Luisa Morgantini risponde a un articolo di Fabio Nicolucci sull’attentato di Gerusalemme.

L’IMMOBILISMO DEL GOVERNO È LA MICCIA DEI PALESTINESI.

di Fabio Nicolucci, Il Mattino, lunedì 9 gennaio 2017

Dopo alcuni mesi di calma apparente, si riaccende in Israele il terrore della terza intifada. Ma il pesante camion che è piombato sopra una folla di giovani israeliani in gita al belvedere di Harmon Hanatziv a Gerusalemme ovest, uccidendone quattro e ferendone molti altri, non ha solo strappato alla vita quattro ragazzi. E’ anche un altro inquietante segno dei pericoli che Israele corre, prodotti sia dall’odio che lo bersaglia in quanto stato ebraico e democratico, sia dal fallimento sempre più evidente della velleitaria politica di Netanyahu di puntare sullo status quo. Che si rivela invece così insostenibile da portare ad un crescente e sempre più pericoloso isolazionismo. Una politica velleitaria perché fondata più su quelle che Gramsci definiva delle “prediche” piuttosto che su un’analisi della “realtà effettuale”, come suggeriva il Machiavelli al Principe. Improbabile appare del resto l’ipotesi che l’Isis si sia incuneato tra i palestinesi in quanto organizzazione, visto anche che quel ruolo è già presidiato da organizzazioni del terrore quali Hamas e Jihad islamica.

La situazione sempre più pericolosa nella quale si trova Israele, l’unica democrazia di un medioriente in fiamme, richiede quindi un’urgenza di iniziativa e di politica, basata su realismo politico. Ciò è vero sia sul piano interno, sia sul piano esterno, del resto sempre più interdipendenti. Sul piano interno, attualmente assistiamo alla terza intifada contro Israele, iniziata nell’ottobre del 2015 e del tutto opposta a quella del 1987, di cui conserva oramai solo il nome. Mentre infatti nel 1987 il suo contenuto era un progetto nazionale, dopo il suo scippo al popolo palestinese avvenuto con la militarizzazione nel 2001 della seconda, questa terza è il disperato segno anarcoide di una generazione di giovani palestinesi, alcuni solitari ed alcuni organizzati da organizzazioni terroristiche come Hamas, il cui solo effetto è quello di bruciare il proprio futuro e quello delle sue vittime.

Dall’ottobre 2015 sono così morti da una parte 37 israeliani e 2 americani, e dall’altra 231 palestinesi, di cui ben 157 erano terroristi. Come ha infatti più volte segnalato con preoccupazione lo Shin Bet (il servizio di sicurezza interno di Israele) al premier Netanyahu, la terza intifada è pericolosa perché basata sulla percezione di non avere un futuro da parte del popolo palestinese. E per questo suggeriva al premier di non ritenere sostenibile nel medio e soprattutto lungo termine l’attuale status quo nei rapporti tra Israele e palestinesi, perché l’assenza di una credibile prospettiva politica verso uno Stato palestinese è musica per i terroristi e un requiem per i riformisti.

Oltre che un virus amorale che può penetrare nelle gloriose istituzioni dello Stato israeliano, anche se esse fino ad ora – come dimostra la condanna per conto di un tribunale dell’esercito del sergente medico Elor Azaria per aver ucciso a bruciapelo un terrorista palestinese oramai inerme a terra – hanno provato di poter dare dei punti sulla condotta etica al resto del mondo civilizzato.

Negare questa evidenza, ed indulgere nello status quo di niente negoziati ma continuata politica di insediamenti in quei territori che dovrebbero costituire il futuro Stato palestinese, è sempre più insostenibile. Anche perché amplifica sul piano esterno una rischiosa politica di “insularizzazione” di Israele rispetto all’incendio mediorientale. La frontiera nord con la Siria è infatti fronte di guerra. Per il momento essa non si dirige verso Israele. Ma può sempre produrre cortocircuiti pericolosi. E comunque è un incendio – con il suo corredo di milioni di profughi in fuga – che è una preoccupazione per il resto dell’Occidente. Sono queste probabilmente le motivazioni più profonde alla base dell’inedito voto di astensione degli Usa, che ha fatto passare la risoluzione di condanna degli insediamenti in Cisgiordania al consiglio di sicurezza dell’Onu, e perfino della altrettanto propagandistica “iniziativa di pace” della Francia. La quale, dopo aver tentato di indire una conferenza dei ministri degli esteri per far riprendere i negoziati diretti tra Israele e i palestinesi per la fine dell’anno, l’ha rinviata al prossimo 15 gennaio.

