Come gli attacchi dell’Iran hanno messo in luce la debolezza di Israele

Apr 15, 2024 | Notizie

di David Hearst,

Middle East Eye, 15 aprile 2024.   

Gli attacchi del fine settimana hanno dimostrato che Israele ha bisogno di altri per difendersi e non è libero di scegliere come contrattaccare.

Un missile viene lanciato durante un’esercitazione militare a Isfahan, in Iran, il 28 ottobre 2023 (Reuters)

Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sapeva esattamente cosa stava facendo quando, due settimane fa, ha ordinato l’attacco al consolato iraniano a Damasco, uccidendo il generale di brigata Mohammad Reza Zahedi, oltre ad altri comandanti del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC).

Questo attacco è andato ben oltre le tattiche in atto per limitare il flusso di armi al movimento libanese  Hezbollah, o per respingere dal confine settentrionale i gruppi sostenuti dall’Iran. Era un tentativo di eliminare la leadership iraniana in Siria.

Dopo sei mesi, la guerra a Gaza sta andando male. Le forze di terra israeliane stanno affrontando un’ostinata resistenza palestinese che non mostra alcun segno di resa o di fuga, malgrado le distruzioni di dimensioni bibliche e le reali sofferenze della popolazione. Semmai, lo spirito dei combattenti di Hamas si è rafforzato. Sentono di essere sopravvissuti al peggio e di non avere nulla da perdere. La popolazione di Gaza non si è rivoltata contro di loro e l’occupazione di Rafah, sostengono, non farebbe alcuna differenza per loro. Irridono Israele che conta la forza di Hamas in battaglioni. Anche dopo l’assalto subito, hanno una riserva illimitata di reclute e di armi.

Messaggi multipli

Mentre l’offensiva israeliana a Gaza è in fase di stallo, l’opposizione alla leadership di Netanyahu sta aumentando e in Israele c’è una forte pressione per trovare un accordo che intanto permetta il ritorno degli ostaggi vivi.

Le divergenze di Netanyahu con il suo principale sostenitore, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, sono ormai palesi e Israele sta rapidamente perdendo il sostegno dell’opinione pubblica mondiale. Israele, sotto la guida di Netanyahu, è diventato uno stato paria.

Ancora una volta, Israele aveva bisogno di fare la vittima, per sostenere il mito che il paese sta combattendo per la sua esistenza. Quale momento migliore per Netanyahu, il giocatore d’azzardo, per lanciare i dadi e attaccare un consolato iraniano, sapendo bene cosa ciò significava?

Anche gli Stati Uniti sapevano cosa stava facendo Netanyahu: cercava di trascinare l’America in un attacco all’Iran per almeno la terza volta in 14 anni. Per questo gli Stati Uniti hanno detto direttamente agli iraniani che non avevano nulla a che fare con l’attacco al consolato e che ne erano venuti a conoscenza solo quando gli aerei israeliani erano già in volo.

L’Iran ha preso tempo. Ha visto cosa è successo in Consiglio di Sicurezza, quando una dichiarazione redatta dalla Russia che condannava l’attacco al consolato ha subito il veto di Stati Uniti, Regno Unito e Francia. L’Iran ha poi dichiarato che non avrebbe colpito Israele se ci fosse stato un cessate il fuoco a Gaza. Anche questo è stato ignorato. Poi tutti i paesi occidentali hanno detto all’Iran di non colpire Israele. Biden ha dato un consiglio all’Iran: “Non farlo”.

Quando è arrivato, l’attacco iraniano è stato accuratamente coreografato per trasmettere una serie di messaggi agli Stati Uniti, a Israele e alla regione araba.

Teheran voleva stabilire un precedente per dimostrare che poteva colpire direttamente Israele senza scatenare una guerra su larga scala. Voleva dire a Israele che poteva colpirlo. Voleva dire agli Stati Uniti che l’Iran era una potenza del Golfo destinata a durare e a controllare lo Stretto di Hormuz. Voleva dire a tutti i regimi arabi che si inchinano a Israele che lo stesso trattamento poteva esser rivolto anche a loro.

Solo una manciata di razzi ha raggiunto l’obiettivo, ma tutti i messaggi suddetti sono stati recapitati. L’attacco è stato quindi un successo strategico e una battuta d’arresto per la reputazione di Israele come principale bullo del quartiere.

