L’intenzionalità nel caso di genocidio intentato contro Israele non è difficile da dimostrare

Gen 16, 2024 | Notizie

di Raz Segal e Penny Green,

Al Jazeera, 14 gennaio 2024. 

Un database di oltre 500 dichiarazioni che mostrano l’incitamento israeliano al genocidio fornisce ampie prove dell’intento genocida.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu pronuncia un discorso in cui paragona i palestinesi al popolo biblico di Amalek, 28 ottobre 2023, Tel Aviv [File: Abir Sultan/Pool via Reuters].

Questa settimana, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) ha tenuto un’udienza per la richiesta formale del Sudafrica di misure provvisorie contro Israele per l’assalto militare a Gaza. L’équipe legale sudafricana ha sostenuto che Israele sta commettendo atti di genocidio e quindi gli dovrebbe essere ordinato di fermare le sue attività militari nella Striscia.

Il crimine di genocidio ha due elementi – l’intenzione e l’esecuzione – che devono essere entrambi dimostrati quando vengono formulate le accuse. Nel caso di Israele, l’apparente devastazione di Gaza costituisce un argomento potente per dimostrare che sta effettivamente compiendo un genocidio.

L’uccisione di massa di oltre 23.000 palestinesi, di cui quasi la metà bambini e giovani, con altre migliaia di dispersi; lo sfollamento forzato di quasi due milioni di palestinesi che costituiscono il 90% della popolazione di Gaza; l’imposizione da parte di Israele di un “assedio totale” che ora minaccia di uccidere per fame e malattie infettive centinaia di migliaia di palestinesi nei prossimi mesi; la distruzione di Gaza attraverso bombardamenti indiscriminati di massa e la distruzione di interi quartieri residenziali; l’eliminazione di ospedali, medici e altri operatori sanitari; il danneggiamento e la distruzione di siti culturali, educativi e religiosi, tra cui centinaia di scuole, università, moschee, chiese e biblioteche – tutto questo è l’esecuzione visibile di un genocidio, e il team legale sudafricano lo ha esposto chiaramente durante l’udienza.

L’intenzione è di solito più difficile da dimostrare quando vengono mosse accuse di genocidio; il richiedente deve essere in grado di provare “l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale”, secondo il linguaggio della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Prevenzione e la Punizione del Crimine di Genocidio. Ma nel caso di Israele, anche l’intenzione è stata messa a nudo da un’ampia quantità di prove, come ha sottolineato il team legale sudafricano.

Nell’argomentare il caso, hanno potuto attingere a un nuovo e completo database, compilato da Law for Palestine, che documenta e raccoglie meticolosamente 500 dichiarazioni che incarnano l’intenzione dello Stato israeliano di commettere un genocidio e l’incitamento al genocidio dal 7 ottobre 2023. Le dichiarazioni di persone con autorità di comando – leader di Stato, ministri del gabinetto di guerra e alti ufficiali dell’esercito – e di altri politici, ufficiali dell’esercito, giornalisti e personaggi pubblici rivelano l’impegno diffuso in Israele per la distruzione genocida di Gaza.

Gli autori di genocidi raramente esprimono le loro intenzioni in modo diretto ed esplicito, quindi i tribunali devono dedurre tali intenzioni attraverso l’analisi delle azioni dello stato o dei memorandum trapelati. Nel caso dell’assalto genocida di Israele a Gaza, tuttavia, come mostra il database di Law for Palestine, persone con autorità di comando hanno fatto dichiarazioni genocide ripetutamente negli ultimi tre mesi.

Nella loro retorica hanno disumanizzato i palestinesi e dipinto la popolazione di Gaza, nel suo complesso, come il nemico di Israele. Sostenuti dall’arroganza del colonialismo d’insediamento e dalla consapevolezza di aver ucciso, mutilato, distrutto, espulso, umiliato, imprigionato ed espropriato con più di sette decenni di impunità e con il continuo sostegno materiale e morale degli Stati Uniti, gli israeliani sono espliciti e disinvolti nel loro intento genocida, perché hanno immaginato e portato avanti una guerra contro persone che considerano “selvaggi” colonizzati.

Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha descritto i palestinesi proprio in questo modo, come “animali umani”, nella sua proclamazione dell’”assedio totale” il 9 ottobre. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha descritto Gaza come “la città del male” il 7 ottobre, e poi il 24 dicembre ha inquadrato l’attacco di Israele come una lotta contro “mostri”. “Questa è una battaglia, non solo di Israele contro questi barbari, è una battaglia di civiltà contro la barbarie”, ha dichiarato.

Il presidente israeliano Isaac Herzog aveva dichiarato poche settimane prima, il 5 dicembre, che l’attacco di Israele a Gaza è “una guerra che ha lo scopo, davvero, di salvare la civiltà occidentale… [da] un impero del male”.

Netanyahu e altri ministri israeliani di alto livello non hanno lasciato dubbi sul fatto che per salvare la “civiltà occidentale” sia necessaria la distruzione totale dei palestinesi di Gaza, descrivendoli come il popolo biblico di Amalek – un popolo percepito nel suo complesso come un nemico che deve essere distrutto – e come nazisti.

Questa rozza e pericolosa strumentalizzazione della religione e dell’Olocausto indica uno stato mentale genocida: gli autori di genocidi vedono sempre il gruppo che stanno attaccando come una minaccia esistenziale per loro stessi, così che il genocidio, nella loro mente, è una difesa legittima e necessaria. È così che i nazisti hanno inteso il loro assalto genocida contro gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale, ed è così che gli israeliani vedono oggi il loro genocidio contro i palestinesi di Gaza.

Il database di Law for Palestine ci fornisce una completa raccolta di prove per rintracciare il linguaggio che guida il genocidio israeliano. Alla luce di questo linguaggio spudoratamente genocida da parte di persone con autorità di comando in Israele, “la Corte Internazionale di Giustizia ha davanti a sé una scelta netta”, come ha recentemente affermato l’esperto di diritto internazionale Moshen al Attar: “O pronunciarsi a favore del Sudafrica e indicare misure provvisorie, o condannare il diritto internazionale all’oblio”.

Resta da vedere se la Corte Internazionale di Giustizia adempirà al suo dovere e si pronuncerà a favore della richiesta sudafricana. In ogni caso, il linguaggio esplicito di Israele sul genocidio e il suo assalto senza precedenti a Gaza dovrebbero segnare la fine della sua impunità nel sistema legale internazionale e inaugurare una nuova fase nella lotta per fermare la violenza, salvare i palestinesi di Gaza e porre fine al colonialismo d’insediamento israeliano.

Raz Segal è professore associato di Studi sull’Olocausto e sui Genocidi e Professore di riferimento per lo studio dei Genocidi moderni, Stockton University.

Penny Green è professoressa di Diritto e globalizzazione e direttrice dell’Iniziativa sui crimini di Stato internazionali presso la Queen Mary University di Londra.

https://www.aljazeera.com/opinions/2024/1/14/intent-in-the-genocide-case-against-israel-is-not-hard-to-prove

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Non sempre AssoPacePalestina condivide gli articoli che pubblichiamo, ma pensiamo che opinioni anche diverse possano essere utili per capire.

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