di Chantal Meloni,
Il Fatto Quotidiano, 9 febbraio 2021.
Lo scorso venerdì 5 febbraio 2021 la Corte Penale Internazionale, con sede all’Aia, ha preso un’importante decisione in relazione alla situazione della Palestina, sotto “esame preliminare” da 5 anni.
I giudici della Camera preliminare I della CPI hanno deciso, a maggioranza, che la giurisdizione territoriale della Corte nella situazione in Palestina si estende ai territori occupati da Israele dal 1967, vale a dire la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
La Palestina, in altre parole, è stata riconosciuta essere uno Stato ai fini della Corte Penale Internazionale, che potrà ora finalmente aprire le indagini sui presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi sul territorio palestinese (si rinvia per ogni dettaglio alla pagina dedicata sul sito della CPI).
La decisione in questione era attesissima da oltre un anno, ossia da quando, il 20 dicembre 2019, la Procuratrice della CPI, Fatou Bensouda, aveva annunciato la conclusione dell’esame preliminare della situazione in Palestina. La Procura già in quell’occasione aveva stabilito che tutti i criteri previsti dallo Statuto di Roma – trattato istitutivo della CPI – per l’apertura di un’indagine erano stati rispettati.
Tuttavia, prima di procedere con le indagini, la Procuratrice chiedeva ai giudici di confermare l’ambito di competenza territoriale della Corte nella situazione in oggetto.
Occorre notare in proposito che Israele non ha mai ratificato il trattato istitutivo della Corte. Al contrario, a seguito della cosiddetta operazione “Protective Edge” del luglio 2014 contro la Striscia di Gaza, lo “Stato della Palestina” ha ratificato il trattato istitutivo della CPI nel gennaio 2015 (e ha contestualmente accettato retroattivamente la giurisdizione della Corte dal giugno 2014) ed è da allora annoverata tra gli Stati Parte della Corte, che al momento ammontano a 123 (per una panoramica si veda direttamente il sito dell’Assemblea degli Stati Parte).
Nel maggio 2018, la Palestina ha anche depositato un referral, chiedendo alla Procura della Corte di indagare i presunti crimini commessi in tutte le parti del territorio dello Stato della Palestina.
Com’è noto, tuttavia, la status giuridico della Palestina a livello internazionale è controverso e sebbene vi siano argomenti conclusivi per ritenere che la Palestina sia uno Stato a tutti gli effetti, esistono anche opinioni in senso contrario che negano la statualità della Palestina, in particolare in ragione del suo limitato controllo sul proprio territorio, in conseguenza dell’occupazione militare di Israele e delle relative dispute sui confini territoriali della stessa e dello Stato di Israele.
Un gran numero di Stati, organizzazioni e accademici hanno partecipato al procedimento presentando osservazioni su invito della Corte, oltre ovviamente ai rappresentanti legali delle vittime (migliaia, ma raggruppate i pochi gruppi).
Nella decisione di venerdì scorso, i giudici hanno ricordato che la CPI non è competente a determinare questioni di statualità che possano avere effetti generali per la comunità internazionale. La decisione, in altre parole, ha il solo scopo di definire la competenza territoriale della CPI e non pregiudica la questione di diritto internazionale sugli eventuali confini futuri dei due Stati.
La Corte ha anche riconosciuto che la questione solleva delicati problemi di ordine politico e che, tuttavia, “per la natura stessa dei crimini fondamentali previsti dallo Statuto di Roma [ossia, crimini di guerra, contro l’umanità, genocidio e aggressione], i fatti e le situazioni portate dinanzi alla Corte derivano da contesti controversi in cui le questioni politiche sono delicate e latenti. Di conseguenza, la magistratura non può ritirarsi quando si confronta con fatti che potrebbero derivare da situazioni politiche e/o controversie, ma che innescano anche questioni legali e giuridiche”.
Ciò premesso, la Corte ha ritenuto dirimente il fatto che la Palestina sia a tutti gli effetti uno Stato Parte della CPI. I giudici hanno quindi rilevato che, indipendentemente dal suo status ai sensi del diritto internazionale generale, l’adesione della Palestina allo Statuto di Roma è valida, avendo seguito la procedura corretta, passata dall’Assemblea degli Stati Parte della CPI.
La Palestina, tramite lo strumento di ratifica depositato nel 2015, ha accettato di sottoporsi ai termini dello Statuto di Roma e ha il diritto di essere trattata come qualsiasi altro Stato Parte per le questioni relative all’attuazione dello Statuto stesso.
I giudici hanno inoltre osservato che l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha riaffermato il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e all’indipendenza sul territorio palestinese occupato dal 1967. Su questa base, la maggioranza ha quindi stabilito che la giurisdizione territoriale della Corte nella situazione in Palestina si estende ai territori occupati da Israele dal 1967, ossia la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.
Spetta ora alla Procuratrice aprire formalmente le indagini sulla situazione in questione, avendo ricevuto conferma della sussistenza della giurisdizione territoriale della CPI sul territorio palestinese, come sopra identificato. Occorre, per inciso, ricordare che la Corte non ha competenza a giudicare sulle responsabilità degli Stati, bensì solo le responsabilità penali individuali e che le indagini si estenderanno ai presunti crimini commessi da cittadini sia israeliani sia palestinesi.
Oltre ai presunti crimini di guerra e contro l’umanità commessi a Gaza, in particolare durante l’operazione dell’estate 2014 ma anche nel corso delle manifestazioni cosiddette “Great March of Return”, le indagini si concentreranno sulle colonie in Cisgiordania, i settlements israeliani, che ai sensi dello Statuto della CPI possono integrare crimini di guerra.
Chantal Meloni, giurista, studiosa di diritto penale internazionale