L’invio di questi molteplici messaggi è iniziato con il sequestro da parte delle Guardie Rivoluzionarie iraniane di una nave portacontainer battente bandiera portoghese, la MSC Aries che, secondo l’agenzia di stampa statale (IRNA), è gestita da una società il cui presidente è il miliardario di origine israeliana Eyal Ofer.

Ha poi lanciato sciami di droni a basso costo contro Israele e ha detto a tutti che avevano otto ore per prepararsi. L’attivazione dei sistemi di difesa aerea è costata a Israele più di un miliardo di dollari, ha dichiarato il generale di brigata Reem Aminoach a Ynet News.

È probabile che questa sia la parte più piccola della fattura.

Si sa che almeno quattro paesi hanno aiutato Israele ad abbattere i droni: Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Giordania. Un quinto paese è molto probabilmente l’Arabia Saudita, poiché si trovava sulla rotta di volo dall’Iraq meridionale a Israele, mentre un sesto potrebbe essere l’Egitto.

Si trattava di un importante sforzo aereo difensivo che, come hanno notato amaramente alcuni ucraini domenica, gli stessi paesi scelgono di non fornire a loro. Un simile sforzo non potrebbe certo essere fatto regolarmente.

Da parte sua, l’Iran ha utilizzato 170 droni a basso costo, mentre 25 dei 30 missili da crociera sono stati abbattuti da Israele. Ma questi erano solo dei diversivi. Le armi vere erano i missili balistici e un piccolo numero di questi ha superato le difese israeliane e ha colpito la base aerea di Nevatim, nel sud di Israele.

Il portavoce militare israeliano Daniel Hagari ha dichiarato che i missili hanno causato lievi danni alle strutture. Non sapremo mai tutta la verità, ma a Israele è stato trasmesso il messaggio che l’Iran ha la capacità di colpirlo e di colpire i suoi bersagli a distanza, senza dover usare Hezbollah, Ansar Allah dello Yemen o i suoi alleati in Iraq.

Le armi utilizzate erano un campione omaggio della sua reale potenza di fuoco. Dopo l’attacco, l’Iran ha avvertito gli Stati Uniti che se Israele avesse risposto in modo analogo, le loro basi al di là del Golfo e in tutto l’Iraq sarebbero diventate un bersaglio, come lo sono state dopo l’assassinio di Qassem Soleimaniil capo della Forza Quds nel 2020.

Il messaggio agli Stati Uniti è certamente forte: l’Iran è pronto ad attaccare Israele con missili balistici e a sfidare l’Occidente, con un avvertimento diretto a Biden. Potrebbe fare lo stesso contro qualsiasi alleato degli Stati Uniti nella regione del Golfo. L’Iran non vuole una guerra, ma è in grado di rispondere.

Quindi, il messaggio agli Stati Uniti è che, se non vogliono una guerra, devono frenare il loro figlio adolescente e ostinato, Israele, il bambino che è stato coccolato dal suo genitore per così tanto tempo da pensare di poter fare alla regione tutto ciò che vuole.

Le gaffe della politica estera

Netanyahu si trova ora in un dilemma. Potrebbe scegliere di accontentare l’estrema destra e sferrare un contrattacco schiacciante all’Iran, ma non avrebbe l’aiuto dell’America per farlo. E senza questo aiuto, potrebbe trovare un po’ più difficile navigare nello spazio aereo tra Tel Aviv e Teheran.

Se Netanyahu attacca l’Iran, le sue relazioni traballanti con gli Stati Uniti andranno di male in peggio. Inoltre, lancerebbe un attacco importante malgrado l’opposizione dell’establishment della difesa e della sicurezza, che gli ha impedito di fare una cosa simile nel 2010.

Se non fa nulla, appare ancora più debole di quanto non sia già e cede terreno a Benny Gantz, leader dell’opposizione e collega del gabinetto di guerra, che domenica ha parlato di un’offensiva diplomatica contro Teheran, esattamente la stessa formula che gli stati arabi hanno usato ogni volta che hanno ricevuto una schiacciante sconfitta militare da Israele.

Anche gli Stati Uniti stanno scoprendo che, per la quinta volta in tre decenni, un importante pilastro della politica estera si sta sgretolando nelle loro mani.

I giordani intonano slogan durante una manifestazione vicino all’ambasciata di Israele ad Amman il 28 marzo 2024 (AFP)

La decisione di sconfiggere i talebani in Afghanistan, l’invasione dell’Iraq, il rovesciamento di Muammar Gheddafi in Libia, il tentativo di abbattere Bashar al-Assad – tutti questi disastri di politica estera sono ora superati dal quinto errore: la decisione di sostenere l’invasione di Gaza da parte di Israele.

