Mondoweiss, 14 aprile 2025.
L’attacco a Jinba rivela le profonde disuguaglianze nel modo in cui i palestinesi sono trattati dal mondo. La nostra sofferenza viene minimizzata e le nostre storie vengono cancellate a meno che non ci sia di mezzo un Oscar.

Nel ciclo continuo di violenze che avvengono sotto l’occupazione, anche il piccolo villaggio di Jinba, nella mia comunità di Masafer Yatta, ha sopportato il peso delle aggressioni di militari e di coloni israeliani. Mentre l’attenzione globale si sposta spesso su incidenti di alto profilo, come gli attacchi contro persone note, la tragedia di Jinba è passata largamente inosservata da gran parte della comunità internazionale.
Jinba è un villaggio remoto situato nel sud della Cisgiordania. Come molte comunità palestinesi che sopravvivono alla violenza degli occupanti, i residenti di Jinba hanno vissuto anni di espropriazione, perpetrata sia dai coloni che dall’esercito israeliano. Il villaggio, come molti altri a Masafer Yatta, nelle Colline a Sud di Hebron, è situato in un’area in cui gli insediamenti illegali israeliani si stanno espandendo, e questo sviluppo è spesso accompagnato da attacchi brutali contro i civili palestinesi.
Masafer Yatta comprende una serie di comunità di pastori palestinesi che risiedono in diversi piccoli villaggi. I residenti dell’area affrontano minacce di espulsione e di demolizione delle loro case dal 1981, quando le aree in cui vivono sono state designate come “zona di tiro” per l’esercito israeliano. Questa zona di tiro comprende 12 villaggi palestinesi. Jinba è uno di questi.
Lo stesso giorno dell’aggressione ad Hamdan Ballal, il co-regista del film premio Oscar No Other Land, che ha suscitato grande attenzione da parte dei media, anche Jinba ha subito una violenta incursione da parte dei coloni israeliani. Armati e sostenuti dalle forze militari israeliane, i coloni hanno attaccato i pastori palestinesi, irrompendo nelle case e picchiando duramente bambini e adulti. Un anziano e un bambino hanno richiesto un intervento chirurgico per le ferite alla testa riportate a causa del brutale pestaggio. Entrambi sono stati ricoverati in ospedale per circa una settimana, sottoposti a interventi chirurgici per riparare le fratture del cranio e fermare l’emorragia cerebrale.
La risposta a queste violenze è stata rapida, ma non nel modo in cui molti si sarebbero aspettati: 22 palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane, ma non un solo colono israeliano è stato arrestato. Nel giro di 24 ore, 13 dei palestinesi arrestati sono stati rilasciati senza alcuna accusa, mentre gli altri sette sono stati tenuti in carcere per quattro giorni. Al loro rilascio, sono stati condannati a pagare una multa di 5.000 shekel israeliani ciascuno, circa 1.330 dollari. L’assurdità delle accuse e delle multe, dato che non c’era alcun motivo per gli arresti, evidenzia il trattamento discriminatorio inflitto ai palestinesi dall’occupazione israeliana. Il solo fatto di esistere e di essere bersaglio di violenza è sufficiente a giustificare l’arresto e le pesanti multe.
Ma la violenza non si è fermata lì. Nella notte successiva all’attacco, i soldati israeliani, sostenuti dai coloni, sono tornati nel villaggio di Jinba. Questa volta hanno distrutto la scuola locale, danneggiando mobili, finestre e pannelli solari che fornivano elettricità alla scuola. Soprattutto, hanno distrutto le telecamere che avevano ripreso le prove dell’attacco dei coloni del giorno precedente. La distruzione di queste prove rientra nel più ampio schema di sforzi per cancellare le prove della violenza dei coloni e impedire qualsiasi forma di responsabilità per i colpevoli.
I continui attacchi a Jinba, e a molti altri villaggi simili, sottolineano la dura realtà della vita dei palestinesi. Questi attacchi non riguardano semplicemente la violenza immediata inflitta agli individui, ma fanno parte di una strategia a lungo termine volta a cancellare la presenza palestinese dalla terra. Il governo israeliano persegue da tempo una politica di espropriazione e sfollamento, costringendo i palestinesi a lasciare la loro terra e a trasferirsi nei campi profughi, per poi distruggere anche questi ultimi. Questo ciclo di violenza e sfollamento ha lo scopo di far posto ad altri insediamenti illegali per i colonizzatori israeliani.
Tuttavia, nonostante la crescente portata di questa violenza, la risposta internazionale rimane debole e insufficiente. La distruzione di case, l’aggressione ai civili e lo sfollamento forzato di intere comunità continuano senza sosta, senza alcuna conseguenza per i responsabili. I coloni israeliani operano impunemente, sapendo di avere l’appoggio dell’esercito israeliano e la tacita approvazione del silenzio dalla comunità internazionale.
L’attacco a Jinba rivela le profonde disuguaglianze nel modo in cui i palestinesi sono trattati dal mondo. La nostra sofferenza viene minimizzata, la nostra umanità trascurata e le nostre storie cancellate, a meno che non ci sia un Oscar.
La domanda che ci dobbiamo porre è perché il mondo non risponde alla situazione della gente di Jinba e perché la loro sofferenza è spesso resa invisibile. È perché non hanno la fama, l’attenzione dei media o il riconoscimento che potrebbero portare le loro storie sulla scena mondiale? L’attacco a Jinba non dovrebbe essere una tragedia isolata, che viene ignorata perché non rientra nel quadro di ciò che è ritenuto “degno” di attenzione.
Quello che è successo a Jinba, così come le esperienze dei palestinesi che vivono sotto occupazione, non è nuovo. La violenza e la brutalità fanno parte di una lunga storia di pulizia etnica in Cisgiordania. Per decenni, il governo israeliano e i coloni hanno lavorato per cancellare le comunità palestinesi dalla terra. Eppure, la reazione del mondo a questi crimini rimane muta e al popolo palestinese continuano a essere negati i diritti umani fondamentali.
La distruzione della scuola e la cancellazione delle prove ricordano quanto sia radicata la violenza e quanto sia difficile per noi palestinesi documentare e dimostrare la responsabilità dei colpevoli. In questo contesto, il silenzio della comunità internazionale è complice delle continue sofferenze del popolo palestinese. Gli abitanti di Jinba e di altri villaggi palestinesi meritano molto più di un titolo di giornale. Meritano giustizia, meritano riconoscimento e dignità.
L’attacco a Jinba rivela anche le profonde disuguaglianze nel modo in cui i palestinesi sono trattati dal mondo. La nostra sofferenza viene minimizzata, la nostra umanità trascurata e le nostre storie cancellate quando non c’è un Oscar. È tempo di cambiare questa narrazione e di portare l’attenzione del mondo sulle vittime di questa tragedia in corso: le persone delle comunità palestinesi che continuano a sopravvivere al progetto coloniale.
Il mondo non può continuare a ignorare le grida di coloro che soffrono in silenzio. La mia gente a Jinba e tutti i palestinesi che vivono sotto occupazione meritano di essere visti, ascoltati e valorizzati come esseri umani, non come statistiche o vittime di un conflitto. I media, gli organismi internazionali e i governi devono farsi avanti e chiedere conto della violenza che è stata lasciata incontrollata per decenni. Solo così potremo sperare in un futuro in cui la nostra gente di Jinba, e tutti i palestinesi, possano vivere in modo dignitoso.
Mohammad Hesham Huraini è un giornalista indipendente e un attivista di Masafer Yatta, a sud di Hebron, in Cisgiordania.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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