Attivisti, accademici e giornalisti chiedono che Corte Penale Internazionale (CPI) eserciti da subito la propria competenza giurisdizionale per perseguire i crimini di guerra.
Mondoweiss, 28 maggio 2020
Lo scorso dicembre il procuratore capo della Corte Penale Internazionale Fatou Bensouda, in seguito all’indagine preliminare sulla la situazione in Palestina da lei svolta, emetteva un pronunciamento con cui chiedeva ai giudici della CPI di esercitare la loro competenza giurisdizionale circa la questione palestinese e di confermare i risultati della sua analisi.
Secondo Bensouda, dalla sua indagine sono emerse prove evidenti, tali da far supporre che siano stati commessi crimini di guerra da parte di Israele nei confronti dei Palestinesi (e da parte di Hamas a Gaza).
Dopo aver esaminato le testimonianze sottoposte all’attenzione dei giudici, la conclusione a cui Bensouda è giunta è contenuta in un documento di sessanta pagine in cui afferma: “Questa procura, dopo aver esaminato attentamente le osservazioni dei partecipanti, conferma l’opinione che la Corte ha competenza giurisdizionale sui Territori Occupati Palestinesi”
Fra queste osservazioni c’erano le testimonianze relative ai rifugiati beduini Jahalin di Al Khan al Ahmar.
Jahalin Solidarity, l’organizzazione no-profit che io co-dirigo, lavora per prevenire le evacuazioni forzate dei Beduini. Questi crimini di guerra, incluse le demolizioni o la negazione di servizi essenziali al fine di rendere inospitale l’ambiente, nonché il regime di insediamento coloniale in area C, sono gravi violazioni della Quarta Convenzione di Ginevra, di cui Israele è un firmatario.
Questi sono i motivi per i quali abbiamo ritenuto necessario lanciare una campagna sui social media; la nostra petizione online chiede ai giudici della Corte Penale Internazionale di pronunciarsi rapidamente a favore del diritto internazionale e confermare il diritto della Corte a giudicare in materia di crimini di guerra e, in assenza di altri sistemi di protezione, di proteggere i Beduini vittime di evacuazione.
La nostra petizione ha già raccolto 4500 firme ed è introdotta da un breve video “A Girl’s Right” diretto da Guy Davidi, vincitore di un Emmy Award e di una nomination agli Oscar (per “Five Broken Cameras”). La colonna sonora “Thursday Afternoon” ci è stata donata da Brian Eno come era già accaduto per precedenti produzioni di Jahalin Solidarity. Per il video “Nowhere Left to Go” Roger Waters ci ha concesso l’uso della sua versione di “We Shall Overcome” e per “High Hopes” David Gilmour dei Pink Floyd e sua moglie Polly Samson ci hanno dato il permesso di usare il pezzo omonimo. La lista dei firmatari della petizione comprende i nomi di attivisti storici come Luisa Morgantini (già Vice Presidente del Parlamento Europeo), Simone Susskind, il prof. Avi Shlaim, il giornalista John Pilger, gli attori Noah Lepawsky e Miriam Margolyes, l’attivista pacifista israeliano dott. Udi Adiv, i musicisti Leon Rosselson e Dror Feiler, la designer Bella Freud, le artiste Jane Frere and Sarah Beddington, la filmmaker Lia Tarachansky e i docenti di diritto Iain Scobbie and Frank Romano. Fra le associazioni partner (riportati nel sito della petizione) figurano: Jewish Voice for Peace, Palestine Solidarity Campaign, The Israeli Committee Against House Demolitions-UK (ICAHD-UK), BRICUP (British Committee for the Universities of Palestine) e molti gruppi di sostegno appartenenti alla società civile europea.
In un momento in cui il progetto di annessione sembra anche a molti di noi Israeliani un salto suicida nel vuoto, una mossa in stile ‘sindrome di Sansone’ –causata da un attacco di panico del primo ministro Benjamin Netanyahu in vista del processo per corruzione a suo carico– per far crollare il Terzo Tempio, ossia Israele, sulle nostre teste, ci sembra che solo la Corte Penale Internazionale possa salvare la Palestina. E Israele. Perché se questo scenario si realizzerà, allora verrà ufficializzato l’apartheid e il sistema democratico di Israele (già ora discutibile per come si applica nei confronti dei cittadini appartenenti alle minoranze, com’è il caso dei Beduini) diventerà un sistema politico che discrimina fra i propri cittadini e gli altri che sono sotto il suo governo, come i 300.000 Palestinesi che abitano nell’area C.
Ci rivolgiamo agli amici della Palestina e di Israele perché appoggino la nostra iniziativa e firmino la petizione, in modo che anche la società civile –e non solo i politici americani e israeliani che regolarmente attaccano, politicizzano o minacciano la Corte dell’Aia e con essa la sua integrità e la sua indipendenza– faccia sentire la propria opinione circa il ruolo della Corte Penale Internazionale.
Traduzione di Nara Ronchetti – AssopacePalestina