Naturalmente, gli Stati Uniti tardano a rendersi conto della portata dell’errore di valutazione commesso nel sostenere fino in fondo Israele dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Ma ci hanno messo un bel po’ di tempo anche per rendersi conto della portata dell’errore commesso nell’invadere l’Iraq.

La testimonianza del Segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin al Congresso, secondo cui gli Stati Uniti non avevano prove che Israele avesse commesso un genocidio a Gaza, ricordava in modo inquietante il discorso di Colin Powell alle Nazioni Unite, in cui affermava di avere le prove delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Il discorso di Powell del 2003 è stato un momento fondamentale nella perdita di credibilità internazionale degli Stati Uniti. Da allora, ogni anno, la credibilità degli Stati Uniti sta affondando più rapidamente.

Powell si è poi pentito di ciò che ha detto. Austin è destinato, col senno di poi, a fare lo stesso.

Un buco infernale

Israele ha ora condotto i suoi sostenitori in un buco infernale in cui non c’è pace o prospettiva di pace, non c’è sconfitta di Hamas, non c’è un’idea per un governo postbellico, la deterrenza per tutti gli altri gruppi armati della regione si sta riducendo e c’è la prospettiva di una guerra regionale di basso livello su tutte le frontiere di Israele contemporaneamente.

Forse la cosa più stupida che le fonti della sicurezza israeliana hanno fatto domenica è stata quella di vantarsi pubblicamente della cooperazione ottenuta dalle forze aeree giordane, che le hanno aiutate ad abbattere i droni e i missili da crociera.

Fonti israeliane si sono vantate che missili diretti a Gerusalemme sono stati intercettati sul lato orientale (giordano) della Valle del Giordano e altri sono stati intercettati vicino al confine siriano.

Il messaggio che Israele voleva trasmettere era che, nonostante le apparenze, Israele ha alleati nella regione che sono pronti a difenderlo.

Ma se Israele vuole preservare una monarchia giordana attualmente assai debole, questo è un gioco insensato fatto contro una marea di opinione pubblica che vuole prendere d’assalto il confine orientale.

In passato, la Giordania è stata anche un po’ bifronte e re Hussein ha passato informazioni al suo amico fumatore di sigari, il defunto ex primo ministro Yitzhak Rabin.

Ma è la prima volta, a quanto ricordo, che l’esercito giordano, che porta ancora il suo nome originale dal tempo della liberazione dall’Impero Ottomano come “Esercito Arabo”, si è effettivamente unito in combattimento per proteggere i confini di Israele.

Si tratta di un errore madornale.

Mentre la popolazione giordana, sia palestinese che della East Bank (già Transgiordania), acclamava quei missili sperando che colpissero i loro obiettivi, l’esercito giordano li abbatteva per conto di Israele.

Israele ha rapporti solo con i leader arabi che sfidano la volontà del loro popolo e gli impongono il loro governo corrotto. L’azione della Giordania di sabato può dare un aiuto a breve termine a Israele, ma a lungo termine significa problemi sul confine più lungo di Israele.

Israele può anche festeggiare il fatto di avere dei veri alleati, ma così facendo sta fatalmente minando la legittimità dei suoi amici.

L’Iran ha fatto valere le sue ragioni e di conseguenza Israele è più debole.

È la prima volta che viene attaccato direttamente dall’Iran che, come Hamas, ha dato l’impressione di non essere interessato alla guerra. È anche la prima volta che a Israele è stato detto da Biden di non contrattaccare. Dopo un attacco del genere, l’immagine è pessima: Israele ha bisogno di altri per difendersi e non è libero di scegliere come contrattaccare.

L’attacco lascia il suo protettore, gli Stati Uniti, alla ricerca di opzioni politiche.

Tutte le opzioni, al momento, hanno un aspetto negativo.

David Hearst è cofondatore e caporedattore di Middle East Eye. È commentatore e relatore della regione e analista dell’Arabia Saudita. È stato redattore del Guardian per gli esteri ed è stato corrispondente in Russia, Europa e Belfast. È entrato al Guardian dal The Scotsman, dove era corrispondente per l’istruzione.

https://www.middleeasteye.net/opinion/iran-israel-attacks-weakness-exposed-how

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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