L’offensiva di Israele in Cisgiordania è il secondo atto del genocidio a Gaza

di Qassam Muaddi,    

Mondoweiss, 12 febbraio 2025.  

L’assalto in corso alla Cisgiordania da parte di Israele non è fatto per spazzare via la resistenza palestinese. È fatto per ripulire etnicamente i palestinesi dalle loro case e porre le basi per l’annessione.

Danni causati dalle truppe israeliane al ritiro dal campo profughi di al-Far’a, vicino alla città cisgiordana di Tubas, dopo una campagna di quattro giorni. 12 febbraio 2025. (Foto: Mohammed Nasser/APA Images)

L’esercito israeliano ha esteso l’offensiva militare in corso nella Cisgiordania settentrionale dal campo profughi di Jenin ai campi profughi di Nur Shams e al-Far’a a Tulkarem e Tubas. L’assalto israeliano ha provocato lo sfollamento di almeno 40.000 palestinesi, secondo l’UNRWA.

Le scene di Gaza si ripetono nei campi profughi della Cisgiordania settentrionale: i residenti descrivono di essere stati cacciati dalle loro case dall’esercito israeliano, mentre i soldati andavano di casa in casa, separando uomini, donne e bambini in gruppi diversi e facendoli marciare fuori dai loro quartieri sotto la minaccia delle armi. “È stato molto umiliante e doloroso”, ha raccontato martedì 11 febbraio a Mondoweiss un residente del campo profughi di Nur Shams.

I tre campi profughi e le città circostanti sono stati al centro di una nuova ondata di resistenza armata palestinese dal 2021, soprattutto a Jenin. In tutte e tre le aree, i gruppi di resistenza locale palestinesi hanno affrontato le incursioni israeliane con crescente efficienza e un accumulo di esperienza, anche se con mezzi molto limitati.

Negli ultimi quattro anni, Israele ha tentato di contrastare il fenomeno in aumento nel nord della Cisgiordania. All’inizio del 2022 ha intensificato le campagne di rappresaglia militare con l'”Operazione Break the Wave“, lanciando raid sempre più violenti e sproporzionati nei campi profughi palestinesi. Nel luglio 2022, Israele ha reintrodotto gli attacchi aerei in Cisgiordania per colpire i combattenti palestinesi a Jenin, prima di estendere l’uso degli attacchi aerei ad altre parti del nord della Cisgiordania.

Dopo il 7 ottobre 2023, Israele ha intensificato i suoi raid ad un altro livello, approfittando del furore post 7 ottobre per cambiare la sua strategia militare in Cisgiordania. Secondo i funzionari israeliani, l’attuale offensiva, soprannominata “Operazione Muro di Ferro”, mira a “cambiare lo status quo della sicurezza” in Cisgiordania schiacciando definitivamente la resistenza armata, suggerendo che l’obiettivo primario degli attacchi è la sicurezza. Ma la vera ragione dell’escalation ad ampio raggio in Cisgiordania supera qualsiasi pretesa di mantenere la “sicurezza”.

Danni a un edificio e a un’auto dopo un’incursione dell’esercito israeliano a Silat al-Harithiya, vicino alla città di Jenin, nella Cisgiordania occupata. 11 febbraio 2025. (Foto: Mohammed Nasser/APA Images)

Oltre la “sicurezza”

L’aumento vertiginoso della violenza israeliana dopo il 7 ottobre spesso non è stato accompagnato da una spiegazione basata sulla sicurezza, e gran parte della violenza non era diretta contro gruppi armati. Israele ha imposto centinaia di posti di blocco aggiuntivi in tutta la Cisgiordania e ha arrestato fino a 5.000 palestinesi, di cui oltre 3.600 in detenzione amministrativa, cioè senza accusa né processo. Ha intensificato le demolizioni di case nell’Area C (che costituisce oltre il 60% della Cisgiordania) e ha distribuito armi da fuoco ai coloni che hanno sfollato con la forza fino a 20 comunità rurali palestinesi in Cisgiordania. La maggior parte di queste comunità si trovava in aree che non hanno visto alcuna attività armata palestinese per anni, come le colline a sud di Hebron e le pendici orientali della Valle del Giordano centrale.

Alcuni mesi dopo il 7 ottobre, nel maggio 2024, Israele ha anche revocato la legge israeliana sul Disimpegno del 2005, che aveva portato Israele a ritirare i coloni dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania settentrionale dopo la Seconda Intifada. La revoca di questa legge ha permesso ai coloni israeliani di tornare negli insediamenti evacuati nelle aree di Jenin e Nablus.

