di Jonah Valdez,
The Intercept, 6 febbraio 2025.
Il gruppo Betar U.S. ha dichiarato di aver condiviso con l’amministrazione Trump una lista di “nomi di centinaia di sostenitori del terrorismo”.

Il 29 gennaio, gli organizzatori palestinesi di New York si sono riuniti in un parco per una veglia in ricordo dell’anniversario della morte di Hind Rajab, una bambina di 6 anni uccisa l’anno scorso a Gaza dall’esercito israeliano insieme alla sua famiglia e ai paramedici che cercavano di salvarla. A Zuccotti Park, nella zona bassa di Manhattan, i partecipanti hanno deposto candele, accanto a foto e disegni di Rajab.
Lo stesso giorno, il Presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo intitolato “Misure aggiuntive per combattere l’antisemitismo” che “richiede l’allontanamento degli stranieri residenti che violano le nostre leggi” e invita il Dipartimento di Giustizia a “proteggere la legge e l’ordine, sedare il vandalismo e le intimidazioni a favore di Hamas e indagare e punire il razzismo antiebraico nei college e nelle università di sinistra e antiamericane”. Il documento arriva sulla scia di un precedente ordine anti-immigrazione firmato durante il primo giorno di mandato di Trump, che prevedeva un maggiore controllo e un giro di vite sui titolari di visto e sulle persone che cercano di entrare negli Stati Uniti, in base alle loro opinioni politiche e culturali.
Incoraggiato da questi due ordini, Betar U.S.A., il ramo americano di un’organizzazione internazionale fondata dallo scrittore sionista e colonialista Ze’ev Jabotinsky nel 1923, è sceso in campo sui social media prima della veglia per Rajab, che ha definito in modo dispregiativo un “raduno della Jihad”. Betar ha invitato i suoi sostenitori a presentarsi e ad “aiutare @ICEgov [ICE, Immigration and Customs Enforcement è l’agenzia federale per il contrasto all’immigrazione, NdT] negli sforzi di deportazione”, promettendo di “documentare tutti i partecipanti” da sottoporre all’amministrazione Trump secondo i suoi recenti ordini.
Durante la veglia, un piccolo gruppo ha disturbato i partecipanti, urlando “Mostrateci le vostre facce, così potremo farvi espellere” e “Siamo con l’ICE”, per poi scandire ripetutamente “ICE, ICE, ICE”, secondo il video pubblicato sugli account del gruppo.
“Siamo qui per una bambina di 6 anni”, ha detto un partecipante alla veglia a un agente della polizia di New York, prima di essere soffocato dai manifestanti di Betar che li accusavano di un “falso genocidio” e di usare “scudi umani”. Dopo la conclusione della veglia, Betar ha dichiarato sui social media di aver identificato quel partecipante grazie alla tecnologia di riconoscimento facciale e di averlo segnalato al Dipartimento di Sicurezza Nazionale.
Gli esperti di libertà di parola e i sostenitori della solidarietà con i musulmani e la Palestina temono che tali molestie e discriminazioni da parte di Betar e di altri gruppi di estrema destra si diffonderanno grazie ai recenti ordini di Trump. Visti i crescenti inviti a deportare i nemici politici e i difensori dei diritti umani, temono un nuovo clima in cui il discorso politico viene messo a tacere – e chi ha il coraggio di parlare rischia di essere punito severamente.
Questa confusione tra la critica nei confronti di Israele e l’antisemitismo o il sostegno a Hamas farà ben poco per proteggere gli ebrei negli Stati Uniti dall’odio, ha dichiarato Jonah Rubin, di Jewish Voice for Peace, un gruppo ebraico americano progressista che si batte per i diritti umani dei palestinesi.
“Queste politiche non hanno nulla a che fare con la sicurezza degli ebrei”, ha detto Rubin. “L’idea che si tratti di sicurezza degli ebrei piuttosto che di una censura diffusa e del tentativo di chiudere ogni e qualsiasi dissenso – che si tratti di Palestina, di diritti umani o di altri movimenti per la giustizia sociale – non regge nemmeno a un minimo esame”.
