Verità o tranello, il sì di Hamas alla proposta di cessate il fuoco coglie Netanyahu alla sprovvista

di Ben Caspit,

Al-Monitor, 7 maggio 2024. 

Colto di sorpresa dall’accordo del gruppo militante palestinese con l’Egitto, il primo ministro israeliano ha optato per un’incursione limitata nella parte orientale di Rafah.

Una donna passa davanti ai manifesti raffiguranti Yahya Sinwar (sin), il capo dell’ala politica del movimento palestinese Hamas nella Striscia di Gaza, e Abu Obeida (ds), il portavoce mascherato delle Brigate Qassam, affissi su un muro del campo profughi palestinese Burj al-Barajneh, nella periferia meridionale di Beirut, il 5 febbraio 2024. ANWAR AMRO/AFP via Getty Images

TEL AVIV – Nonostante sette lunghi mesi di clandestinità, il leader di Hamas Yahya Sinwar continua a manovrare. L’annuncio del gruppo di accettare una proposta di cessate il fuoco del Qatar e dell’Egitto di lunedì 6 maggio, ha dimostrato la capacità della sua leadership di prendere scorciatoie politiche.

Lunedì sera, Hamas ha fatto un annuncio drammatico, dichiarando di accettare un accordo per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco. L’annuncio, che ha fatto seguito a settimane di negoziati tra le parti, è arrivato a minare ulteriormente la legittimità dell’operazione israeliana lanciata all’inizio della giornata a Rafah.

Annuncio a sorpresa, fermento egiziano

La dichiarazione di Hamas ha scatenato una raffica di consultazioni, mentre i mediatori internazionali e Israele si affannavano per tenere il passo. Allo stesso tempo, i carri armati israeliani sono entrati nei sobborghi orientali di Rafah, arrivando al valico di frontiera tra Gaza ed Egitto prima dell’alba di martedì e issandovi una bandiera israeliana. Israele sostiene da tempo che il valico di Rafah è stato il luogo di un vasto contrabbando verso Gaza, sia in superficie che nel sottosuolo, che ha permesso la crescita militare di Hamas nel corso degli anni.

Israele ha preso il controllo del valico dalla parte di Gaza, facendo saltare i nervi agli egiziani. L’Egitto ha istituito posti di blocco in cemento lungo il confine e ha messo le sue forze in stato di allerta per paura che i rifugiati di Gaza tentino di entrare nel suo territorio per sfuggire all’invasione israeliana. Lunedì 6 maggio, Israele ha ordinato l’evacuazione di circa 100.000 rifugiati palestinesi dai settori orientali di Rafah.

La dichiarazione di Hamas ha colto Israele di sorpresa e ha temporaneamente fermato l’avanzata delle forze israeliane. Mentre il Primo Ministro Benjamin Netanyahu si consultava con il suo gabinetto di guerra e mentre i funzionari di Doha, del Cairo, di Washington e di altri paesi erano impegnati a discutere quale delle molte proposte avanzate nelle ultime settimane Hamas avrebbe potuto accettare, i collaboratori di Netanyahu hanno descritto la mossa come una manovra, un gesto vuoto destinato a ritardare l’operazione israeliana a Rafah, e Netanyahu ha ordinato all’esercito di continuare l’azione.

I ministri centristi del gabinetto di guerra, Benny Gantz e Gadi Eisenkot, hanno convenuto che l’operazione deve continuare. Hanno letto la mossa di Hamas come un segno che la pressione militare di Israele stava funzionando, ma hanno insistito per esaminare la proposta di Hamas e dare una possibilità ai negoziati. Il compromesso raggiunto dopo un’ora di discussioni telefoniche è stato quello di continuare l’operazione militare e di inviare al Cairo una delegazione di funzionari di basso livello.

“Ora dovranno annunciare qualcosa di molto più specifico per fermare l’operazione militare”, ha dichiarato ad Al-Monitor un alto funzionario israeliano a condizione di anonimato. “Non più giri di parole, ma un consenso esplicito”.

Netanyahu ha promesso di invadere Rafah per tre mesi, affermando che Sinwar si nasconde lì con decine di ostaggi israeliani che sta usando come scudi e come leva e sostenendo che i battaglioni di Hamas stanno ancora operando lì. Ha designato la polverosa città all’estremità meridionale della Striscia di Gaza come teatro della vittoria finale di Israele sul gruppo militante.

