di Joseph Wilson, Melanie Lidman e Joseph Krauss,
Associated Press, 22 maggio 2024.
Norvegia, Irlanda e Spagna hanno dichiarato di voler riconoscere uno Stato palestinese, una mossa storica che ha suscitato la condanna di Israele e l’esultanza dei palestinesi. Israele ha immediatamente ordinato il ritiro degli ambasciatori da Norvegia e Irlanda. La decisione è stata presa dopo che diversi paesi dell’Unione Europea hanno recentemente dichiarato di voler fare il riconoscimento, sostenendo che una soluzione a due stati è essenziale per una pace duratura nella regione.
TEL AVIV, Israele (AP) – Norvegia, Irlanda e Spagna hanno dichiarato mercoledì 22 che riconosceranno uno Stato palestinese, una mossa storica ma in gran parte simbolica che aggrava ulteriormente l’isolamento di Israele, da più di sette mesi invischiato nella sua lacerante guerra contro Hamas a Gaza. Israele ha denunciato le decisioni e ha ritirato i suoi ambasciatori dai tre Paesi.
I funzionari palestinesi hanno accolto l’annuncio come una vittoria della loro pluridecennale rivendicazione di uno stato a Gerusalemme Est, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza – territori che Israele ha conquistato nella guerra del 1967 e che ancora controlla.
Sebbene circa 140 Paesi – più di due terzi delle Nazioni Unite – riconoscano uno Stato palestinese, la cascata di annunci di mercoledì potrebbe accentuare l’attuale situazione in cui anche gli alleati più stretti di Israele hanno accumulato critiche per la sua condotta a Gaza.
La tempistica della mossa è stata una sorpresa, ma da settimane sono in corso discussioni in alcuni paesi dell’Unione Europea sull’eventuale riconoscimento di uno Stato palestinese. I sostenitori hanno affermato che la guerra ha dimostrato la necessità di una nuova spinta verso una soluzione a due stati, 15 anni dopo il fallimento dei negoziati tra Israele e i palestinesi. Il governo del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu si oppone alla creazione di uno Stato palestinese.
È stato il secondo colpo alla reputazione internazionale di Israele questa settimana, dopo che il procuratore capo della Corte Penale Internazionale ha dichiarato che chiederà mandati di arresto per Netanyahu e il suo ministro della Difesa. La Corte Internazionale di Giustizia sta anche valutando le accuse di genocidio che Israele ha strenuamente negato.
Oltre a richiamare i suoi ambasciatori, Israele ha convocato gli inviati a Tel Aviv dei tre paesi, accusando gli europei di premiare il gruppo militante di Hamas per l’attacco del 7 ottobre che ha scatenato la guerra. Il ministro degli Esteri Israel Katz ha dichiarato che gli ambasciatori europei avrebbero guardato il macabro filmato dell’attacco.
In quell’assalto, i militanti guidati da Hamas hanno attraversato il confine, uccidendo 1.200 persone e prendendone circa 250 in ostaggio. Il procuratore della Corte Penale Internazionale ha richiesto un mandato di arresto per tre leader di Hamas. L’offensiva israeliana che ne è seguita ha ucciso più di 35.000 palestinesi, secondo il Ministero della Sanità di Gaza, e ha causato una crisi umanitaria e una quasi carestia. Il procuratore della Corte Penale Internazionale ha accusato i leader israeliani di usare la fame come arma.
“La storia ricorderà che Spagna, Norvegia e Irlanda hanno deciso di assegnare una medaglia d’oro agli assassini e agli stupratori di Hamas”, ha dichiarato Katz.
In risposta agli annunci fatti in Europa, il ministro israeliano di estrema destra per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, ha fatto mercoledì 22 una visita provocatoria al complesso della moschea di Al-Aqsa, un punto nevralgico di Gerusalemme, sacro per i musulmani e per gli ebrei che lo chiamano il Monte del Tempio.
“Non permetteremo nemmeno che si parli di uno Stato palestinese”, ha detto.
Come ulteriore ritorsione, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato che interromperà il trasferimento delle entrate fiscali destinate all’Autorità Palestinese (AP), una mossa che rischia di compromettere la già scarsa capacità dell’AP di pagare gli stipendi a migliaia di dipendenti.
In base agli accordi di pace provvisori degli anni ’90, Israele raccoglie le entrate fiscali per conto dei palestinesi e ha spesso usato questi fondi come strumento di pressione sull’Autorità Palestinese. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, Smotrich ha congelato i trasferimenti, ma Israele ha accettato di inviare il denaro alla Norvegia, che lo ha trasferito all’AP. Smotrich ha dichiarato mercoledì di voler porre fine a questo accordo.
Il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha dichiarato che il blocco dei fondi è “sbagliato” perché “destabilizza la Cisgiordania” e mina “la ricerca di sicurezza e prosperità per il popolo palestinese”.
