Mentre la guerra infuria a Gaza, la Cisgiordania ha subito una metamorfosi

di Gideon Levy e Alex Levac

Haaretz, 30 marzo 2024. 

Israele ha colto l’occasione per intensificare l’occupazione, con arresti di massa di palestinesi, centinaia di morti, una serie di nuovi avamposti e strade illegali per i coloni. Pastori espulsi dalle loro case, coloni violenti che si scatenano in uniforme. Tutto sotto l’egida della guerra.

Proprietà distrutte nelle Colline a Sud di Hebron. Dal 7 ottobre, ventiquattro comunità sono state espulse o comunque costrette ad abbandonare le loro case e le loro terre a causa del terrore dei coloni. Alex Levac

Negli ultimi sei mesi, la Cisgiordania occupata ha subito una metamorfosi. La guerra è scoppiata nella Striscia di Gaza, ma la “punizione” della Cisgiordania per gli eventi del 7 ottobre non si è fatta attendere. Non c’è bisogno di un occhio particolarmente acuto per notare la rivoluzione sul campo. Non è necessaria una particolare perspicacia per capire che Israele e le comunità di coloni hanno sfruttato l’oscuro spettro della guerra per alterare la realtà in Cisgiordania: intensificare l’occupazione, estendere i confini degli insediamenti, rimuovere gli ultimi limiti rimasti ad aggredire la popolazione palestinese e scatenarsi – il tutto lontano dagli occhi dell’opinione pubblica.

È impossibile sopravvalutare la profondità e l’ampiezza dei cambiamenti avvenuti in Cisgiordania in questi mesi. La maggior parte di essi, se non tutti, sono probabilmente irreversibili. La combinazione di una guerra condotta contro i palestinesi, anche se a una certa distanza dalla Cisgiordania; un governo estremista e di ultra-destra in cui i coloni occupano posizioni che danno loro un potere cruciale sull’occupazione; l’ascesa di milizie di coloni armati e in uniforme; e la diffusa indifferenza dell’opinione pubblica hanno portato a una nuova situazione. La forzata impotenza dei palestinesi in queste circostanze non fa che aggiungere benzina al fuoco. Questo fuoco è grande e infuria, ma lo sguardo di tutti è diretto lontano da esso, verso i campi di sterminio tra Gaza City e Rafah. Tuttavia, forse ancor più che a Gaza, le conseguenze della rivoluzione che sta avvenendo in Cisgiordania non saranno confinate solo in quel territorio: si diffonderanno in ogni angolo di Israele.

Alcuni cambiamenti sono immediatamente evidenti a chiunque viaggi in Cisgiordania, altri sono meno visibili. La Cisgiordania è chiusa e assediata. Praticamente tutte le città e i villaggi palestinesi hanno alcune, o addirittura molte, strade di accesso che sono state chiuse. In effetti, l’8 ottobre le Forze di Difesa Israeliane hanno chiuso a chiave la maggior parte degli onnipresenti cancelli d’ingresso in ferro. Con un tale sistema di cancelli e altre barriere, è possibile attuare in breve tempo una chiusura totale della Cisgiordania. Il risultato? La vita è diventata intollerabile per tre milioni di persone. Non è solo il tempo che si perde negli spostamenti prolungati da un luogo all’altro; è anche il fatto che non si sa mai se si arriverà a destinazione tra le attese snervanti e le umiliazioni ai posti di blocco.

Ai cancelli chiusi si sono aggiunti decine di posti di blocco ad hoc eretti dai soldati, che appaiono e scompaiono all’improvviso; quando sono al loro posto, il traffico diventa un incubo per ogni palestinese che li incontra. La Cisgiordania è tornata indietro nel tempo di quasi un quarto di secolo, al periodo della seconda intifada, ma questa volta senza l’intifada.

Un soldato di guardia all’ingresso della città palestinese di Hawara.La Cisgiordania è tornata indietro nel tempo di quasi un quarto di secolo, al periodo della seconda intifada, ma questa volta senza l’intifada. Alex Levac

Un amico, il cui padre di 105 anni è morto questa settimana e che vive in un villaggio vicino a Tul Karm, ha detto alla famiglia e agli amici di non preoccuparsi dell’usanza di fare una visita di condoglianze, perché il traffico in entrata e in uscita da quella città va dall’incubo all’impossibilità a causa dell’affollamento dei posti di blocco locali. Si è invece recato per un giorno a Ramallah per ricevere gli ospiti.