Il gabinetto israeliano opta per un’incursione limitata

La leadership militare israeliana ha presentato al gabinetto otto opzioni per le operazioni a Rafah, che vanno da un’invasione su larga scala che culmini con la presa della città, a un’incursione limitata nell’area. Questa opzione più blanda comporterebbe il minimo attrito con i rifugiati palestinesi che si sono accumulati nella città e nei suoi dintorni, mantenendo al contempo la pressione su Hamas affinché accetti un accordo sugli ostaggi. I funzionari israeliani affermano che questa opzione comporterà la localizzazione e la distruzione dei siti di lancio dei razzi sulle aree di confine israeliane che domenica hanno causato la morte di quattro soldati israeliani.

Ci si aspetta che un’operazione limitata riceva anche un riluttante cenno di assenso da parte dell’amministrazione Biden, a differenza di un’invasione su larga scala, alla quale Washington ha chiarito di opporsi e ha persino minacciato di trattenere le forniture di armi se Israele dovesse procedere. Il presidente Joe Biden ha detto a Netanyahu, in una telefonata di lunedì 6, che un’azione a Rafah avrebbe silurato ogni residua possibilità di liberare gli ostaggi. A giudicare dalle sue dichiarazioni, Netanyahu ritiene invece che solo un’operazione a Rafah possa fare pressione su Hamas per ottenere un accordo.

La risposta di Hamas è un espediente o una vera via d’uscita?

Netanyahu potrebbe avere ragione. La risposta di Sinwar, poche ore dopo che i carri armati israeliani avevano cominciato ad avanzare, insieme alla decisione del governo di chiudere le operazioni israeliane della rete Al Jazeera, di proprietà del Qatar, non solo non hanno silurato i negoziati, ma potrebbero aver convinto Hamas a fare un accordo.

Tuttavia, Netanyahu è bloccato da un conflitto di interessi: un accordo per il rilascio degli ostaggi farebbe cadere il suo governo. Subito dopo che la settimana scorsa è emersa la notizia che Israele e l’Egitto avevano fatto ad Hamas quella che il Segretario di Stato Antony Blinken ha definito un’offerta “molto generosa”, i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich hanno lanciato a Netanyahu degli avvertimenti minacciosi, con Ben-Gvir che ne ha parlato direttamente ai giornalisti che erano in attesa fuori dall’ufficio di Netanyahu.

Sia Netanyahu che Sinwar sanno cosa potrebbe significare un accordo per i loro destini. È in gioco la vita politica di Netanyahu, così come quella vera e propria di Sinwar.

Netanyahu intrappolato dalla coalizione

Netanyahu è ostacolato da tutti i lati dai suoi ministri della linea dura, dai suoi partner centristi e da un’ampia fetta dell’opinione pubblica israeliana che vuole un accordo, anche se ciò significasse accettare le richieste di Hamas.

I ministri centristi Gantz ed Eisenkot sono sotto pressione per lasciare il governo a cui si sono uniti in ottobre per aiutare a gestire la guerra.

“È facile esortarci a lasciare la coalizione ora”, ha dichiarato ad Al-Monitor -a condizione di anonimato- una fonte del partito di Unità Nazionale, mentre in realtà la presenza dell’opposizione nel gabinetto di guerra “è l’unico peso che ora lavora a favore di un accordo”. La fonte ha aggiunto: “Se e quando capiremo che le possibilità di un accordo sono pari a zero e che le considerazioni politiche di Netanyahu hanno alla fine prevalso sulla necessità di salvare gli ostaggi, non staremo più qui”.

Anche i vertici militari sono favorevoli a un accordo con Hamas, sottolineando l’urgenza di liberare le decine di ostaggi che si ritiene siano ancora vivi dopo sette mesi di prigionia, mentre gli osservatori hanno notato che il cupo discorso che Netanyahu ha tenuto domenica sera in occasione della Giornata della Memoria è stato uno dei suoi più tetri di sempre.

https://www.al-monitor.com/originals/2024/05/real-or-ruse-hamas-yes-cease-fire-proposal-catches-netanyahu-guard#ixzz8ZZsTu600

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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