan Center for Human Rights, Palestine
- Al-Haq, Law in the Service of Mankind, Palestine
- A Planeta. Basque Country
- APDH Asamblea Permanente por los Derechos Humanos, Argentina
- Association Belgo-Palestinienne WB
- Association of Norwegian NGOs for Palestine (26 member organizations)
- Auckland Peace Action, New Zealand
- Australian Palestinian Professionals Association
- BACBI – Belgian Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel
- BDS Berlin, Germany
- BDS Colombia
- BDS Malaysia
- Breed Platfom Palestina, Netherlands
- Cairo Institute for Human Rights Studies (CIHRS)
- Canadian BDS Coalition
- Claremont Jewish Voice for Peace, USA
- CNCD-11.11.11, Belgium (90 member organizations)
- Coalition for Justice and Peace in Palestine, Australia
- CONAMINH, Honduras
- Cultura Libertà, Italy
- Defence for Children International – Palestine
- DOCP-BDS Netherlands
- European Coordination of Committees and Associations for Palestine (ECCP) (40 member organizations)
- European Legal Support Center (ELSC)
- Eyewitness Palestine, USA
- Families of the Disappeared, Sri Lanka
- Federation of Italian Migrant Workers and their Families – FILEF Sydney, Australia
- Finnish-Arab Friendship Society
- Future in Our Hands Development Fund, Sri Lanka
- Good Shepherd Collective, USA
- International Human Rights Council-Hong Kong
- Intersindical Alternativa de Catalunya (IAC)
- Ireland-Palestine Solidarity Campaign
- Israeli Committee Against House Demolitions, Finland
- Israeli Committee Against House Demolitions, UK
- Jerusalem Legal Aid and Human Rights Center, Palestine
- Jubileo Sur Américas, South America
- Jubileu Sul Brasil
- Just Peace Advocates/Mouvement Pour Une Paix Juste, Canada
- Justiça Ambiental JA! – Friends of the Earth Mozambique
- Lakeshore Avenue Baptist Church, USA
- Liga Argentina por los Derechos Humanos, Argentina
- National Association Assopace Palestina, Italy
- NDN Collective, USA
- Netherlands Palestine Committee
- New Trade Union Initiative, India
- Niagara Movement for Justice in Palestine-Israel (NMJPI), USA
- NOVACT – International Institute for Nonviolent Action, Spanish State
- NWRG-onlus, Italy
- Oakville Palestinian Rights Association, USA
- Observatorio de Derechos Humanos de los Pueblos (30 member organizations)
- ‘Salaam – Ragazzi Dell”Olivo’, Comitato Di Trieste, Italy
- Palestine Solidarity Campaign – South Africa
- Palestine Solidarity Campaign (Cape Town), south Africa
- Palestine Solidarity Campaign UK
- Palestine Solidarity Network Aotearoa/New Zealand
- Palestinian and Jewish Unity, Canada
- Palestinian Center for Human Rights
- Palestinian Grassroots Anti-Apartheid Wall Campaign (Stop the Wall)
- Palestinian Non Governmental Organizations Network (PNGO) (133 member organizations)
- Pax Christi Flanders, Belgium
- RACDES, El Salvador
- Ramallah Centre for Human Rights Studies, PAlestine
- Sabir
- SALAM SHALOM Arbeitskreis Palأ¤stina-Israel e.V., Germany
- Società Civile per la Palestina (Civil Society for Palestine, Italy)
- SOC-SAT, Spanish State
- Solidarity with Palestine- Toronto, Canada
- Solidarity with Palestine- St. John’s, Canada
- South African BDS Coalition (14 members)
- South African Jews for a Free Palestine (SAJFP)
- Stop LAPD Spying Coalition, USA
- Sydney University Staff for Boycott, Australia
- The International Labour Network of Solidarity and Struggles (97 member unions and labour organizations)
- The Palestine Institute for Public Diplomacy (PIPD)
- Transnational Institute, International
- Transnational Migrant Platform-Europe
- Trocaire, Ireland
- UDAPT (Union of those Affected by Texaco-Chevron), Ecuador
- Union Syndicale Solidaires, France
https://www.alhaq.org/advocacy/18044.html
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Per quanto poco possa valere la mia adesione personale, io condivido con la mente ed il cuore.