La premessa alla basedel recente ordine di Trump affonda le sue radici nel Progetto Esther [gruppo di studio contro l’antisemitismo, NdT]: un trattato degli autori del Progetto 2025 [progetto pre-elettorale per delineare il futuro governo Trump, NdT]. Il documento è stato presentato come “un progetto per contrastare l’antisemitismo” e ha offerto strategie per colpire e mettere a tacere i critici di Israele, anche con l’uso della deportazione. Una scheda informativa sull’ordine esecutivo dell’amministrazione Trump rispecchiava il linguaggio del Progetto Esther e metteva a nudo l’intento dell’ordine di “cancellare i visti studenteschi di tutti i simpatizzanti di Hamas nei campus universitari”, giurando di deportare “tutti gli stranieri residenti che si sono uniti alle proteste pro-jihadiste”.
Queste idee stanno guadagnando sempre più spazio nel discorso conservatore. La promessa di deportare i sostenitori dei diritti dei palestinesi è stata una parte fondamentale della piattaforma del Partito Repubblicano. Una proposta di legge del Congresso introdotta lo scorso maggio chiedeva misure simili.
Il mondo accademico è uno dei punti chiave del Progetto Esther e degli ordini esecutivi di Trump. Sebbene l’ordine più recente dia istruzioni a tutte le agenzie del ramo esecutivo di prendere parte al giro di vite, incoraggia la sorveglianza in aree specifiche, come le università e persino le scuole K-12 [le scuole che vanno dall’asilo fino al 12° anno d’insegnamento, NdT], dove agli amministratori viene chiesto di monitorare e segnalare gli studenti internazionali per una possibile deportazione.
Lunedì, l’Ufficio per i diritti civili del Dipartimento dell’Istruzione ha avviato indagini su cinque scuole – Columbia University, University of California, Berkley, Northwestern University, University of Minnesota, Twin Cities e Portland State University – per antisemitismo, il primo utilizzo dell’ordine esecutivo.
“Gli studenti universitari americani e quelli in visita negli Stati Uniti dovrebbero essere in grado di protestare contro le violazioni dei diritti umani da parte del governo israeliano nello stesso modo in cui le Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale, Amnesty International, Human Rights Watch e altre istituzioni rispettate hanno fatto negli ultimi anni, senza temere ritorsioni”, ha dichiarato Robert McCaw, un dirigente del Council on American-Islamic Relations che è a capo del dipartimento degli affari governativi. Egli ha criticato la scheda informativa dell’ordine per la diffusione di termini anti-musulmani come “pro-Jihad”.
Gli sforzi di Trump hanno ispirato una campagna popolare per identificare coloro che potrebbero essere i possibili obiettivi di deportazione. Sui social media, gruppi come Mothers Against College Antisemitism e Chicago Jewish Alliance hanno condiviso i link alla linea telefonica dell’ICE (Immigration and Customs Enforcement) e hanno invitato le persone a segnalare, rispettivamente, “studenti e docenti stranieri che sostengono Hamas” e “studenti con un visto che sono sospettati di essere coinvolti in attività a favore del terrorismo”.
Il tentativo di Betar di costruire una lista di possibili obiettivi ha forse ottenuto la maggiore attenzione.
Già prima dell’insediamento di Trump, Betar aveva annunciato che stava compilando una lista di critici di Israele da deportare da parte dell’amministrazione Trump e da allora ha dichiarato di aver condiviso l’elenco dei “nomi di centinaia di sostenitori del terrorismo”. Nei giorni successivi all’insediamento di Trump, l’organizzazione no-profit newyorkese ha intensificato gli appelli all’espulsione. Ha dichiarato di aver programmato un incontro con “funzionari eletti” a Washington, martedì, per fornire i nomi dei “terroristi jihadisti in America”.