La comunità internazionale ha considerato la creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele come l’unico modo realistico per risolvere il conflitto.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, tra gli altri, sostengono l’idea di uno Stato palestinese indipendente accanto a Israele, ma affermano che esso dovrebbe essere parte di un accordo negoziato. Il governo di Netanyahu sostiene che il conflitto può essere risolto solo attraverso negoziati diretti.
Il riconoscimento formale da parte di Norvegia, Spagna e Irlanda – che hanno tutti un passato di legami amichevoli sia con gli israeliani che con i palestinesi, pur sostenendo da tempo l’idea di uno Stato palestinese – è previsto per il 28 maggio.
Gli annunci sono arrivati in rapida successione. La Norvegia, che ha contribuito a mediare gli accordi di Oslo che hanno dato il via al processo di pace negli anni ’90, è stata la prima. “Non ci può essere pace in Medio Oriente se non c’è riconoscimento”, ha dichiarato il primo ministro Jonas Gahr Støre. Il suo paese ha in programma di trasformare il suo ufficio di rappresentanza in Cisgiordania in un’ambasciata.
Il primo ministro irlandese Simon Harris l’ha definita una “giornata storica e importante per l’Irlanda e per la Palestina”, affermando che gli annunci sono stati coordinati e che altri Paesi potrebbero aderire.
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, che ha annunciato la decisione del suo paese davanti al Parlamento, ha trascorso mesi in tournée nei paesi europei e mediorientali per raccogliere il sostegno al riconoscimento e al cessate il fuoco a Gaza.
“Questo riconoscimento non è contro nessuno, non è contro il popolo israeliano”, ha detto Sánchez. “È un atto a favore della pace, della giustizia e della coerenza morale”.
Il presidente Mahmoud Abbas, leader dell’Autorità Palestinese, che amministra parti della Cisgiordania occupata da Israele, ha accolto con favore le decisioni e ha invitato le altre nazioni a “riconoscere i nostri legittimi diritti e a sostenere la lotta del nostro popolo per la liberazione e l’indipendenza”.
Hamas, che i paesi occidentali e Israele considerano un gruppo terroristico, non riconosce l’esistenza di Israele ma ha indicato che potrebbe accettare uno Stato sulle linee del 1967, almeno su base provvisoria. Israele sostiene che qualsiasi Stato palestinese rischierebbe di essere conquistato da Hamas, rappresentando una minaccia per la sua sicurezza.
È improbabile che gli annunci abbiano un impatto sulla guerra a Gaza o sul lungo conflitto tra Israele e i palestinesi.
Israele ha annesso Gerusalemme Est e la considera parte della sua capitale, mentre nella Cisgiordania occupata ha costruito decine di insediamenti ebraici che oggi ospitano oltre 500.000 israeliani. I coloni hanno la cittadinanza israeliana, mentre i 3 milioni di palestinesi della Cisgiordania vivono sotto un dominio militare israeliano apparentemente a tempo indeterminato.
Netanyahu ha dichiarato che Israele manterrà il controllo di sicurezza su Gaza anche dopo la sconfitta di Hamas, e la guerra è ancora in corso. Un attacco aereo israeliano all’inizio di mercoledì ha ucciso 10 persone, tra cui quattro donne e quattro bambini, che erano state sfollate e si erano rifugiate nel centro di Gaza, secondo le autorità ospedaliere.
Hugh Lovatt, senior policy fellow presso l’European Council on Foreign Relations, ha affermato che “il riconoscimento è un passo tangibile verso una strada politica percorribile che porti all’autodeterminazione palestinese”.
Per avere un impatto, ha detto, deve essere accompagnato da “passi tangibili per contrastare l’annessione e l’insediamento di Israele nel territorio palestinese, come il divieto di prodotti e servizi finanziari legati agli insediamenti”.
Il ministro degli Esteri norvegese Espen Barth Eide ha difeso l’importanza della mossa in un’intervista con Associated Press, affermando che, sebbene il suo paese abbia sostenuto la creazione di uno Stato palestinese per decenni, sapeva che il riconoscimento è “una carta che si può giocare una volta sola”.
“Eravamo abituati a pensare che il riconoscimento sarebbe arrivato alla fine di un processo”, ha detto. “Ora abbiamo capito che il riconoscimento dovrebbe arrivare come un impulso, come il rafforzamento di un processo”.
Wilson ha riferito da Barcellona, Spagna, e Krauss da Dubai, Emirati Arabi Uniti. I cronisti dell’Associated Press Jan M. Olsen a Copenhagen, Danimarca, Jill Lawless a Londra e David Keyton a Berlino hanno contribuito a questo articolo.
https://apnews.com/article/norway-palestinian-state-ddfd774a23d39f77f5977b9c89c43dbc
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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