L’Europa non deve comprare quello che Israele spaccia per combattere il terrore.

Israele è stato capace di trasformare 50 anni di resistenza palestinese all’occupazione in un’attività produttiva, e ora sta proponendo al mondo il modello di uno Stato di Polizia.

Jeff Halper

Haaretz, 20 agosto 2017

Un poliziotto fa la guardia davanti alla basilica della Sagrada Familia dopo l’attacco terroristico del 20 agosto 2017 a Barcellona.

Ogni volta che c’è un attentato terroristico, come quello della settimana scorsa a Barcellona, i politici israeliani e gli “esperti” di sicurezza appaiono in televisione per criticare l’ingenuità dei paesi europei: “Se solo capissero il terrorismo, come noi sappiamo fare, e prendessero le giuste misure preventive,” dicono, “subirebbero meno attacchi.” Le più tristemente note, sotto questo punto di vista, furono le provocazioni fatte dal ministro dei servizi segreti israeliani, Yisrael Katz, dopo l’esplosione della bomba a Bruxelles nel marzo 2016, evento che segnò la morte di 34 persone.

Invece di esprimere le condoglianze del Governo israeliano, il ministro ammonì il popolo belga nella maniera più paternalistica possibile, affermando: “Se i belgi continuano a mangiare cioccolata, a godersi la vita e a compiacersi di essere grandi democratici e liberali, senza tener conto del fatto che alcuni fra i musulmani che vivono lì stanno organizzando attacchi terroristici, non saranno mai in grado di combatterli”.

A tali provocazioni, i belgi reagirono con sdegno, e ribadirono la posizione dalla maggior parte dei governi europei: “Mentre continuiamo ad essere vigilanti e a prendere le precauzioni necessarie, non abbandoneremo le nostre libertà e la nostra apertura politica per diventare una copia di Israele”. Hanno infatti capito che il governo Netanyahu sta spacciando qualcosa di ben più insidioso delle semplici precauzioni, più insidioso delle armi, dei sistemi di sorveglianza e sicurezza e dei modelli di controllo della popolazione che sono il pane quotidiano delle esportazioni israeliane. Ciò verso cui Israele vuole spingere gli europei – ma anche gli americani, canadesi, indiani, messicani, australiani e chiunque altro voglia starlo a sentire – non è niente di meno che un intero e nuovo concetto di stato: lo Stato di Sicurezza.

Cos’è uno Stato di Sicurezza? Sostanzialmente è uno stato che pone la sicurezza al di sopra di tutto e senza dubbio anche al di sopra della stessa democrazia, delle procedure di legge e dei diritti umani, tutte cose che Israele considera come dei “lussi liberali” in un mondo inondato dal terrorismo. Israele presenta se stesso niente di meno che un modello per i paesi del domani. Voi, europei e altri, non dovreste criticarci, dicono Katz e Netanyahu, ma dovreste imitarci. Guardate infatti ciò che siamo stati capaci di fare: abbiamo creato una democrazia efficiente dal Mediterraneo al fiume Giordano, una democrazia che offre ai suoi cittadini una florida economia insieme alla sicurezza personale, anche se metà della popolazione è costituita da terroristi (ossia palestinesi non cittadini che vivono in enclave isolate del paese). Se siamo stati capaci di ottenere tutto questo, immaginate cosa potremmo offrire a tutti quelli di voi che si sentono minacciati dagli attacchi terroristici.

Con un’intelligente manipolazione nella percezione dei fatti, Israele è stato capace di trasformare 50 anni di resistenza palestinese all’occupazione in un’attività produttiva. Etichettandola come “terrorismo”, non solo ha delegittimato la lotta palestinese, ma ha trasformato i territori occupati in un laboratorio di contro-resistenza e controllo della popolazione, all’avanguardia nelle guerre e nella repressione domestica. Ha trasformato le tattiche di controllo e i relativi sistemi di sorveglianza in prodotti commerciabili. Ecco perché, come Netanyahu ci ricorda continuamente, “il mondo” ama Israele. Dalla Cina all’Arabia Saudita, dall’India al Messico, dall’Eritrea al Kazakistan, Israele fornisce i mezzi grazie ai quali i regimi repressivi controllano i loro popoli irrequieti.