A circa 150.000 palestinesi della Cisgiordania, che in precedenza erano legalmente autorizzati a lavorare in Israele, dall’8 ottobre questo è stato vietato. Le conseguenze per l’economia palestinese (e israeliana) sono ovvie. Allo stesso modo, le conseguenze dell’ozio forzato di decine di migliaia di persone sono altrettanto chiare e prevedibili. Anche una fonte di reddito alternativa per molti palestinesi – la raccolta delle olive – è stata soffocata dalla guerra. Gli uliveti che confinano con gli insediamenti sono ora totalmente inaccessibili ai palestinesi, nemmeno attraverso il “coordinamento” con le autorità israeliane che era possibile negli anni passati. Il risultato: circa un terzo del raccolto è rimasto sugli alberi in un momento in cui la maggior parte delle altre entrate è scomparsa.

Qual è il legame diretto tra la raccolta delle olive in Cisgiordania e la guerra a Gaza? Non c’è, ma a quanto pare la guerra ha rappresentato una grande opportunità per i coloni e i loro collaboratori nel governo. Un’opportunità che i coloni della Cisgiordania stavano aspettando: abusare impunemente dei palestinesi, rendere la loro vita intollerabile, espropriarli e umiliarli fino a quando non fuggono o vengono cacciati. Forse è per questo che i coloni sono apparsi particolarmente gioiosi questa settimana durante la festa di Purim?

Uno dei fenomeni più gravi riguarda le autorità israeliane che impediscono ai palestinesi di accedere alle loro terre e di lavorarci, a volte prima della vera e propria espulsione. Dror Etkes, dell’organizzazione non governativa Kerem Navot, che monitora le politiche fondiarie israeliane nei Territori, stima che i palestinesi siano stati tagliati fuori da almeno 10.000 ettari di pascoli e terreni agricoli dal 7 ottobre – e questa è una stima prudente, aggiunge.

Allo stesso tempo, continua un silenzioso trasferimento di popolazione, un po’ alla volta ma sistematicamente, soprattutto dei residenti più deboli – quelli delle comunità pastorali, per lo più – ai due poli della Cisgiordania: la Valle del Giordano a nord e le Colline a Sud di Hebron dall’altra parte. Etkes, che ha una conoscenza impareggiabile degli insediamenti, osserva che dal 7 ottobre gli abitanti di 24 comunità sono stati espulsi o comunque costretti a lasciare le loro case e le loro terre a causa del terrore dei coloni. Tutti i residenti di 18 comunità sono fuggiti, mentre nelle altre sei solo alcuni abitanti si sono sentiti costretti ad andarsene. Un trasferimento di popolazione, anche se clandestino.

Negli ultimi mesi, le “squadre di sicurezza d’emergenza” create sotto l’egida della guerra in quasi tutti gli insediamenti e gli avamposti, hanno apparentemente permesso di aumentare le vioolenze contro i palestinesi. Alex Levac

Questa rubrica di Haaretz ha raccontato alcuni mesi fa di una di queste enclavi abbandonate: è stato straziante vedere la gente del posto impacchettare e caricare le loro misere proprietà su alcuni vecchi pick-up, comprese le loro greggi, lasciando, probabilmente per sempre, la terra su cui loro e i loro antenati sono nati, e dirigersi verso l’ignoto.

Un altro atto di totale sfrontatezza è apparso quando abbiamo documentato che le truppe hanno sequestrato 700 pecore ai loro proprietari per ordine del Consiglio Regionale della Valle del Giordano, che tecnicamente non ha alcuna autorità vincolante sui residenti palestinesi locali. Il gruppo di disgraziati pastori è stato costretto a pagare immediatamente 150.000 shekel (circa 41.000 dollari) per riavere le proprie greggi – una somma enorme che è andata direttamente nelle casse dei coloni. Poche settimane dopo, Hagar Shezaf di Haaretz ha riferito che il consulente legale dell’Amministrazione Civile – il braccio locale del governo militare israeliano – ha dichiarato illegale l’azione meschina e spregevole dei coloni.