Betar non ha risposto alle domande sulle sue pratiche o politiche, limitandosi a chiedere lo status di cittadinanza di questo giornalista e se fosse nato negli Stati Uniti.
Sui social media, questa settimana Betar ha criticato un’indagine separata di The Intercept su Mothers Against Campus Antisemitism, descrivendo i suoi reporter come “jihadisti mascherati da giornalisti”. Betar ha anche fatto un paragone con i giornalisti di Gaza, molti dei quali sono stati presi di mira e uccisi dall’esercito israeliano nell’ultimo anno.
L’ex direttore esecutivo di Betar, Ross Glick, che nel frattempo ha lasciato il gruppo, ha dichiarato al giornale Salon che Betar prende di mira individui che “fomentano l’odio contro Israele”. Si concentra, ha detto, sulle scuole e in particolare su coloro che ricoprono ruoli di insegnamento. Secondo il New York Post, Glick è stato arrestato nel 2018 in un caso di revenge porn a New York e si è dichiarato colpevole di molestie di secondo grado. Betar ha scritto sui social media che non impiega più Glick.
Sebbene il gruppo abbia una lunga storia all’estero, ha ottenuto lo status di organizzazione no profit esente da imposte negli Stati Uniti solo nel luglio 2024. Sta raccogliendo fondi su GoFundMe e ha ottenuto più di 30.000 dollari. Sta reclutando attivamente per ruoli in tutti gli Stati Uniti e ha visto il suo seguito online esplodere su X negli ultimi giorni, più che raddoppiando da circa 5.000 a più di 15.000 in una sola settimana.

La veglia di Rajab a New York non è stata la prima volta che Betar ha interrotto una manifestazione pro-palestinese. Durante una protesta studentesca per la Palestina all’Università della California, a Los Angeles, Betar ha minacciato di “organizzare gruppi di ebrei” per “rimuovere questi teppisti subito” se la polizia non avesse effettuato arresti. A novembre, membri del Betar hanno minacciato di consegnare ‘dei cercapersone’ agli studenti manifestanti all’Università di Pittsburgh, un riferimento all’attacco avvenuto in Libano a settembre, durante il quale l’esercito israeliano ha fatto esplodere migliaia di cercapersone e walkie-talkie portatili usati dai membri di Hezbollah, uccidendo 42 persone, tra cui 12 civili, e ferendone più di 4.000. La minaccia poco velata ha fatto sì che il gruppo venisse bandito dalle piattaforme Meta, Facebook e Instagram, ma ha suscitato il plauso del senatore John Fetterman (D-Pa.), che ha detto “Mi piace” quando è stato informato dello “scherzo”.
Betar ha offerto taglie per consegnare alle persone dei cercapersone, prendendo di mira scrittori di spicco e attivisti, come Peter Beinart, editore di Jewish Currents, e Nerdeen Kiswani, un’attivista palestinese-americana che dirige Within Our Lifetime. Prima della veglia di Rajab, che il gruppo di Kiswani aveva contribuito a organizzare, Betar ha offerto una “ricompensa a chiunque dia a @NerdeenKiswani un” – cercapersone – “oggi”.
Il giorno seguente, Betar ha raddoppiato e ha menzionato Kiswani in un tweet, scrivendo: “Avete terrorizzato l’America e New York per troppo tempo. Ne abbiamo abbastanza e non ci fermeremo. Voi odiate l’America, odiate gli ebrei e noi siamo qui e non resteremo in silenzio. 1800 dollari a chiunque dia un cercapersone a quel jihadista”.
Kiswani ha raccontato di essere stata in passato il bersaglio di gruppi sionisti di estrema destra, che hanno condotto campagne di doxing [diffusione online di informazioni personali] e cyberbullismo nel tentativo di farla licenziare dal lavoro ed espellere mentre era studentessa alla City University of New York School of Law. Sebbene abbia ricevuto il sostegno dei suoi compagni di università e alla fine anche dell’amministrazione della scuola, ha detto che i gruppi online sono riusciti a incrementare il loro profilo e a raccogliere fondi attaccando lei e altri attivisti visibilmente palestinesi.