Come si vede, se Israele è invitato a muoversi, per la sua e altrui sicurezza, mancano le idee non tanto sul dove quanto sul come. Perché la situazione mediorientale, e non solo il conflitto israelo-palestinese, è del tutto nuova. E non solo per la presenza di uno Stato islamico. Non è infatti solo Netanyahu ad essere a corto di realismo nel leggere la realtà. Ma anche l’occidente, di cui Israele del resto è cardine. Ed ecco allora uno spazio per l’Italia, se fosse capace di nuove proposte. Per esempio il riconoscimento che Gerusalemme è la capitale d’Israele. Perché ciò non impedisce – come a Roma – di poterlo essere di due Stati. Ma al tempo stesso indicando sia al nuovo Presidente Usa Trump sia al premier israeliano come l’accordo sul nucleare con l’Iran sia necessaria precondizione per poter estinguere l’incendio che sta divampando in medioriente. Non vi può essere infatti lotta all’Isis senza l’Iran, anche senza ipotizzare un improbabile tracimare della sua ideologia di morte nelle sinora ben difese plaghe della terra d’Israele.

Fabio Nicolucci

 

La risposta di Luisa Morgantini

Caro Fabio, ritengo gli attentati di “lupi solitari” palestinesi (come li ha chiamati anche ieri sera alla Cnn il capo della polizia israeliana, naturalmente prima della dichiarazione di Netanyahu che paventava l’Isis) siano veramente negativi non solo perché uccidono persone, ma perché recano un danno profondo alla causa palestinese e al diritto del popolo palestinese alla libertà.

Detto questo, e si vede chiaramente nel video, gli Israeliani contro i quali si è lanciato il camion, erano tutti soldati e non solo giovani ragazzi (visto che giovani lo sono davvero).

Soldati che pur essendo giovani vengono mandati a reprimere, uccidere, demolire case, entrare di notte nelle case e terrorizzare i bambini e le famiglie.
Se provi sui vari network o su Youtube, ti basta poco per documentarti.

Vedo che sei anche impreciso: il soldato Elor Azaria che ha ucciso volontariamente un Palestinese già a terra ferito e sanguinante e che usava frasi pazzesche mentre sparava (documentato dal video di Imad di Betselem (oggi minacciato da coloni fanatici che telefonano e scrivono dicendo che farà la fine della famiglia Dawabshe, famiglia a cui i coloni hanno incendiato la casa uccidendo tre membri della famiglia, tra cui un bambino di 18 mesi), non è stato ancora  condannato ma solo accusato.

Avrai certamente visto le folle imbestialite minacciare i giudici dicendo che gli faranno fare la fine di Rabin, o la corsa dei ministri israeliani, compreso il primo ministro, che chiedevano la grazia (dal coro si è dissociato il Ministro Lieberman, colono, che ha detto che bisogna seguire le regole).

Se l’Italia fosse capace di nuove proposte non dovrebbe riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato d’Israele (intendi tutta Gerusalemme o solo Gerusalemme Ovest?), come chiedi tu, ma riconoscere immediatamente lo Stato di Palestina e tentare di rendere effettiva la risoluzione 2334 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e fermare la politica israeliana  che può portare solo pene a tutti, soprattutto ai Palestinesi che si vedono ogni giorno togliere acqua e terra.

Per me ogni morte ci diminuisce, e non voglio fare i conti dei morti, ma dei 231 Palestinesi uccisi la stragrandissima  maggioranza non aveva neppure tentato di usare il coltello.
Ad ogni modo considero disumana e illegale la scelta di Israele di demolire la casa dove abitano i Palestinesi che hanno tentato  di compiere attentati.
Le famiglie non sono responsabili. Inoltre le case demolite sono abitate da famiglie estese.
Nel caso dell’assassino del camion, il governo israeliano ha fatto arrestare gli 8 membri della famiglia e ordinato l’immediata demolizione della casa.

Insomma “l’unica democrazia del Medio Oriente”, usa sistemi tribali, mette in carcere bambini di 12 anni che hanno tirato un sasso contro la jeep dei soldati (e i nostri scugnizzi napoletani?), tiene in carcere per anni persone senza processo, espelle dalle loro terre migliaia di contadini, sradica alberi di ulivo etc. etc..

Se vuoi salvare Israele devi metterti dalla parte di intellettuali, giornalisti e giovani israeliani che con coraggio dicono che l’occupazione militare e la colonizzazione della Palestina devono cessare.

In fondo lo stato d’Israele, al quale l’ Onu aveva dato il 54% di quella terra, con la guerra del ‘48 ha conquistato il 78%, ai Palestinesi è rimasto il 22% e su quel 22% nel piano israeliano dichiarato apertamente da Ayelet Shaked, ministro della Giustizia, ai Palestinesi dovrebbe rimanerne circa il 40% e cioè solo villaggi e città, perché la terra fertile con le falde acquifere verrebbe annessa a Israele.
Forse dovresti farti un giro da queste parti e parlare con qualche colono e vedere cosa succede qui (sono in Palestina e Israele, oggi a Gerusalemme).

Luisa Morgantini

www.assopacepalestina.org

 

Luisa è ancora in Palestina e torna giovedì 12.

La sera stessa del 12, su TV2000 (canale 28 a Roma), farà un’intervista di 58 minuti che sarà trasmessa alle ore 23:00

 

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