di Imad Mahmoud,
Mondoweiss, 12 gennaio 2025.
A Gaza, sopravvivere è un atto quotidiano di sfida. Trovare momenti di risate e calore in una tenda battuta dalla pioggia è a dir poco un miracolo.

Mia sorella Hanan, 27 anni, si è trovata in un incubo senza fine. Viveva con il marito Fadi e i loro tre figli – Ibrahim, 9 anni, Nada, 6, e Adnan, 4 – ad Al-Zawayda, nella Striscia di Gaza centrale. La loro casa è stata distrutta dai bombardamenti israeliani e ora una tenda è l’unico riparo per lei e i suoi figli: uno spazio fragile, che li ripara a malapena dal freddo dell’inverno o dalla pioggia incessante, e che racchiude tutto il loro passato e la speranza di un futuro che sembra sempre più irraggiungibile.
Secondo Medical Aid for Palestinians, 1,9 milioni di palestinesi – il 90% della popolazione di Gaza – hanno perso le loro case a causa della guerra. Centinaia di migliaia di persone vivono ora in tende, ma la vita in una tenda è ben lontana dalla vita. La pioggia filtra da tutte le parti e le famiglie cercano di raccogliere l’acqua che gocciola in vecchie pentole. I bambini dormono sul pavimento freddo. Il freddo pungente ha ucciso almeno otto bambini a Gaza quest’inverno.
In una notte fredda e piovosa sono andata a trovarli. Mi sono seduta in silenzio in un angolo della loro tenda, osservando Hanan che raccoglieva intorno a sé i suoi figli per ripararli dal freddo pungente. Il rumore della pioggia che batteva sul tessuto logoro della tenda era assordante e quasi annegava le nostre voci. Ibrahim, il più grande, cercava di apparire coraggioso per non far male ai suoi fratelli, ma la preoccupazione trapelava dalla sua voce quando ha chiesto alla madre:
“Mamma, la pioggia durerà tutta la notte?”.
Hanan ha sorriso dolcemente, cercando di confortarlo e nascondendo il dolore che portava con sé.
“La pioggia non dura per sempre, habibi [amore mio, in arabo, NdT]. Aiuta la terra a crescere verde”.
Stringendo una piccola bambola fatta di vecchi ritagli di stoffa, Nada ha guardato la madre con occhi spalancati e curiosi.
“Mamma, anche qui la terra diventerà verde?”.
Hanan ha esitato un attimo, come se le parole le si fossero bloccate in gola. Non poteva sopportare di spegnere la speranza nella voce di sua figlia.
“Sì, amore mio. Un giorno, lo farà”.
La pioggia è diventata più forte e l’acqua ha cominciato a filtrare dal tetto della tenda. Hanan ha afferrato un vecchio pezzo di stoffa, cercando disperatamente di rattoppare le falle. Adnan, il più piccolo, sembrava ignaro del freddo e dell’umidità; rideva, indicando le gocce d’acqua che cadevano dal soffitto e cercando di prevedere dove sarebbero finite.
“Mamma, la prossima goccia cadrà qui!”, ha esclamato indicando un angolo della tenda.
Abbiamo riso tutti, anche Hanan, anche se potevo vedere la stanchezza nei suoi occhi. Per un breve momento, le loro risate hanno trasformato la tenda fredda e umida in un luogo di calore.
Più tardi, quella sera, Ibrahim ha rivolto la sua attenzione alla stufa non accesa nell’angolo della tenda.
“Mamma, accenderai il fuoco stasera?”, ha chiesto speranzoso.
Hanan ha scosso delicatamente la testa, nascondendo l’amaro fatto che non c’era carburante da bruciare. “Forse domani, quando la pioggia sarà più leggera”, ha detto.
Nada si alza improvvisamente in piedi. “Mamma, voglio il pane come quello che facevi a casa!”.
Hanan si blocca per un attimo, perché la menzione della loro vecchia vita la colpisce come farebbe un’onda. A quei tempi, l’odore del pane fresco riempiva la loro casa e i bambini aspettavano con ansia un pezzo caldo direttamente dal forno. Ora, anche un pugno di farina sembra un lusso.
Decisa a non far sentire ai suoi figli il peso della sua disperazione, Hanan rovista tra le sue cose e trova una piccola quantità di farina che aveva conservato. Mescolandola con acqua e un pizzico di sale, fa dei piccoli dischi di pasta e li cucina su un pezzo di metallo di scarto sopra la stufa a malapena funzionante. Quando consegna il pane ai bambini, i loro volti si illuminano come se avessero ricevuto un festino.
Mordendo il suo pezzo, Adnan esclama: “Mamma, questo ha lo stesso sapore del pane che mangiavamo con Baba!”. Hanan sorride, con il cuore pesante e pieno allo stesso tempo. Suo marito, Fadi, è stato rapito dalle forze israeliane nei primi giorni di guerra e da allora la sua assenza è stata profondamente sentita da Hanan e dai suoi figli.
Quando la pioggia è diminuita, ci siamo seduti insieme e Hanan ha iniziato a raccontare storie sulla loro vecchia casa. Ha parlato dell’ulivo che dava ombra al loro cortile e del campo dove un tempo Fadi coltivava il grano.
Ibrahim, che ascoltava con attenzione, improvvisamente ha detto: “Quando torneremo, pianterò un nuovo ulivo”. Hanan ha messo la mano sulla sua e ha risposto: “Lo pianteremo insieme, habibi, e sarà l’albero più grande di Al-Zawayda”.
Quando finalmente i bambini si sono addormentati, ho guardato Hanan seduta in silenzio a fissare il soffitto della tenda. La pioggia era rallentata fino a diventare una leggera pioggerellina, con le gocce che cadevano ritmicamente attraverso i fori sopra di noi. Nonostante tutto, i suoi occhi conservavano un barlume di speranza, non solo per se stessa, ma anche per i suoi figli. Nella sua forza tranquilla, portava con sé un amore così profondo da illuminare anche la notte più buia e fredda.
A Gaza, la sopravvivenza è un atto quotidiano di sfida, e trovare momenti di risate e calore in una tenda battuta dalla pioggia è a dir poco un miracolo.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.