Il fatto che orde di coloni hanno indossato le uniformi dell’IDF sembra aver aumentato la loro violenza. Negli ultimi mesi, le “squadre di sicurezza d’emergenza” create sotto l’egida della guerra in quasi tutti gli insediamenti e avamposti, e il richiamo alle armi di migliaia di coloni-riservisti tramite ordini d’emergenza, hanno apparentemente dato loro la licenza di aumentare le loro furie contro i palestinesi sentendosi signori della terra, rappresentanti in apparenza della legge e dello stato. Molti palestinesi hanno descritto episodi in cui i coloni hanno lanciato veri e propri pogrom, arrivando all’improvviso con le loro uniformi a bordo di veicoli fuoristrada, seminando violenza e facendo sentire gli abitanti locali ancora più indifesi. A quanto pare, non c’è nessuno a proteggere le comunità pastorali, tranne un pugno di volontari israeliani che cercano di attuare un po’ di giustizia.

Etkes cita almeno 11 avamposti fondati senza permesso nell’ultimo semestre, due dei quali su terreni da cui i pastori palestinesi sono fuggiti o sono stati espulsi. Questa settimana ne ha scoperto un altro. Il sito di notizie anti-occupazione Local Call ha riferito che 10 giorni dopo aver iniziato a costruire un avamposto nelle vicinanze, i coloni hanno spaventato i residenti terrorizzati di una di queste comunità, che sono fuggiti in massa.

Nelle colline a Sud di Hebron, almeno 11 avamposti sono stati fondati senza permessi nell’ultimo semestre, due dei quali su terreni da cui i pastori palestinesi sono fuggiti o sono stati espulsi. Alex Levac

Un avamposto di questo tipo a volte non è altro che una fattoria, una capanna che ospita alcuni gangster violenti il cui unico scopo è quello di allontanare i palestinesi. Recentemente, il loro compito è stato reso ancora più facile. Un rapporto provvisorio redatto da Etkes dopo sei mesi di guerra cita almeno 10 strade, una serie di enormi appezzamenti di terreno recintati e persino posti di blocco – tutti creati dai coloni senza autorizzazione. Inoltre, il governo israeliano ha dichiarato terra demaniale 264 ettari vicino all’insediamento urbano di Ma’aleh Adumim e 816 ettari della città di Aqraba, vicino a Nablus.

Centinaia di palestinesi, soprattutto bambini e adolescenti, sono stati uccisi, la maggior parte senza un motivo apparente. I soldati dislocati in Cisgiordania sembrano avere il grilletto più facile di quanto non lo avessero prima. Forse sono invidiosi dei loro commilitoni a Gaza, che ora sono apparentemente autorizzati a uccidere indiscriminatamente? Anche quelli in Cisgiordania desiderano comportarsi come loro, vendicarsi dei palestinesi in quanto tali a causa degli orrori del 7 ottobre? L’IDF e la Polizia di Frontiera stanno chiudendo gli occhi di fronte alle violenze che avvengono in Cisgiordania più di prima?

I dati che presentiamo di seguito parlano da soli. Il dito sul grilletto è leggero e i comandanti dell’IDF e l’opinione pubblica israeliana sono apatici. Ma chi pensa che questa violenza di massa apparentemente permessa e le morti che ne derivano rimarranno entro i confini della Cisgiordania, probabilmente si sbaglia.

Quando si tratta di uccisioni, molte sembrano non provocate e criminali. Già l’8 ottobre, i soldati hanno ucciso il diciottenne Yasser Kasba, che secondo l’esercito aveva lanciato una molotov – nessuno è rimasto ferito, né l’uomo ha messo in pericolo qualcuno – al checkpoint di Qalandiyah, vicino a Gerusalemme. La sparatoria è stata trasmessa in diretta dal canale televisivo satellitare americano in lingua araba Alhurra. Il giovane Kasba è stato colpito alla schiena mentre fuggiva.

