L’Italia, repubblica nata dalla Resistenza, ha il dovere morale di riconoscere lo stato di Palestina, la cui identità è strettamente legata alla lotta contro l’occupazione sionista. Se lo facesse, mi divertirebbe assistere alle reazioni sbalordite e indignate dei vari Di Segni, Molinari, Mieli, Ferrara, Meotti, Fiano etc. Ma poi cosa cambierebbe? Niente, temo. L’occupazione è andata troppo oltre e non c’è più spazio per uno stato palestinese. L’ANP dovrebbe prenderne atto e quindi dichiarare morto lo stato-mai-nato, restituendo a Israele la completa amministrazione della Cisgiordania e dei suoi abitanti arabi. Questo metterebbe Israele di fronte alle sue responsabilità, lo obbligherebbe a decidere cosa fare dei palestinesi, senza più l’alibi di una amministrazione palestinese autonoma, che è la foglia di fico della realtà dell’apartheid. Ma neanche questo avverrà perché la dirigenza palestinese ha interesse a mantenere la finzione dello stato, con il potere (molto teorico) che ne consegue e i benefici economici (molto concreti) che ne ricava. Lo pensavo 13 anni fa, all’epoca del primo viaggio in Palestina, e ancor più oggi.
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L’Italia, repubblica nata dalla Resistenza, ha il dovere morale di riconoscere lo stato di Palestina, la cui identità è strettamente legata alla lotta contro l’occupazione sionista. Se lo facesse, mi divertirebbe assistere alle reazioni sbalordite e indignate dei vari Di Segni, Molinari, Mieli, Ferrara, Meotti, Fiano etc. Ma poi cosa cambierebbe? Niente, temo. L’occupazione è andata troppo oltre e non c’è più spazio per uno stato palestinese. L’ANP dovrebbe prenderne atto e quindi dichiarare morto lo stato-mai-nato, restituendo a Israele la completa amministrazione della Cisgiordania e dei suoi abitanti arabi. Questo metterebbe Israele di fronte alle sue responsabilità, lo obbligherebbe a decidere cosa fare dei palestinesi, senza più l’alibi di una amministrazione palestinese autonoma, che è la foglia di fico della realtà dell’apartheid. Ma neanche questo avverrà perché la dirigenza palestinese ha interesse a mantenere la finzione dello stato, con il potere (molto teorico) che ne consegue e i benefici economici (molto concreti) che ne ricava. Lo pensavo 13 anni fa, all’epoca del primo viaggio in Palestina, e ancor più oggi.