Stabilire una “zona di sicurezza” a Gaza è un crimine di guerra

Feb 23, 2024 | Notizie

di B’Tselem,

The Gaza Strip, 21 febbraio 2024. 

Fin dal primo mese della guerra a Gaza, all’inizio di novembre 2023, Israele ha iniziato a lavorare a una zona cuscinetto all’interno della Striscia di Gaza. Secondo quanto riportato dai media, sarà larga circa un chilometro, si estenderà lungo l’intero confine con Israele, circa 60 chilometri, e sarà dotata di postazioni militari, strade asfaltate e dispositivi di sorveglianza. L’area sarà vietata ai palestinesi, anche a quelli che vi abitavano o coltivavano campi prima della guerra.

Per creare la zona cuscinetto, Israele sta distruggendo quasi tutto ciò che si trova nell’area designata, compresi edifici residenziali, strutture pubbliche come scuole, cliniche mediche e moschee, campi, frutteti e serre. Un soldato coinvolto in questi lavori li ha descritti come destinati a “radere tutto al suolo”. Le testimonianze dei riservisti confermano che le demolizioni vengono fatte per aprire la strada a una zona di sicurezza, e non in risposta a informazioni di intelligence o a scoperte sul campo. Solo gli edifici appartenenti all’UNRWA o donati dall’Unione Europea, come i serbatoi d’acqua e le strutture per il trattamento delle acque reflue, vengono lasciati in piedi.

Le immagini satellitari pubblicate dai media rivelano gli immensi danni causati dai militari, tra cui la demolizione di interi quartieri residenziali e di edifici pubblici a centinaia di metri dal confine e la distruzione di vasti terreni agricoli in altre aree. Secondo uno studio di Adi Ben Nun del Dipartimento di Geografia dell’Università Ebraica, al 17 gennaio 2024 l’esercito israeliano aveva demolito 1.072 strutture su 2.824 situate a un chilometro o meno dal confine, la maggior parte delle quali erano abitazioni. Secondo Bin Nun, l’area più densamente popolata che è stata sgomberata è quella vicino a Khan Yunis, dove, nel raggio di un chilometro dal confine, sono stati demoliti 704 edifici su 1.048 – quasi il 70%. Corey Scher della City University di New York e Jamon Van Den Hoek dell’Oregon State University hanno calcolato un danno ancora più elevato, stimando che almeno 1.329 edifici in quest’area sono stati distrutti.

La distruzione di Beit Hanoun ne è un esempio. Le immagini satellitari mostrano un intero quartiere in rovina, compresi più di 150 edifici residenziali, scuole e due ospedali. Anche i terreni agricoli circostanti sono stati distrutti. Un altro esempio di questa operazione è la città di Khuza’a, che si trova di fronte al kibbutz israeliano di Nir Oz e ha le case più vicine al confine. I militari hanno demolito l’intera città, compresi gli edifici residenziali e le moschee, oltre ai terreni agricoli e alle serre circostanti.

Israele non ha ammesso ufficialmente l’intenzione di creare una “zona di sicurezza” lungo il confine. Il portavoce dell’IDF e altre fonti ufficiali hanno ripetutamente affermato che la massiccia demolizione è una risposta alle azioni di Hamas e che tutte le case, le strade e i terreni agricoli colpiti erano “infrastrutture terroristiche“. Ad esempio, in risposta a un articolo sulla zona cuscinetto pianificata, il portavoce dell’IDF ha dichiarato che Hamas

“Ha illegalmente collocato installazioni militari all’interno di aree civili densamente popolate… L’IDF identifica e distrugge le infrastrutture terroristiche situate anche all’interno degli edifici di queste aree. In alcuni casi, interi quartieri della Striscia di Gaza sono diventati comprensori di guerra utilizzati per imboscate, centri di comando e controllo, depositi di armi, tunnel da combattimento, posti di osservazione, postazioni di tiro, case con trappole esplosive e ordigni stradali”.

Tuttavia, altre dichiarazioni ufficiali esplicitano che Israele sta considerando la creazione di una zona cuscinetto che è cruciale per la difesa dei civili. Secondo una dichiarazione dell’esercito, “questo fa parte delle azioni indispensabili che sono necessarie per attuare un piano di difesa che fornirà una maggiore sicurezza nel sud di Israele”. Il portavoce dell’IDF ha spiegato che l’esercito sta demolendo edifici a Gaza come parte del lavoro per la zona cuscinetto.

