Non ci può essere coesistenza tra disuguali.

Mag 23, 2019 | Riflessioni

di Issa Amro

Forward, 17 maggio 2019

Questa settimana, l’inviato degli Stati Uniti in Medio Oriente Jason Greenblatt ha fatto un tweet su un Iftar del Ramadan –la cena serale con cui i Musulmani terminano il loro digiuno quotidiano per il Ramadan. Questo Iftar si è svolto a Hebron e i coloni israeliani ne sono stati gli ospiti d’onore.

“Una base per la pace, un meraviglioso esempio di ciò che potrebbe essere possibile,” ha scritto Greenblatt, condividendo un tweet originale di Uri Karzen, vicedirettore generale per gli insediamenti illegali a Hebron.

Si potrebbe anche pensare che i due avessero ragione. Dopo tutto, chi non ama vedere Ebrei e Musulmani condividere il pane nella terra che entrambi abitiamo? Io stesso, un Palestinese che ha vissuto tutta la sua vita sotto l’occupazione israeliana nella città di Hebron, sarei ben felice di sperimentare un Iftar con i miei amici –molti dei quali sono Ebrei– che celebrasse l’uguaglianza, la giustizia e la libertà.

Ma il raduno promosso da Greenblatt è ben lungi dall’essere un fondamento per la pace. Anzi, il contrario: mina qualsiasi speranza di pace e prosperità.

L’Iftar palestinese che Greenblatt ha pubblicizzato come un modello per la convivenza, è stato ospitato da Asharaf Jaabari, uno dei Palestinesi meno rispettati nella comunità di Hebron. Fin dal 2002, Jaabari è stato accusato da decine di persone di rubare denaro, e ci sono almeno sei ordini di arresto nei suoi confronti. I suoi fratelli lo hanno rinnegato e la maggior parte della sua famiglia lo evita. Eppure ecco che lui e altri ospitano un Iftar Kosher con i coloni della comunità di Hebron, che sono considerati tra i più fanatici e violenti dell’intero movimento dei coloni –sono descritti così persino da altri coloni.

La coesistenza –il fondamento per la pace, come l’ha chiamata Greenblatt– non consiste nel prendere la gente rinnegata dalla società israeliana e da quella palestinese e vantarsi che essi hanno trovato un terreno comune. E non consiste nel fatto che dei Palestinesi che hanno rubato ai Palestinesi spezzino il pane con i coloni che hanno rubato case e terra ai Palestinesi.

Questo Iftar aveva a che fare con la coesistenza quanto il piano di pace di Greenblatt, Kushner e Trump ha a che fare con la pace.

Più o meno tra un mese, hanno affermato Greenblatt e altri, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump prevede di rilasciare il suo “Piano di Pace”. Ma sappiamo già che il piano non avrà nulla a che fare con la pace. Da quello che sappiamo del piano –cioè molto poco– esso coinvolge Sauditi ed Egiziani che offrono sviluppo economico in cambio delle nostre speranze e dei nostri sogni di vivere in libertà e uguaglianza.

Una cosa è riconoscere che si tratta di uno scambio e che Trump sta cercando di tacitare l’anelito dei Palestinesi per la libertà, la giustizia e l’autodeterminazione. Ma è tutt’altra cosa fingere che questa “bustarella” sia giustizia.

Eppure, questo è ciò che sta facendo il team di Trump. Ed è ironico, dato che sono proprio le politiche di Israele –aiutate dal sostegno economico e diplomatico degli Stati Uniti– ad aver limitato e compromesso l’economia palestinese in modo tale da non poter realizzare le infrastrutture necessarie per una crescita economica sostenuta. Dall’occupazione israeliana in poi, l’economia della Palestina ha subito un processo di de-sviluppo; mentre l’economia degli insediamenti sale alle stelle, noi di Hebron non possiamo nemmeno gestire un semplice mercato ortofrutticolo sulla strada principale della nostra città. Gli agricoltori palestinesi sono costretti a lasciare le loro terre per diventare lavoratori non qualificati o semi-qualificati per gli insediamenti e per l’economia di Israele.

Quello che il piano di pace degli Stati Uniti farà sicuramente, sarà creare un’ulteriore divisione nella società palestinese: una piccola percentuale di Palestinesi facoltosi che barattano la loro libertà e la libertà del loro popolo per un paio di piscine e permessi mensili per visitare il mare a Tel Aviv.

Questo spiega il tweet di Greenblatt. Trump, suo genero Jared Kushner e Greenblatt stanno cercando qualche Palestinese disposto ad accettare il loro piano di pace, privo, com’è, di diritti umani. Incapaci di venderlo a decenti e normali Palestinesi –come sono coloro che passano le loro giornate preoccupandosi per i loro figli che saranno arrestati, picchiati e imprigionati dai militari– loro invece stanno lavorando per vendere tutto ciò a dei ladri.

La verità è che non è possibile per un popolo oppresso vivere in coesistenza con i suoi oppressori. La coesistenza non è un prigioniero che augura una buona notte al suo carceriere, uno schiavo che invita il suo padrone per il tè, o anche un uomo bianco che si siede cortesemente sul retro dell’autobus con il suo vicino afroamericano durante la segregazione razziale. Nessun falso piano di pace economica sarà sufficiente per la giustizia, così come nessun aiuto umanitario può darci dignità, eguaglianza e libertà.

L’unica risposta è che quelli dotati del privilegio, usino il loro privilegio per stare accanto a quelli che sono oppressi. Questo è ciò che accadde quando rabbini e ministri si unirono alla marcia di Martin Luther King da Selma a Montgomery.

È una vera solidarietà come quella, non un Iftar kosher con i coloni, che porterà la pace.

Sono profondamente orgoglioso di poter dire che lavoro a stretto contatto ed ho profonde amicizie con molti Ebrei americani. Le nostre amicizie sono basate sul rispetto reciproco e sull’obiettivo comune di poter costruire un futuro in cui il nostro popolo abbia rispetto e pieni diritti. Lavoriamo insieme, co-resistendo all’occupazione in una intesa che riconosce i diritti e i privilegi che essi hanno e che a me sono negati. Facciamo questa co-resistenza in modo che un giorno potremo effettivamente coesistere insieme.

Mi sto avvicinando alla fine di un lungo processo in un tribunale militare, dove l’esercito israeliano ha portato 18 accuse contro di me, per cose che in una società libera non sarebbero mai state considerate un crimine. Le accuse contro di me riguardano la protesta senza permesso, la critica dell’occupazione e l’organizzazione pacifica per porre le basi dei diritti umani del mio popolo. Per tutto questo, mi aspetto di scontare una pena detentiva di circa due anni. Sopporterò con orgoglio questo periodo e aspetterò di tornare alla mia comunità e al mio lavoro, anche se ciò significa che andrò incontro a un altro periodo di prigionia.

Attendo con ansia, dopo che avrò trascorso la mia prigionia, di condividere con la mia gente Ramadan Iftars e Passover Seders. Nel frattempo, non permettiamo l’ipocrisia di un Iftar ospitato da ladri palestinesi e presenziato da coloni ladri.

Issa Amro è un difensore dei diritti umani che vive a Hebron.

https://forward.com/opinion/424522/theres-no-such-thing-as-coexistence-between-unequals/

Traduzione di Simonetta Madussi

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