A gennaio, in seguito a un attacco a fuoco palestinese nei pressi di Qalqilya che ha ucciso tre israeliani, il capo dei consigli regionali degli insediamenti israeliani, Yossi Dagan, ha invitato l’esercito israeliano a invadere le città della Cisgiordania come ha fatto a Gaza. Il ministro delle Finanze israeliano e leader del sionismo religioso estremista Bezalel Smotrich ha chiesto di “far sembrare Jenin e Nablus come Jabalia”, riferendosi alla città e al campo profughi nel nord di Gaza che Israele ha completamente distrutto e spopolato con la forza durante gli ultimi quattro mesi di guerra prima dell’attuale cessate il fuoco. Secondo Smotrich, tali azioni, insieme all’espansione degli insediamenti, renderebbero impossibile la creazione di uno stato palestinese.

Quando un altro rappresentante della destra religiosa integralista, Itamar Ben-Gvir, si è dimesso dalla carica di ministro della Sicurezza Nazionale in opposizione all’attuale accordo di cessate il fuoco, Smotrich non ha lasciato il gabinetto di Netanyahu, nonostante abbia votato contro il cessate il fuoco. Gli analisti hanno descritto l’offensiva del “Muro di ferro” in Cisgiordania come una concessione di Netanyahu a Smotrich in cambio dell’astensione dalle dimissioni, che avrebbe messo a rischio il gabinetto di Netanyahu e lo avrebbe costretto a indire nuove elezioni.

Danni causati dalle truppe israeliane mentre si ritiravano dal campo profughi di al-Far’a dopo una campagna di quattro giorni, vicino alla città cisgiordana di Tubas. 12 febbraio 2025. (Foto: Mohammed Nasser/APA Images)

La strada per l’annessione

Il principale progetto politico di Smotrich è sempre stato l’annessione e la colonizzazione di massa della Cisgiordania, insieme alla distruzione di tutte le possibilità di uno stato palestinese. Prima del 7 ottobre, Smotrich aveva dichiarato che i palestinesi non esistono e che le città palestinesi in Cisgiordania, come Huwwara, dovrebbero essere “cancellate dalla mappa“. Già nel 2017, aveva definito un “Piano decisivo” per la pulizia etnica di quei palestinesi in Cisgiordania che non avessero accettato di vivere sotto la “sovranità ebraica”, offrendo loro la scelta tra lasciare il paese o essere uccisi.

L’idea che Netanyahu debba placare Smotrich per mantenere il suo governo significa che la Cisgiordania e la vita dei palestinesi in essa sono il prezzo da pagare per il cessate il fuoco a Gaza – e per la sopravvivenza politica di Netanyahu.

Ma queste ambizioni in Cisgiordania sono condivise anche dallo stesso Netanyahu e da molti membri del suo gabinetto che provengono dalla base della destra religiosa e dal movimento dei coloni in Cisgiordania. Lo stesso Netanyahu aveva promesso nel 2020 di annettere ampie parti della Cisgiordania, soprattutto la Valle del Giordano, affermando più volte che non ci sarebbe mai stato uno stato palestinese sotto la sua guida. Nei suoi primi anni da politico, negli anni ’80, Netanyahu aveva anche dichiarato che Israele avrebbe dovuto sfruttare ogni opportunità per sfollare il maggior numero possibile di palestinesi, non solo dalla Cisgiordania ma anche all’interno dei confini dello stato israeliano e, soprattutto, da Gaza.

Nel 2018, la Knesset israeliana ha approvato a stragrande maggioranza la Legge sullo Stato-Nazione, stabilendo che l’autodeterminazione nazionale tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo appartiene solo al popolo ebraico. Durante l’ultima guerra a Gaza, nel luglio 2024, la Knesset israeliana ha approvato una risoluzione, anch’essa a stragrande maggioranza, che rifiuta uno stato palestinese ovunque nella Palestina storica. Entrambi gli atti legislativi riecheggiano gli appelli della destra religiosa israeliana a colonizzare e annettere completamente la Cisgiordania, indicando una forte spinta all’interno della politica e della società israeliana ad agire finalmente verso questa ambizione. Per i palestinesi in Cisgiordania, questo significa che essi sono nel mirino, con la distruzione e l’espulsione forzata, parziale o totale, all’orizzonte immediato.

Senza una fine in vista e con le dichiarazioni israeliane di voler includere tutta la Cisgiordania nella sua offensiva del “Muro di ferro”, diventa chiaro che l’attacco israeliano non è una misura di sicurezza. È uno strumento per realizzare le aspirazioni politiche della destra sionista. Il primo passo ha comportato lo sfollamento di 40.000 palestinesi dai campi profughi della Cisgiordania settentrionale, ma non si fermerà qui. Mentre il fragile cessate il fuoco a Gaza si avvicina alla fine della sua prima fase, i palestinesi si preparano a ciò che potrebbe seguire in Cisgiordania, temendo che quello che dovranno affrontare sarà l’inizio di un nuovo capitolo della guerra di Israele contro il popolo palestinese.

Qassam Muaddi è il Palestine Staff Writer di Mondoweiss.

https://mondoweiss.net/2025/02/israels-offensive-in-the-west-bank-is-the-second-act-of-the-gaza-genocide/

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

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