Quell’incidente ha aperto le cateratte. Nei due mesi successivi, 31 persone sono state uccise nell’area di Ramallah, tra cui una madre di sette figli, sotto gli occhi del marito e dei figli; 42 persone sono state uccise nell’area di Tul Karm nelle prime sei settimane, tra cui un uomo con problemi mentali di 63 anni e un adolescente di 15 anni che è stato colpito alla testa due volte. Fino alla fine di febbraio, un totale di 396 persone sono state uccise in Cisgiordania, tra cui 100 bambini e giovani – la maggior parte per mano dei soldati – secondo i dati accuratamente controllati raccolti dall’organizzazione israeliana per i diritti umani B’Tselem. Più della metà dei minori, osserva B’Tselem, sono stati uccisi in circostanze che non giustificavano l’uso di armi letali.

L’insediamento di Homesh ha una nuova insegna e un nuovo cancello. Nel frattempo, giovani palestinesi redigono documenti che assomigliano a ultime volontà. Alex Levac

I giovani residenti in Cisgiordania stanno iniziando a redigere documenti che assomigliano a un testamento. Il mese scorso ne abbiamo riportato uno: quello di Abdel Rahman Hamad, quasi 18 anni, il cui sogno era studiare medicina. Ha lasciato istruzioni dettagliate su cosa fare in caso di morte: “Non mettetemi in un congelatore”, ha scritto. “Seppellitemi immediatamente. Stendetemi sul mio letto, copritemi con le coperte e portatemi alla sepoltura. Quando mi calerete nella tomba, state vicino a me. Ma non siate tristi. Ricordate solo i ricordi belli di me e non piangete per me”.

Poi ci sono stati altri incidenti in cui due giovani con cittadinanza statunitense sono stati uccisi a distanza di poche settimane; il giovane che è stato buttato giù dalla sua bicicletta da una jeep militare e ucciso a bruciapelo; soldati e coloni che, probabilmente insieme, hanno sparato circa 10 colpi contro un veicolo che trasportava due giovani in gita, uccidendone uno; e i 32 colpi che hanno colpito un’auto con a bordo una famiglia – durante l’inseguimento da parte delle forze di sicurezza di un veicolo che aveva attraversato un posto di blocco senza fermarsi – uccidendo una bambina di 5 anni, il cui corpo è stato ricevuto dalla famiglia solo 10 giorni dopo.

Un missile ha ucciso sette giovani, quattro dei quali fratelli, fuori Jenin, e un altro, sparato nel centro del campo profughi di Nur Shams, ha ucciso sei persone e ne ha ferite altre sette, alle quali sono state negate le cure mediche per oltre un’ora; anche due giovani con bisogni speciali sono stati colpiti, uno di loro in modo mortale; tre fratelli che stavano tornando a casa dopo aver raccolto akoub, piante commestibili simili a cardo, sul lato israeliano della barriera di separazione, sono stati vittime di una caccia all’uomo in cui i soldati hanno ucciso due dei fratelli, ferito il terzo e arrestato un quarto che era arrivato sulla scena più tardi. Non meno scioccante è stato l’incidente del bambino di 10 anni che è stato colpito nel pick-up del padre ed è caduto morto tra le braccia del fratello di 7 anni.

Solo una parola sugli arresti di massa, di cui non si conosce nemmeno l’esatta portata. Secondo le Nazioni Unite, nei primi due mesi di guerra sono state arrestate 4.785 persone in Cisgiordania. Uno di loro, Munther Amira, era in detenzione amministrativa (incarcerato senza processo), la cui storia – fatta di torture, percosse e umiliazioni nella prigione di Ofer, la “Guantanamo” israeliana – è stata raccontata qui la scorsa settimana. Anche quella crudele prigione aveva un aspetto molto diverso prima dello scoppio della guerra a Gaza.

https://www.haaretz.com/israel-news/twilight-zone/2024-03-30/ty-article-magazine/.highlight/while-war-rages-in-gaza-the-west-bank-has-undergone-a-metamorphosis/0000018e-8d23-d9a4-a7bf-cd7b2c270000?utm_source=push_notification&utm_medium=app_push&darkMode=true?utm_source=App_Share&utm_medium=iOS_Native

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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