“Mi sembra che quello che Betar sta facendo ora sia simile a quel manuale”, ha detto Kiswani. Gruppi come Betar, ha detto, hanno usato a lungo tali minacce per intimidire i manifestanti dal presentarsi alle azioni.
“Cerco sempre di reindirizzare la notorietà e l’attenzione che stanno cercando di portare verso di me riportandola alla Palestina”, ha detto.
Betar non èl’unico gruppo a individuare gli attivisti. Il Collettivo Shirion conduce un sistema di taglie simile per il doxing, con offerte da 250 a 15.000 dollari a chiunque sia in grado di identificare alcuni studenti, medici o politici che protestano a sostegno della Palestina. Shirion ha pubblicato video che definiscono Kiswani una “terrorista domestica” e ha collaborato con Betar per aggiungere nomi di attivisti alla sua apparente lista di deportazione. Shirion, finanziato da un imprenditore tecnologico della Florida, ha costruito il suo seguito condividendo teorie cospirative e disinformazione durante la guerra di Israele contro Gaza.
In un post su X, condiviso venerdì sera e poi cancellato, Shirion ha affermato che a una studentessa cinese dell’UCLA è stato revocato il visto a causa del suo impegno a favore della Palestina e ha attribuito alla lista di deportazione di Betar e all’ordine esecutivo di Trump il merito di aver cacciato la studentessa dal paese. Il tweet includeva un video tratto da un notiziario del maggio 2024 che mostrava una studentessa arrestata dagli agenti della California Highway Patrol.
Un organizzatore dell’UCLA che ha monitorato i processi disciplinari degli studenti legati alle proteste nel campus ha contestato l’affermazione del gruppo e ha detto di non essere a conoscenza di nessuno studente dell’UCLA a cui sia stato revocato il visto. L’individuo ritratto nel video non è più uno studente della scuola, ha detto l’organizzatore.
Un portavoce del Dipartimento di Sicurezza Nazionale ha dichiarato che l’agenzia non ha “nulla che supporti la veridicità di queste affermazioni”.
Tuttavia, il post e i post imitativi sono stati ampiamente condivisi online su diverse piattaforme di social media.
Un portavoce di Shirion ha dichiarato in un comunicato che il gruppo è preoccupato per il fatto che “le leggi vengono infrante”, citando varie politiche sull’immigrazione contenute negli ordini esecutivi di Trump, nonché una legge che vieta il sostegno materiale a un gruppo inserito nella lista dei terroristi stranieri degli Stati Uniti. Il gruppo ha affermato che rivelare l’identità di “stranieri che esprimono apertamente l’intenzione di uccidere le persone non è solo legale, ma è il minimo indispensabile di ciò che ogni vero americano dovrebbe fare”. Il gruppo non ha risposto alle domande sullo studente dell’UCLA.
Rubin di Jewish Voice for Peace ha evidenziato una contraddizione nell’approccio dell’amministrazione Trump alla lotta all’antisemitismo. Mentre l’amministrazione emette ordini esecutivi e promuove campagne di estrema destra contro i nemici di Israele, ha accolto Elon Musk nel suo ovile. Da quando Trump si è insediato, Musk ha fatto per due volte un saluto in stile nazista, ha applaudito il partito di estrema destra Alternativa per la Germania e ha detto che la Germania dovrebbe “andare oltre” il “senso di colpa del passato” nei confronti dell’Olocausto.
“La cosa migliore che possiamo fare per garantire la sicurezza degli ebrei è stare insieme in solidarietà, tenendoci per mano e respingendo questa marea fascista in aumento”, ha detto Rubin. “L’antisemitismo è reale, lo sappiamo e lo vediamo ogni giorno”.
“La cosa peggiore che si possa fare per combattere l’antisemitismo è fingere che l’attivismo per i diritti umani e le persone che cercano di fermare un genocidio siano antisemite”, ha detto, “ma che non lo siano le persone che fanno il saluto nazista dai podi più alti della terra davanti alle insegne del presidente degli Stati Uniti”.