Tuttavia, questo non può giustificare la demolizione diffusa all’interno di Gaza e la creazione di una “zona di sicurezza”. Le demolizioni effettuate da Israele a questo scopo sono illegali e costituiscono un crimine di guerra: sono una misura preventiva volta a sventare una minaccia futura, e le demolizioni per tali scopi sono assolutamente vietate.

Il diritto internazionale umanitario, che determina ciò che le parti in conflitto possono -e soprattutto non possono- fare, consente di colpire solo obiettivi militari. Per essere considerato un obiettivo legittimo, un oggetto deve soddisfare due criteri: deve dare un contributo effettivo all’azione militare e la sua distruzione deve fornire un chiaro vantaggio militare alla parte attaccante. Ciò richiede l’esame dell’uso effettivo degli edifici e delle aree demolite, e non del loro potenziale uso futuro.

La distruzione di proprietà private è consentita solo in casi altamente eccezionali. È esplicitamente vietata, tra l’altro, come mezzo di dissuasione, intimidazione o rappresaglia contro la popolazione civile, o per causare deliberatamente danni prolungati o permanenti. Inoltre, l’ampia portata delle distruzioni effettuate da Israele viola un principio fondamentale del diritto internazionale umanitario: la proporzionalità, che proibisce le azioni che causano danni eccessivi a persone che non partecipano alle ostilità o alle loro proprietà, rispetto al vantaggio militare che ci si aspetta dall’azione.

La creazione di una “zona di sicurezza” all’interno della Striscia di Gaza non è un’idea nuova per Israele. Già prima della guerra, l’esercito ha limitato l’accesso dei palestinesi alle aree situate a circa 300 metri dalla recinzione perimetrale, trattandole come “no-go zone, anche se Israele non ha mai annunciato ufficialmente questa politica né ha chiarito ai palestinesi dove esattamente l’accesso fosse limitato. Il divieto è stato comunque applicato dall’esercito attraverso regole di fuoco libero che consentivano di sparare ai palestinesi presenti in quelle aree anche se non rappresentavano una minaccia. Dal settembre 2005, quando Israele ha attuato il “piano di disimpegno”, fino al 6 ottobre 2023 (senza calcolare i periodi di combattimento), almeno 88 palestinesi che non partecipavano alle ostilità sono stati uccisi in queste aree. L’esercito ha anche fatto rispettare il divieto spruzzando erbicidi sulle colture vicine alla recinzione.

La politica di Israele ha modificato profondamente l’area lungo il confine. Prima del divieto, i residenti vi coltivavano alberi da frutto e pascolavano pecore e bovini. Dopo l’imposizione del divieto, gli agricoltori sono passati a coltivazioni che richiedono meno cure e che, secondo i militari, non possono ostruire il loro campo visivo, come grano, orzo, fagioli e verdure.

La creazione di una “zona di sicurezza” all’interno della Striscia di Gaza cambierà drasticamente l’area, con implicazioni a lungo termine. Restringerà il territorio di Gaza, già una delle aree più affollate del mondo. Migliaia di residenti non potranno tornare a casa, le comunità saranno distrutte e intere vite costruite faticosamente per anni saranno rovinate. Gli estesi danni ai terreni agricoli influenzeranno anche la capacità di produzione alimentare di Gaza, danneggiando il sostentamento degli agricoltori e la futura alimentazione dei residenti di Gaza.

Nazih Abu Rabi’, 50 anni, padre di sette figli, viveva a circa un chilometro dal confine. Quando è iniziata la guerra, è fuggito da casa sua e attualmente si trova a Deir al-Balah. Alla fine di gennaio, un parente gli ha detto che i militari avevano distrutto la sua casa e il suo uliveto, insieme a circa 20 abitazioni nelle vicinanze. Ciò che ha detto al ricercatore sul campo di B’Tselem Khaled ‘Azayzeh illustra quale sia l’impatto della politica di Israele:

“Non sono rimasto sorpreso quando mio nipote me l’ha detto, ma ho provato un profondo dolore perché ho perso tutte le mie proprietà dopo anni di sforzi. Avevo investito tutto quello che avevo guadagnato nella costruzione della casa, che è stata demolita in pochi secondi. Avevo intenzione di costruire un altro piano per uno dei miei figli e di costruire un’altra casa sul mio terreno. Sono molto preoccupato, perché non so se saremo in grado di tornare alla nostra terra e costruirci di nuovo. Sono nato e cresciuto su quella terra, così come mio padre e mio nonno prima di me. Non ho un’altra casa”.

https://www.btselem.org/gaza_strip/20240221_establishing_so_called_security_zone_in_gaza_is_a_war_crime

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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