La vastità dell’industria militare di Israele è ben documentata. Si estende a più di 130 paesi e ha consentito una vendita pari a 6,5 miliardi di dollari nel 2016. Meno conosciute ma molto più corrosive per i diritti civili sono le esportazioni di sicurezza israeliane. Tre esempi:

  1. Israele sfrutta le agenzie di sicurezza straniere e le forze di polizia per far pressione affinché vengano messi in atto nei loro paesi provvedimenti tipici di uno Stato di Sicurezza. Schernisce la riluttanza delle democrazie occidentali ad impiegare sistemi di schedatura etnica e razziale, come fanno i servizi di sicurezza e la polizia israeliana all’Aeroporto Internazionale Ben-Gurion e nel resto del paese. In contesti specifici come gli aeroporti, questo tipo di identificazione può essere certo efficiente – Ben Gurion è infatti uno dei più sicuri aeroporti al mondo – ma avviene al costo di umiliazioni e ritardi per tutti coloro che ne sono oggetto. Quando questa pratica viene estesa a tutta la società, comunque, perde la sua efficacia e quasi invariabilmente diventa un metodo legalizzato di intimidazione contro qualunque popolazione il governo cerchi di controllare.
  2. La Polizia Nazionale Israeliana attua dozzine di programmi di addestramento e conferenze con le forze di polizia di tutto il mondo, ponendo l’enfasi non sulle consuete tattiche di polizia quanto piuttosto sulla “controresistenza interna” e sulla pacificazione delle popolazioni problematiche. Il Georgia International Law Enforcement Exchange Center degli USA afferma infatti che 24 mila poliziotti americani sono stati addestrati dai loro omologhi israeliani. A differenza di altri paesi occidentali che distinguono nettamente tra i militari che conducono operazioni all’estero e le altre forze di sicurezza interna e di polizia, che sono incaricate di garantire la sicurezza ma anche i diritti civili dei cittadini, Israele non ha questi vincoli interni. L’esercito israeliano (IDF) e la polizia sono una unità interconnessa, con forze paramilitari – Shin Beit, Border Police, Homefront Command, Yasam e altre – che fungono da ulteriore collegamento. Così in Israele la distinzione tra la figura di cittadino con diritti civili e quella di straniero “sospetto” e da prender di mira si perde, e questa è una distinzione che la polizia israeliana cerca di cancellare anche quando addestra polizie estere.
  3. Israele è un leader mondiale nel garantire sicurezza nelle città, in mega-eventi e in zone “ingovernabili”. C’è un collegamento diretto tra le sue pratiche di blocco di quartieri palestinesi, villaggi e campi profughi e la commercializzazione di tali tattiche alle polizie locali per creare “zone di sicurezza” e “difese perimetrali” ripulite attorno a nuclei finanziari, distretti governativi, ambasciate, sedi in cui il G-8 e la NATO tengono le loro riunioni di vertice, piattaforme petrolifere e depositi di carburante, centri conferenze in ambienti “insicuri” del Terzo Mondo, destinazioni turistiche, centri commerciali, porti e aeroporti, luoghi in cui si svolgono mega-eventi, case e percorsi dei ricchi. Israele è così coinvolto nella questione del muro di confine voluto da Trump che l’hanno soprannominato “il confine Palestina-Messico”.

In questo caso, l’azienda israeliana Magna BSP, che fornisce i sistemi di sorveglianza che circondano Gaza, ha collaborato con aziende statunitensi per entrare nel lucrativo mercato della “sicurezza dei confini”. I tecnici di NICE Systems sono laureati dell’ unità di sorveglianza 8200 della Difesa israeliana. Privacy International ha fatto un’indagine su come i governi autocratici del Tajikistan, Kyrgyzstan, Turkmenistan, Uzbekistan e Kazakhistan riescano a monitorare gli attivisti per i diritti umani, i giornalisti e altri cittadini dentro e fuori i loro paesi, rivelando i dettagli più intimi della loro vita privata. I “pezzi grossi,” conclude Human Rights Watch, “sono le multinazionali con uffici in Israele: NICE Systems e Verint”.

In definitiva, lo Stato di Sicurezza spacciato da Netanyahu e Katz non è altro che una forma di stato di polizia in cui il popolo viene facilmente manipolato da un’ossessione per la sicurezza. Il modello israeliano è particolarmente odioso perché funziona, come testimonia la pacificazione dei palestinesi. E questo appare come un potente elemento promozionale. Il problema è che tutto ciò ha trasformato il popolo di un paese in palestinesi senza diritti. Si potrebbe pensare che lo Stato di sicurezza possa andar d’accordo con la democrazia: dopotutto, Israele si autodefinisce come “l’unica democrazia nel Medio Oriente”. Ma solo pochi privilegiati nel mondo godranno delle democratiche protezioni dello Stato di Sicurezza, come fanno gli Ebrei di Israele. Le masse, coloro che resistono alla repressione e all’esclusione dal sistema capitalistico, coloro che lottano per una democrazia genuina, sono condannati ad essere i Palestinesi del mondo. L’israelizzazione di governi, forze militari e di sicurezza significa la palestinizzazione della maggior parte di noi altri.

Jeff Halper

Jeff Halper è un antropologo israeliano, capo del Comitato Israeliano Contro la Demolizione delle Case (ICAHD) e autore di Guerra contro le persone: Israele, i palestinesi e la pacificazione globale (Londra, Pluto Books, 2015).

http://bit.ly/2wiOHdv

Traduzione di Claudio Trapani e Giada Stella

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