Come molti degliordini esecutivi di Trump, non è chiaro se reggeranno in tribunale. Carrie DeCell, avvocata senior del Knight First Amendment Institute, ha affermato che se le autorità federali deportano persone in base al loro discorso politico, i tribunali probabilmente riterranno ciò incostituzionale.
“Il Primo Emendamento protegge gli studenti che sono qui con un visto studentesco, e protegge il loro discorso politico”, ha detto DeCell. “La loro partecipazione alle proteste, da sola, non può essere una base valida per il loro allontanamento in conformità con il Primo Emendamento”.
Durante il primo mandato di Trump, DeCell e il Knight Institute hanno contestato il programma di “controllo estremo” di Trump, che mirava a vietare o rimuovere i non cittadini in base alle loro opinioni, convinzioni e associazioni. Il gruppo ha fatto causa al governo per ottenere i promemoria dell’ICE in cui i legali dell’agenzia affermavano che le persone non potevano essere deportate solo in base alle loro convinzioni, in virtù della legge sulla libertà di parola.
“I promemoria affrontano perfettamente ciò che l’amministrazione Trump sta cercando di fare ora”, ha detto DeCell. “Gli stessi avvocati dell’ICE hanno riconosciuto che il semplice sostegno filosofico ad attività terroristiche o a gruppi terroristici non sottopone necessariamente qualcuno all’allontanamento”.
Tuttavia, ha riconosciuto che l’ultimo ordine di Trump è pieno di strumenti che il Presidente non ha provato nel suo primo mandato. Questa volta, ha dato ordine al Dipartimento di Giustizia di appoggiarsi a una legge originariamente intesa a difendere i diritti civili degli afroamericani già schiavizzati contro gli attacchi dei suprematisti bianchi del Ku Klux Klan dopo la Guerra Civile. La legge sulla cospirazione contro i diritti è stata da allora utilizzata per combattere i crimini d’odio e la brutalità della polizia e nel 2023 è stata tra i quattro capi d’accusa utilizzati per perseguire Trump in relazione ai tentativi di rovesciare le elezioni del 2020. La condanna ai sensi della legge può comportare pesanti multe e fino a 10 anni di carcere.
L’ordine stesso è scritto in modo vago, il che potrebbe renderlo più difficile da contestare in tribunale, ha detto DeCell. Questo linguaggio ampio è anche ciò che lo rende così pericoloso, lasciando ai funzionari e alle agenzie governative la possibilità di decidere come reprimere in modo specifico.
Nell’ultima settimana, DeCell ha raccontato di aver sentito studenti universitari che si trovano nel paese con un visto e che sono preoccupati se continuare a partecipare alle proteste per i diritti umani dei palestinesi o se cancellare precedenti post sui social media o scritti online.
Anche i leader del Council on American-Islamic Relations, di Jewish Voice for Peace e di Palestine Legal hanno dichiarato che i titolari di visto nelle università sono preoccupati che il loro coinvolgimento nelle proteste possa metterli nei guai.
Dima Khalidi, direttrice e fondatrice di Palestine Legal, dubita che questo effetto raggelante possa soffocare del tutto la protesta. “La gente non sarà costretta a tacere al livello di massa che ci si potrebbe aspettare”.
Ma con il governo federale e gli attivisti di estrema destra che prendono di mira gli studenti, le università devono svolgere un ruolo più importante nel proteggere la parola, anziché criminalizzarla.
“Sarà determinante il modo in cui le università risponderanno, se capitoleranno e continueranno a seguire la strada che hanno intrapreso, ovvero quella della repressione degli studenti e della collaborazione con le agenzie governative”, ha dichiarato Khalidi, che negli ultimi anni ha difeso gli studenti dalle repressioni anti-palestinesi nelle scuole. “O avranno una spina dorsale e proteggeranno i loro studenti?”.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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