Un comunicato della Banca Mondiale:
A Gaza la mancanza di liquidità e un’economia al collasso mettono a rischio i bisogni primari dei Palestinesi.
Gerusalemme, 25 settembre 2018. Secondo un nuovo rapporto della Banca Mondiale, a Gaza l’economia è al collasso per il blocco decennale e per un recente prosciugamento della liquidità, mentre il flusso di aiuti non è più sufficiente a stimolare la crescita. Questo sta creando una situazione allarmante, poiché una persona su due vive in povertà e il tasso di disoccupazione è oltre il 70% per una popolazione composta nella stragrande maggioranza da giovani.
L’ultimo rapporto della Banca Mondiale al “Comitato di Coordinamento Ad Hoc” (un forum a livello politico di donatori, finalizzato allo sviluppo e all’assistenza del popolo palestinese) verrà presentato nella riunione semestrale del 27 settembre 2018 che si terrà a New York. Il rapporto illustra i problemi cruciali che l’economia palestinese deve affrontare e individua le necessità che si profilano nel futuro.
Una miscela di guerra, isolamento e divisioni interne ha lasciato Gaza in una situazione economica di paralisi ed ha esacerbato le sofferenze della popolazione. Una situazione in cui la gente fa fatica a sbarcare il lunario, soffre perché è sempre più povera, perché cresce la disoccupazione, perché sono sempre più deteriorati i servizi pubblici come la sanità, l’acqua, e gli impianti igienici: per tutto questo la gente reclama soluzioni urgenti, reali e sostenibili, come ha detto Marina Wes, direttore regionale della Banca Mondiale per la Cisgiordania e Gaza.
L’economia di Gaza è in caduta libera, registrando una contrazione del 6% nel primo trimestre del 2018, con indicazioni di ulteriore decrescita nel periodo successivo. Mentre il blocco ormai decennale è il problema di fondo, un complesso di altri fattori ha più recentemente inciso sulla situazione a Gaza, tra cui la decisione dell’Autorità Palestinese di ridurre di 30 milioni di dollari i pagamenti mensili verso la Striscia, il ridimensionamento del programma di aiuti per 50-60 milioni di dollari all’anno da parte del governo americano e i tagli al programma dell’agenzia ONU per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinese (UNRWA). Mentre la situazione della Cisgiordania non è al momento altrettanto tragica, la precedente crescita trainata dai consumi sta vacillando e si prevede che l’economia rallenti sostanzialmente nel prossimo futuro.
Il deterioramento economico sia a Gaza che in Cisgiordania non può più essere compensato dagli aiuti internazionali, che sono in continua discesa, né dal settore privato che rimane limitato dalle restrizioni imposte alla mobilità, all’accesso alle materie prime e al commercio. Inoltre, il peggioramento della situazione fiscale lascia all’Autorità Palestinese ben pochi spazi per fornire aiuto. Mentre le donazioni internazionali diminuiscono e il deficit annuale è salito a 1,24 miliardi di dollari, si prevede una mancanza di finanziamenti pari a 600 milioni di dollari. In questo quadro, un forte rischio di peggioramento è rappresentato dalla recente decisione israeliana di trattenere le entrate fiscali (tasse e IVA che Israele raccoglie per conto dell’Autorità Palestinese), stimate intorno ai 350 milioni di dollari all’anno.
“La situazione economica e sociale a Gaza è andata peggiorando da più di un decennio, ma negli ultimi mesi il deterioramento è stato esponenziale ed ha raggiunto un punto critico. L’accresciuta frustrazione alimenta sempre più acute tensioni che hanno già cominciato a manifestarsi sotto forma di disordini e che ritardano lo sviluppo umano della numerosa popolazione giovanile nella regione,” ha aggiunto Marina Wes.
Il rapporto della Banca Mondiale sottolinea la necessità di un approccio equilibrato alla situazione di Gaza, che combini una risposta immediata alla crisi con provvedimenti tesi a creare le condizioni per uno sviluppo sostenibile. Tra le risposte immediate bisogna garantire la continuità dei servizi essenziali come l’energia elettrica, l’acqua, l’istruzione e la salute. Questi servizi basilari sono cruciali sia per la sopravvivenza delle persone che per il funzionamento dell’economia. Un altro bisogno urgente consiste nell’aumento del potere d’acquisto delle famiglie, per permettere un ritorno all’attività economica di base; bisogna inoltre incentivare i mezzi di sussistenza tradizionali, estendendo il permesso di pesca oltre il troppo stretto limite di tre miglia, fino alle 20 miglia che erano state convenute negli anni ‘90.
Oltre a una risposta immediata alla crisi, il governo israeliano potrebbe contribuire a creare un contesto favorevole allo sviluppo economico se eliminasse le restrizioni al commercio e permettesse quella mobilità di beni e persone senza la quale la situazione economica di Gaza non migliorerà mai. L’Amministrazione Palestinese dovrebbe dar vita a provvedimenti e progetti necessari per uno sviluppo economico sostenibile, tra i quali uno stimolo allo sviluppo di servizi digitali, che potrebbero avere un ruolo di primo piano nel medio termine. Ugualmente indispensabile per una durevole ripresa economica è la presenza di istituzioni legittimate a governare Gaza in modo trasparente ed efficiente, così come riforme tese a creare un ambiente favorevole alle imprese.
“Il capitale umano palestinese,” ha aggiunto Marina Wes, “grazie alla sua composizione di giovani con istruzione relativamente alta, potrebbe essere una riserva di immenso potenziale. Un nuovo sforzo per creare occupazione potrebbe dare grandissimi frutti in termini di sviluppo economico. Adesso bisogna che tutte le parti in causa uniscano le loro forze per creare le condizioni capaci di generare opportunità per tutti questi giovani.”
Contatti:
Cisgiordania e Gaza: Mary Koussa, (972) 2-2366500, mkoussa@worldbank.org
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Traduzione di Donato Cioli